Natale G. Calabretta                                                                                                                           Abstract - Introduzione 
Facoltà di Ingegneria Univ. “La Sapienza” – Roma              
 
2
Introduzione 
 
Nel presente studio è esposto un lavoro di modellazione numerica dei fenomeni fisici che 
intervengono nel corso dei trattamenti termici di materiali combustibili solidi detti biomasse. 
Tali materiali di cui si sono voluti studiare i fenomeni associati al trattamento termico a fini 
energetici e in particolare la combustione, appartengono alla classe dei combustibili 
secondari. Sono detti così tutti quei materiali con un intrinseco contenuto di energia 
chimica, potenzialmente convertibile in forme di energia più utili (elettrica, meccanica...), 
ma che non sono tradizionalmente impiegati come fonte di energia. 
 
L’interesse per i combustibili secondari è cresciuto negli ultimi tempi parallelamente 
all’esigenza di reperire delle fonti energetiche rinnovabili alternative ai combustibili fossili. 
Tale esigenza è motivata sia dalla considerazione del progressivo esaurimento nel medio 
periodo di queste risorse; sia dalla volontà di assicurare la crescita sostenibile, anche sul 
piano ambientale, dei consumi di energia, tanto delle società industrializzate (Figura 
Intro.1) quanto dei paesi in via di sviluppo. 
 
Fig. Intro.1: Sviluppo e previsione del mercato delle fonti alternative di energia in Europa 
 
Tuttavia, affinché lo sfruttamento a fini energetici dei combustibili secondari possa 
conoscere un rapido e diffuso sviluppo, occorre che nei processi di conversione possa 
essere impiegata, con poche o nessuna modifica, la tecnologia sviluppata per i 
combustibili tradizionali e attualmente disponibile. 
 
               
Fig. Intro.2: Biomasse in uso a fini energetici (bagassa) 
   
Natale G. Calabretta                                                                                                                           Abstract - Introduzione 
Facoltà di Ingegneria Univ. “La Sapienza” – Roma              
 
3
In questo senso la ricerca assume un ruolo di importanza fondamentale: solo acquisendo 
una conoscenza più approfondita dei fenomeni che intervengono in un determinato 
processo e delle caratteristiche dei combustibili secondari che determinano le peculiarità 
nel loro comportamento, si può sperare di risolvere i problemi che si manifestano nella 
conversione energetica dei combustibili secondari con una tecnologia tradizionale. 
 
Nella definizione di biomassa, considerata nel presente studio come combustibile 
secondario da termotrattare a fini energetici,  è compreso qualunque tipo di materiale con 
un intrinseco contenuto di energia che non abbia origine fossile e che non sia derivato da 
materie prime fossili. In quanto tali le biomasse sono fonti energetiche rinnovabili e CO
2
 
neutrali. Inoltre, si stima che le risorse tuttora potenzialmente sfruttabili di biomasse 
(residui agricoli e forestali etc...) basterebbero per soddisfare ben più dell’attuale 
fabbisogno energetico mondiale, soppiantando definitivamente i combustibili fossili. 
 
 
Fig. Intro.3: Schema sintetico dei vari tipi di biomassa energetica 
 
Lo studio e l’approfondimento dei fenomeni di termotrattamento a fini energetici a cui la 
biomassa può essere sottoposta, porta alla distinzione di esigenze industriali ben distinte 
nella considerazione di attuare un tipo di processo termico in assenza o in presenza di O
2
. 
 
Da questa considerazione nasce l’esigenza di affrontare lo studio seguendo due filoni di 
approfondimento relativi rispettivamente, il primo, al tipo di modello matematico che si usa 
per la descrizione del termotrattamento e, il secondo, alle caratteristiche tecnologiche e 
geometriche del reattore tramite il quale analizzare un simile fenomeno. 
  
Per quanto riguarda la modellistica matematica, la letteratura scientifica sull’argomento 
fornisce un ampio spettro di possibilità che permettono di avere una idea consolidata del 
fenomeno energetico del tremotrattamento delle biomasse semplificando o aumentando le 
ipotesi e le informazioni relative alla chimico-fisica del materiale combustibile e alla 
complessità adottata nella descrizione della dinamica del meccanismo di combustione. 
 
