riconoscimento verso chi si distingue rispetto agli altri in un certo ambito ed allo 
stesso tempo rappresenta un mezzo per diffondere ed incentivare il perseguimento di 
comportamenti virtuosi all’interno di una comunità. Nel campo della qualità i premi 
sono stati utilizzati per diffondere i principi del Total Quality Management, 
attraverso la definizione di modelli di riferimento per le aziende che decidono di 
intraprendere il sentiero, non privo di ostacoli, che porta verso l’eccellenza. Dopo 
aver dato una panoramica generale sui principi generali della Qualità Totale, il  
lavoro si propone di mostrare come i premi contribuiscano alla diffusione dei metodi 
e dei modelli di gestione aziendale per eccellere nella qualità.  
Nel primo capitolo dello studio si compie un viaggio nella storia della qualità per 
evidenziare come tale concetto si sia evoluto nel tempo sino ad assumere i connotati 
gestionali attuali. Negli anni sono state date varie definizioni di qualità. Secondo 
Juran essa rappresenta la “conformità all'uso di un prodotto secondo le caratteristiche 
presentate”
3
. La qualità coincide con l'adeguatezza all’uso determinata da quelle 
caratteristiche del prodotto o servizio che l'utilizzatore può ritenere vantaggiose per 
se stesso. L’autore sposta il punto di vista della qualità da visioni esclusivamente 
tecniche o metodologiche del prodotto o del servizio, ad una visione focalizzata 
sull’uomo che utilizzerà tale prodotto o servizio. Con Ishikawa e Feigenbaum 
l’approccio alla qualità tende ad allargarsi a tutta l’azienda, non limitandosi più al 
solo prodotto o servizio. La qualità è il risultato dello sforzo di tutti in azienda, dal 
vertice alla base. Oggi la qualità è considerata come una “filosofia di gestione 
aziendale” che deve permeare tutto il sistema azienda
4
, riconoscendone il significato 
di Qualità Totale. 
Nel secondo capitolo viene approfondito e sviluppato il concetto di Qualità Totale 
attraverso l’illustrazione dei suoi principi cardine. “La qualità non è una funzione 
esclusiva degli addetti alla qualità, ma di tutti i soggetti operanti all’interno 
dell’azienda e avvinti ad essa da rapporti d’interdipendenza e dalla comunanza di 
obiettivi”
5
. Non si tratta di un semplice strumento o di un compito specifico da 
                                                     
3
 J.M. Juran, Quality Control Handbook, Mc Graw-Hill New York, 1962.
 
4
 Nella letteratura aziendale l’azienda è ritenuta “ […] un fenomeno economico complesso, ordinato a 
sistema, in cui i singoli elementi che costituiscono il tutto sono interdipendenti fra loro e assumono 
carattere unitario rispetto all’unità (azienda)”. L.C. Lucianetti, Economia aziendale Lezioni e letture, 
Libreria dell’Università Editrice, Pescara, 2003,  p. 128. 
5
 I. Verna, La strategia della qualità nel sistema azienda, Aracne, Roma, 2006, cit., p. 13. 
 2
affidare ad una determinata funzione, bensì di una strategia che deve coinvolgere 
tutta l’azienda e tutti nell’azienda, a partire da un management forte e capace di 
infondere il concetto di qualità a tutta l’azienda. La Qualità Totale punta a generare 
vantaggi competitivi attraverso il coinvolgimento di tutti nell’azienda e attraverso il 
miglioramento continuo dei processi aziendali, ponendo una costante attenzione alla 
soddisfazione del cliente (interno ed esterno). Nello scritto viene inoltre sottolineata 
l’importanza del cambiamento culturale richiesto dall’attuazione della strategia di 
qualità e vengono analizzate alcune metodologie e strumenti per il miglioramento. 
Nell’ultimo capitolo vengono presi in considerazione i modelli per l’eccellenza, 
sviluppati sia in ambito nazionale che internazionale al fine di promuovere lo 
sviluppo e la diffusione della qualità. Il primo premio è stato il Deming Application 
Prize istituito in Giappone nel 1951 dal Juse (Japanese Union of Scientist and 
Engineers). La risposta statunitense è arrivata nel 1987 con l’introduzione del 
Malcolm Baldrige National Quality Award, mentre l’Europa si è attivata per ultima 
nella promozione del Total Quality Management istituendo l’European Quality 
Award nel 1991. Per facilitare la diffusione dei principi del Total Quality 
Management anche l’Italia ha introdotto nel 1997 il proprio premio, il Premio 
Qualità Italia, ispirandosi al modello per l’eccellenza europeo.  
 
