2. MATERIALI E METODOLOGIE IMPIEGATE 
Lo sviluppo del nuovo metodo analitico è stato reso possibile dall’utilizzo di strumentazioni 
all’avanguardia e tecniche di analisi consolidate nel panorama della chimica. 
Le procedure messe a punto sono in accordo con gli standard definiti da enti federali 
riconosciuti in tutto il mondo: EPA e ISO . 
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L’agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti d’America è un ente incaricato di 
attuare le leggi federali in materia ambientale e svolge il proprio compito attraverso la ricerca, 
il monitoraggio del territorio e l’introduzione di metodi analitici per la determinazione di 
composti inquinanti. 
L’organizzazione internazionale per la normazione, invece, è un organismo non governativo 
costituito da una federazione mondiale di enti per la standardizzazione. 
Il compito dell’ISO è la promozione di standard internazionali ed opera in molti ambiti; per 
quanto concerne l’analisi chimica, anch’esso, promuove metodi analitici per la ricerca di 
molti analiti in matrici diverse. 
Questo capitolo si pone l’obbiettivo di descrivere, da un punto di vista prettamente teorico, i 
principi su cui si basano le tecniche analitiche utilizzate (paragrafo 2.1). 
Nel paragrafo 2.2, viene trattata nel dettaglio la strumentazione impiegata per l’acquisizione 
dei dati, soffermandosi sul suo funzionamento, le diverse parti di cui è costituita e le 
condizioni tecniche operative. 
 Environmental Protection Agency
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 International Organization for Standardization
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2.1 TECNICHE ANALITICHE 
2.1.1 Separazione di analiti mediante tecniche cromatografiche 
La cromatografia è una tecnica analitica di separazione che si basa sulla diversa distribuzione 
degli analiti tra due fasi: la fase mobile e la fase stazionaria. 
La fase mobile ha il compito di trasportare i componenti di una matrice complessa attraverso 
quella stazionaria ed entrambe, devono essere caratterizzate da proprietà ben definite. 
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In tabella 2.1 sono riportate le principali caratteristiche che devono necessariamente 
possedere le due fasi. 
Tab 2.1 Caratteristiche delle fasi cromatografiche 
I soluti eluiti dalla colonna cromatografica vengono identificati dal rivelatore che permette 
l’acquisizione del cromatogramma, un grafico in cui sull’asse delle ordinate viene posta la 
risposta del rivelatore e sull’asse delle ascisse è presente il tempo di ritenzione. 
L’area sottesa ai picchi cromatografici permette di quantificare i diversi analiti poiché è 
proporzionale alla quantità di sostanza iniettata e alla sua concentrazione.  
Le tecniche cromatografiche risultano essere molto numerose e vengono suddivise sia in 
funzione dello stato fisico della fase mobile, sia del principio chimico che permette di 
separare i diversi analiti. 
Il metodo utilizzato durante questo studio, per lo svolgimento delle analisi necessarie in 
laboratorio, è la gascromatografia accoppiata a spettrometria di massa (GCMS). 
FASE STAZIONARIA FASE MOBILE
Elevata porosità Priva di impurezze
Inerzia nei confronti della fase mobile e del campione Inerzia sia nei confronti della fase stazionaria che del 
campione
Composizione e distribuzione uniforme Immiscibile con la fase stazionaria
Capacità di solubilizzare il campione
 processo di eluizione
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2.1.2 Gascromatografia di ripartizione 
La GC fu sviluppata per la prima volta da Martin e Synge nel 1941, ed è un metodo analitico 
che possiede ottimi risconti di applicazione sia per analisi qualitative che quantitative. 
Questa tecnica cromatografica è caratterizzata da una fase mobile, costituita da un gas inerte 
detto “carrier”, il cui unico compito è quello di trasportare analiti gassosi oppure liquidi 
volatili, attraverso la colonna in cui è contenuta la fase stazionaria. 
In gascromatografia di ripartizione i soluti vengono ripartiti tra la fase mobile e la fase 
stazionaria, costituita da un liquido posto su un supporto inerte solido, instaurando un 
equilibrio dinamico. 