Una simile abbondanza di riferimenti riguarda anche la tipologia di reattori che possono 
essere impiegati come simulatori in un processo di studio e approfondimento del 
fenomeno termico associato alle biomasse che ha finalità industriali di produzione e 
distribuzione. 
Alcuni di questi processi di reazione sono finalizzati direttamente alla produzione di 
energia; altri sono rivolti alla trasformazione dello stato fisico dei combustibili al fine di 
ottenere dei prodotti con caratteristiche combustibili migliori o chemicals. 
 
Natale G. Calabretta                                                                                                                           Abstract - Introduzione 
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4
Il conforto di una vasta documentazione di laboratorio e d’impianto ha focalizzato il 
presente studio sulle caratteristiche del reattore a flusso trascinato (Drop Tube Reactors: 
DTR). 
I DTR sono reattori a letto trascinato molto utilizzati a livello di laboratorio perché 
consentono di realizzare delle velocità di riscaldamento relativamente elevate con tempi di 
permanenza all’interno dell’apparecchiatura relativamente bassi, rimanendo nella 
sostanza delle apparecchiature molto semplici sia dal punto di vista costruttivo che dal 
punto di vista operativo. 
I DTR sono adatti ad analizzare le fasi iniziali di un riscaldamento molto veloce delle 
particelle di combustibile, analogo a quello che si riscontra nelle apparecchiature di 
interesse industriale. Anche il modello di flusso delle particelle, sospese nel gas di 
trasporto, sebbene non sia caratterizzato dallo stesso livello di turbolenza che si riscontra 
nelle apparecchiature di interesse pratico, è sicuramente più realistico del modello di 
flusso che si realizza in altre apparecchiature impiegate per lo studio dei processi termici. 
 
A tale tipo di reattore e ai fenomeni di combustione in esso sperimentati è stata associato, 
tra i numerosi modelli analitici presenti in letteratura, un modello predittivo di analisi 
fluidodinamica, termica, di bilancio di massa e quantità di moto  della combustione della 
biomassa di tipo SFOR (singola reazione del primo ordine) che si distingue dagli altri 
modelli presentati per la semplicità concettuale con cui sintetizza in una unica reazione 
termochimica (one step) il fenomeno della scomposizione della biomassa lignocellusosica 
per effetto termico, senza cioè, considerare le reazioni secondarie di decomposizione del 
complesso celluloso attivo e successivamente del levoglucosano e del glicolaldeide.  
Si sottolinea a questo punto che anche la scelta del materiale da sottoporre a trattamento 
termico a fini energetici è comunque vincolata dal processo di produzione energetico 
industriale che vogliamo simulare. 
     
Dal punto di vista sperimentale, quindi, si tratta di mettere a punto degli apparati in grado 
di simulare le condizioni termofluidodinamiche realmente presenti nelle apparecchiature di 
interesse industriale; dal punto di vista teorico si tratta, invece, di elaborare dei modelli 
comprensivi dei fenomeni che intervengono nei processi di conversione energetica che 
consentano di prevedere le performance dei processi stessi. 
 
Il modello sperimentale fin qui descritto è vincolato a scelte operative che implicano tre 
ordini di parametri: 
- i parametri  derivanti dalla caratteristiche chimico-fisiche della biomassa combustibile; 
- i parametri derivanti dalle ipotesi di sviluppo del modello matematico; 
- i parametri derivanti dalle caratteristiche tecnologiche e geometriche del reattore. 
 
A questa serie di parametri vanno aggiunti quelli relativi alle condizioni operative del 
reattore in fase di simulazione. 
 
Complessivamente, nel caso specifico analizzato, la simulazione del termotrattamento di 
una biomassa di matrice lignocellulosica descritto da un modello matematico predittivo 
SFOR con un reattore DTR in particolari condizioni operative, consta di 33 parametri. 
 
L’elaborazione di una tale serie di parametri necessita di un supporto informatico che 
implementi un codice numerico Matlab del modello SFOR tale da descrivere previsioni 
attendibili sulle performance del processo di termotrattamento della biomassa a fini 
energetici. 
Natale G. Calabretta                                                                                                                           Abstract - Introduzione 
Facoltà di Ingegneria Univ. “La Sapienza” – Roma              
 
5
Un simile strumento aperto e versatile risulta poi utile per l’interpretazione dei dati 
sperimentali che possono essere derivati da successive campagne di sperimentazione 
condotte con diversi tipi di biomasse, il cui fenomeno di termotrattamento può essere 
descritto con diversi modelli, magari più complessi (quali quelli sommativi che si basano 
sulla sovrapposizione degli effetti di tutte le reazioni anche secondarie che si sviluppano 
durante il termotrattamento delle biomasse), diversi reattori o mutate condizioni operative. 
      