 
3
CAPITOLO I 
LA QUALITA’ TOTALE 
 
1.1   L’evoluzione del concetto di qualità 
 
Il concetto di “qualità” non è statico ma tende ad evolversi con il passare del tempo e 
con il mutare del mercato e delle esigenze dei clienti. Sin dai primi baratti si rese 
necessario valutare ed ispezionare i beni scambiati per dar luogo ad una transazione 
equa tra le parti. Con lo sviluppo della società verso comunità organizzate nasce 
anche il controllo della qualità. Già i Fenici elaborarono degli standards qualitativi, 
ed istituirono degli ispettori che valutassero il rispetto degli standards evitando il 
ripetersi di irregolarità. Una prima versione di legge sul rispetto della qualità può 
addirittura farsi risalire al codice di Hammurabi datato più di duemila anni prima 
della nascita di Cristo
6
.  
E’ col Medioevo e con l’avvento delle corporazioni, però, che vennero formalizzate 
per la prima volta le regole che stavano alla base delle modalità di lavoro del 
“maestro”. Mediante la trasmissione scritta del know-how, si garantì la ripetibilità 
delle forniture e la preservazione del mestiere. Anche l’apposizione del marchio sui 
prodotti fu un indice di come la qualità si stesse evolvendo. Un marchio identificava 
il produttore e ne fissava le responsabilità relativamente alla qualità del prodotto. “Il 
buon produttore possedeva un concetto globale di qualità, pur non essendo ancora in 
grado di declinarlo in termini scientifici; sapeva bene che il denaro che avrebbe 
potuto ricavare dalla vendita del prodotto sarebbe stato tanto maggiore quanto più 
questo fosse in grado di attrarre l’interesse del potenziale acquirente. […] Qualità 
dell’idea e qualità della realizzazione, pur essendo molto integrate, erano 
chiaramente percepite come due aspetti distinti della qualità risultante. Il concetto di 
qualità come conformità era certamente poco sviluppato in relazione al prodotto 
finito, che anzi spesso l’unicità dell’oggetto significava maggior valore. Lo era 
                                                     
6
 Al fine di evitare la produzione di abitazioni di qualità carente, il codice di Hammurabi  sanciva che 
nel caso di crollo della casa fosse morto l’abitante, il costruttore della casa sarebbe stato ucciso, se 
fosse morto il figlio del proprietario, il figlio del costruttore sarebbe stato ucciso. 
 4
invece in relazione alle materie prime, per le quali già le corporazioni creavano 
standard ed esercitavano rigorosi controlli di accettazione”
7
.  
Fino alla rivoluzione industriale il sistema di produzione di riferimento era quello 
artigianale. “Per un artigiano od una piccola industria, la qualità ha assunto spesso, 
ed assume ancora oggi, il significato generico di a regola d’arte ed il controllo è 
esercitato direttamente dall’operatore sul prodotto finito o sull’attività o sul servizio 
svolti (una specie di collaudo finale) con metodi e tecniche informali e fortemente 
legati alla professionalità ed alle capacità dell’artigiano stesso”
8
. Le principali 
caratteristiche della produzione artigianale sono i bassi volumi di produzione, un 
mercato ristretto o di nicchia e l’utilizzo di utensili ed attrezzature semplici ed 
universali. La struttura organizzativa della bottega artigianale era costituita da tre 
tipologie di lavoratori: l’apprendista, il lavorante ed il mastro artigiano. Il primo 
svolgeva un tirocinio per apprendere il mestiere e poteva aspirare al grado di 
lavorante attraverso il sostenimento di prove teoriche e pratiche. Il lavorante era un 
dipendente del mastro a tutti gli effetti ed accumulando esperienza negli anni poteva 
ambire ad aprire una propria bottega. Il mastro artigiano era colui che coordinava 
tutta l’attività ed aveva rapporti diretti sia con i dipendenti che con clienti e fornitori
9
. 
Nel modello artigianale la figura del produttore è centrale: egli è 
contemporaneamente l’esecutore e il controllore del proprio operato. L’artigiano 
determina le caratteristiche del prodotto in base alle richieste del cliente, reperisce le 
risorse necessarie alla lavorazione ed effettua il collaudo finale
10
. Il controllo veniva 
spesso effettuato a produzione ultimata, per cui si trattava di un mero collaudo finale 
che permetteva di evitare la consegna di un prodotto difettoso al cliente
11
. Attraverso 
il controllo veniva confrontato il risultato di una attività con l’obiettivo da 
raggiungere e, nel caso in cui il confronto avesse dato un esito negativo, si sarebbe 
cercata una soluzione al problema. Le fasi del controllo determinate dall’artigiano si 
                                                     