I gradi di libertà per migliorare la separazione dei singoli analiti sono molto minori rispetto 
alla cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC)  in quanto : 
- la separazione dipende esclusivamente dalla natura della fase stazionaria e dalla 
temperatura; 
-
gli analiti devono poter essere vaporizzati per via termica a pressione ambiente, di 
conseguenza si è in grado di analizzare solo campioni a bassa tensione di vapore o che 
hanno subito un processo di derivatizzazione. 
La tecnica analitica è distruttiva, ma questo è irrilevante poiché le quantità di campione 
impiegate risultano essere piccolissime; è l’unica analisi, infatti, che permette di utilizzare 
quantità cosi ridotte di soluto. 
2.1.3 Spazio di testa dinamico: “Purge and Trap” 
La fase di pretrattamento del campione è di fondamentale importanza per poterne effettuare 
un’analisi il più possibile rappresentativa. 
Le tecniche di estrazione e concentrazione degli analiti presenti all’interno di matrici 
complesse, devono essere sempre selezionate tenendo conto della natura chimica e stato fisico 
del campione, nonché della procedura analitica impiegata. 
Il metodo più idoneo per concentrare le sostanze organiche volatili da matrici acquose è il 
“Purge and Trap” in quanto, permette di recuperare il 100% degli analiti dal campione e di 
conseguenza avere un elevata sensibilità in fase di analisi. 
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Il processo è costituito da due fasi successive : 
-
“Purging” 
Un gas inerte viene fatto gorgogliare attraverso il campione, che si trova ad una 
temperatura di circa 50 °C, favorendo l’evaporazione degli analiti. 
Questa fase avviene all’interno dello sparger come mostrato in figura 2.1. 
-
“Trapping and Adsorption”  
Il gas di purging viene trattenuto all’interno di una trappola costituita da materiali che 
possiedono proprietà adsorbenti differenti; l’adsorbente più debole è posto in cima 
alla trappola e quello più forte si trova immediatamente sotto. 
Durante questo processo si sfruttano la temperatura e l’inversione del flusso di gas per 
rimuovere eventuali tracce di solventi all’interno della trappola. 
Infine, i VOC vengono desorbiti termicamente e iniettati automaticamente nella 
colonna del gascromatografo. 
Figura 2.1 Sparger  
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Il processo di “purging” corrisponde quindi ad un’estrazione in fase gas degli analiti presenti 
e la quantità di ognuno di essi è proporzionale alla tensione di vapore e alla solubilità che i 
diversi soluti avevano nel campione. 
Questa tecnica è detta anche analisi in “spazio di testa dinamico” e si differenzia da quella in 
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“spazio di testa statico” poiché il sistema liquido-vapore non si trova mai all’equilibrio. 
L’equilibrio non viene mai raggiunto in quanto si ha un trasferimento continuo, degli analiti 
volatili, nella fase vapore da parte del gas di purging. 
2.2 STRUMENTAZIONE  
L’apparecchiatura utilizzata è costituita da un gascromatografo (GC) Agilent 6850 Series II 
abbinato ad uno spettrometro di massa (MS) Agilent MSD 5975. 
La tecnica analitica , basata su un’apparato costituito in questo modo, prende il nome di 
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gascromatografia-spettrometria di massa, abbreviata con la sigla GCMS. 
L’iniezione del campione è, inoltre, affidata ad AtomX, un sistema sviluppato da Teledyne 
Tekmar che integra al suo interno un autocampionatore e un Purge and Trap. 
La gestione dei dati è eseguita con software professionali, ChemStation e Data Analysis, 
sviluppati da Agilent Technologies, Inc. . 
2.2.1 Gascromatografo 
Il gascromatografo è l’apparato in cui avviene la separazione degli analiti: il campione è 
iniettato mediante una micro siringa attraverso un setto ermetico, trascinato attraverso la fase 
stazionaria per mezzo del gas carrier ed infine, gli analiti separati giungono al rivelatore. 