   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
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Capitolo 1 
I combustibili secondari: definizioni e trattamenti temici 
 
1.1: Introduzione 
Da circa 150 anni la principale fonte di energia del genere umano è rappresentata 
dall’energia chimica immagazzinata nei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale). 
Tuttavia le riserve di combustibili fossili sono necessariamente finite e soggette ad 
esaurimento. Per la costituzione delle attuali riserve sono stati necessari milioni di anni e, 
malgrado si scoprano sempre nuovi giacimenti e diventi lo sfruttamento di risorse prima 
economicamente inaccessibili, si prevede che, al ritmo dell’attuale intenso sfruttamento, le 
riserve principali cominceranno ad esaurirsi a partire dalla meta del 21° secolo. 
Questa eventualità, assieme alla considerazione degli effetti dannosi che l’impiego di 
combustibili fossili produce sull’ambiente, stanno spingendo, negli ultimi anni, alla ricerca di 
fonti energetiche alternative, quanto più possibile rinnovabili e pulite. 
Una rassegna delle altre fonti energetiche rinnovabili attualmente disponibili e conosciute 
(eolica, solare, idrica, geotermica e mareomotrice) porta a concludere che tutte hanno dei lati 
negativi che le rendono spesso inadatte a costituire una reale alternativa. 
Attualmente gli impianti eolici e solari non possono competere con gli impianti termoelettrici 
sul piano della potenza specifica: vale a dire che per avere lo stesso output di energia occorre 
costruire impianti molto più grandi, improponibili sia per il costo di investimento che per lo 
stesso impatto ambientale (a causa delle enormi estensioni di suolo occupato). Gli impianti 
geotermici e mareomotori sono limitati dalla disponibilità della risorsa, in quanto sono poche 
le zone della terra in cui si ha la presenza di fenomeni geotermici o di maree di sufficiente 
ampiezza da servire per la produzione di energia. 
L’unica fonte di energia rinnovabile che ha fino adesso dimostrato di poter competere con gli 
impianti termoelettrici sul piano della potenza specifica è l’energia idroelettrica; ma anche per 
questa la risorsa è limitata e l’impatto ambientale non è trascurabile a causa della 
perturbazione del regime idrico e dell’habitat dei fiumi. 
Per questo motivo, negli ultimi anni, l’interesse si sta rivolgendo verso la ricerca di altre fonti 
di energia chimica di natura non fossile ovvero verso lo sfruttamento delle considerevoli 
risorse di combustibili fossili di bassa qualità, finora giudicati inadatti all’impiego in impianti di 
potenza. 
Tutti questi materiali combustibili caratterizzati dalla ampia disponibilità, dalla necessità di 
essere smaltiti perché residui di una qualche attività umana, capaci in certo qual modo di 
“rinnovarsi” e che non sono tradizionalmente impiegati nella produzione industriale di energia, 
sono conosciuti col nome di “combustibili secondari”. 
 
1.2: I combustibili secondari come fonte di energia 
Si è detto che qualsiasi materiale combustibile che non è tradizionalmente impiegato per la 
produzione industriale di energia può, in linea di principio, essere classificato come 
combustibile secondario. In questa sede di porrà l’attenzione su tre classi di combustibili 
secondari particolarmente importanti, per ragioni diverse: 
• carboni di bassa qualità; 
• RDF refuse derived fuels (CdR); 
• biomasse. 
 