7
 T. Conti, P. De Risi, Manuale della qualità, Il Sole 24 Ore, Milano, 2001, cit., p. 3. 
8
 G. Carmignani e R. Mirandola, Qualità: modelli e vision 2000, Edizioni Plus – Pisa University 
Press, 2006, cit., p. 7. 
9
 Cfr., ibidem, pp. 8-9. 
10
 “L’artigiano può esser visto come un “collaudatore” finale, alla cui ispezione si aggiunge solo la 
prova effettuata dallo stesso cliente”. I. Verna, La strategia della qualità nel sistema azienda, Aracne, 
Roma, 2006,  p. 21. 
11
 La verifica finale può garantire un certo grado di conformità in presenza di prodotti semplici, ma si 
rivela comunque costosa perché nella maggior parte delle occasioni se non si accetta il prodotto finale 
bisogna scartarlo e produrlo nuovamente. 
 
 
5
basavano esclusivamente sull’esperienza dello stesso ed erano quindi caratterizzate 
da assenza di standardizzazione e mancanza di sistemi di misura affidabili. 
Il limite più evidente del controllo artigianale risiedeva tuttavia nel fatto che il 
controllo veniva effettuato sul prodotto finito; ciò impediva, soprattutto nel caso di 
oggetti complessi, di individuare quei problemi che si sarebbero potuti manifestare 
solamente con l’utilizzo dell’oggetto e che rimanevano invece nascosti al collaudo 
finale
12
. Il modello artigianale non è stato completamente abbandonato e alcune sue 
caratteristiche si riscontrano ancora oggi nelle piccole imprese, tipiche ad esempio 
della realtà italiana.  
I principali punti di forza del modello sono: la flessibilità produttiva, la manodopera 
qualificata e capace, la centralità del management come guida nella conduzione 
d’impresa, che da un lato contribuisce a compattare l’azienda e i suoi dipendenti, e 
dall’altro favorisce la fidelizzazione del cliente che sente l’impresa più “vicina” alle 
sue esigenze.  
Tra i punti di debolezza bisogna rilevare l’assenza di pianificazione operativa e 
strategica, la mancanza di standardizzazione e sistematicità, un know-how 
concentrato in poche persone ed un elevato numero di difetti, di scarti e di reclami 
dovuto all’esclusivo controllo di qualità finale ed alla mancanza di una cultura 
metrologica
13
.  
Con la prima rivoluzione industriale, che ebbe luogo in Gran Bretagna alla fine del 
XVIII secolo, ci fu una forte spinta verso un concetto di qualità ancora più 
formalizzato. In questo periodo si ebbe il passaggio da una produzione artigianale 
(un’industria domestica molto diversificata che si basava sulle richieste del 
consumatore, utilizzava manodopera con alta professionalità e accentrava al massimo 
il potere decisionale) ad una prima forma di capitalismo industriale (caratterizzato da 
imprese di piccole dimensioni, con un’organizzazione semplice e fortemente 
accentrata in cui la tecnologia è presente in macchine isolate di varia dimensione non 
                                                     
12
 Cfr., G. Carmignani e R. Mirandola, Qualità: modelli e vision 2000, Edizioni Plus – Pisa University 
Press, 2006, p. 10. 
13
 Cfr., ibidem, p. 11. 
 6