In figura 2.2 e figura 2.3 sono riportati, rispettivamente, il gascromatografo utilizzato in 
laboratorio ed uno schema a blocchi del sistema. 
 considerando una vial sigillata ermeticamente in cui è contenuta una porzione di liquido, si definisce spazio di 
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testa il volume di aria sopra il campione.
 l’abbinamento tra due tecniche analitiche differenti viene detta formalmente tecnica ifenata
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Figura 2.2 GC Agilent 6850 abbinato ad MSD Agilent 5975 
   
Figura 2.3 Schema a blocchi del gascromatografo 
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Camera di iniezione (“liner”) 
Il sistema di iniezione è posizionato in testa alla colonna ed è termostatato ad elevata 
temperatura , per consentire la vaporizzazione degli analiti. 
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Il campione è introdotto, attraverso un setto di gomma, mediante l’utilizzo di micro siringhe 
che consentono l’iniezione di piccolissime quantità. 
Gli analiti in fase vapore si miscelano, quindi, al gas carrier che li trasporta all’interno della 
colonna cromatografica. 
Esistono diverse tecniche di iniezione; il gascromatografo utilizzato è costituito da un sistema 
split/splitless. 
Per lo sviluppo di questo metodo, si è scelta l’iniezione frazionata del campione (“split”) che 
consiste nella suddivisione del flusso di vapore: una piccola parte entra in colonna 
cromatografica mentre, la restante viene allontanata attraverso la valvola di scarico. 
La strumentazione a disposizione, ha permesso l’iniezione automatizzata mediante 
l’autocampionatore AtomX che, si occupa anche della fase di pretrattamento del campione per 
renderlo idoneo all’analisi cromatografica. In un sistema costituito in questo modo 
l’introduzione in colonna avviene direttamente bypassando l’utilizzo della micro siringa. 
    
Figura 2.4 Sistema AtomX 
 generalmente la temperatura nel “liner” è circa 50 °C più elevata rispetto al punto di ebollizione del 
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componente meno volatile
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Gas di trasporto 
Il gas di trasporto è la fase mobile nella gascromatografia e ha il compito di trasportare gli 
analiti attraverso la colonna che, costituisce la fase stazionaria del sistema. 
Oltre ad essere caratterizzato dalle proprietà riportate precedentemente in tabella 2.1, deve 
essere compatibile con il rivelatore scelto. 
Il gas carrier utilizzato è l’elio (He) caratterizzato da un grado di purezza non inferiore a 
99,99995 %. 
Eventuali impurezze presenti all’interno della fase mobile sono coinvolte nel degradamento 
della fase stazionaria, proprio per questo motivo la purezza del gas deve risultare così elevata. 
Nonostante questo, come è possibile osservare in figura 2.2, l’elio prima di entrare in colonna 
viene fatto passare all’interno di un purificatore che ha il compito di trattenere eventuali 
tracce di O2 e H2O. 
La scelta di utilizzare He a discapito di altri gas di trasporto, come H2 oppure N2, è dettata da 
motivi di sicurezza e di performance poiché, l’elio permette una diffusione più rapida degli 
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analiti in colonna migliorando la risoluzione . 
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Colonna cromatografica 
La fase stazionaria è posta all’interno di una colonna, nella quale avviene la separazione degli 
analiti presenti nel campione iniettato. 
Esistono principalmente due classi di colonne cromatografiche per l’utilizzo in GC: impaccate 
e tubolari aperte. 
In figura 2.4 è possibile osservare la colonna presente all’interno del gascromatografo 
impiegato. 
Si tratta di una colonna tubolare aperta WCOT in cui la fase stazionaria liquida è depositata 
come un sottile strato sulla parete interna della colonna. 
 l’idrogeno è poco quotato in termini di sicurezza in quanto forte riducente; tende a formare miscele esplosive 
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ed è incompatibile con il Purge and Trap.
 è un parametro coinvolto nella valutazione di qualità delle separazioni dei picchi cromatografici. 
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E’ molto importante per l’identificazione e quantificazione dei diversi analiti e dipende da diversi fattori quali, 
efficienza della colonna, selettività, capacità.
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