 
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1.2.1: Carboni di bassa qualità: i combustibili fossili più abbondanti 
Il carbone è il combustibile fossile di cui si conoscono le riserve più abbondanti sul pianeta. Il 
dettaglio delle riserve di combustibili fossili negli Stati Uniti in Q (10
18
 British Thermal Unit) 
(dal Perry VI ed.) è riportato nella seguente tabella: 
 
 
Tab. 1.2.1: Stima delle risorse di combustibili fossili degli USA in Q (1985) 
 
Come si vede il carbone è il combustibile disponibile nelle maggiori quantità, sia per quanto 
riguarda le riserve conosciute che per le riserve stimate. La stessa situazione si ha anche in 
altre zone del mondo. 
In particolare è significativo il dato delle riserve di “interesse economico marginale” (molte 
delle quali possono essere classificate come potenziali combustibili secondari): se si 
considera che la quantità di energia utilizzata nel mondo nel 1985 è stata pari a circa 0.294 Q 
e che dal 1950 ad oggi il fabbisogno di energia è andato approssimativamente raddoppiando 
ogni 8-9 anni, le intere risorse di combustibili fossili degli USA potrebbero provvedere al 
fabbisogno energetico mondiale fino circa al 2035, ma le sole risorse “marginali” di carbone 
potrebbero sostenere la domanda attuale fino al 2016. 
E’ evidente che, in uno scenario di possibile futura ristrettezza delle risorse energetiche a 
livello mondiale, non è possibile liquidare come “marginali” delle risorse potenzialmente tanto 
abbondanti. 
 
Fig. 1.2.1: Prezzo del petrolio da gennaio 2003 a luglio 2005 (US$/barile) 
 
Nel 2004, infatti, i consumi mondiali d’energia primaria sono cresciuti del 3,7%. Le dinamiche, 
tuttavia, variano fra le regioni del mondo e sembrano fortemente correlate all’espansione 
dell’attività economica (Tabella 1.2.2). In particolare, la domanda energetica cinese mostra 
un’importante progressione, con una crescita del 12,5%. Nei principali Paesi industrializzati 
l’aumento dei consumi è stato più contenuto a causa della minore espansione dell’economia 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
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8
e dell’effetto dell’incremento dei prezzi energetici. Il 2004 segna l’anno in cui i consumi 
energetici dei Paesi in via di sviluppo superano quelli dei Paesi dell’OCSE. 
Nel 2004 il petrolio copre circa il 35.3% dei consumi complessivi d’energia primaria, il carbone 
il 24.6% e il gas naturale il 20.7%. Il restante 19.4% è costituito da energia elettrica primaria 
(9% circa, principalmente nucleare e idroelettrica), e da biomassa (10.4% circa). 
Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva crescita dell’importanza relativa del 
carbone, a seguito soprattutto dello sviluppo del settore termoelettrico in Cina e in India. 
 
 
Tab 1.2.2: Consumi di energia primaria per area geografica (Fonte: elaborazione ENEA su dati 
ENERDATA) 
 
1.2.2: RDF: lo smaltimento dei rifiuti con recupero energetico 
Gli RDF (refuse derived fuels) sono i combustibili derivanti dai rifiuti urbani e industriali. 
La combustione dei rifiuti con recupero energetico non rappresenta solo una risorsa ma è 
diventata negli ultimi tempi una necessità, sancita in molti paesi industrializzati anche da 
un’apposita legislazione. 
Lo smaltimento dei rifiuti tal quali, infatti, sebbene sia ancora ampiamente praticato nel nostro 
paese, non è sostenibile a lungo termine per l’enorme quantità di rifiuti prodotti (il cui trend di 
crescita è deducibile da questi dati discreti: 23.2 milioni di tonnellate  di RSU prodotti in Italia 
nel 1996 che  nel 2002 diventano circa 29.9 milioni di tonnellate e che  nel 2003  raggiungono  
e superano quota 30 milioni di tonnellate) e sempre in costante aumento. Il conferimento dei 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
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rifiuti direttamente in discarica è il metodo di smaltimento meno opportuno e meno 
conveniente per vari motivi: 
• difficilmente una discarica può essere dimensionata adeguatamente al suo bacino di 
utenza e in modo da garantire una vita utile superiore ai dieci anni; 
• vi sono delle grandi difficoltà a realizzare discariche successive nella stessa zona; 
• l’impiego di discariche fuori zona non è competitivo dal punto di vista economico con 
altri sistemi di smaltimento; 
• l’impatto ambientale delle discariche è molto significativo in quanto, a causa della 
decomposizione del materiale organico e delle infiltrazioni di acqua meteorica, il letto 
di rifiuti produce, non solo durante l’esercizio ma anche molto tempo dopo che la 
discarica è stata chiusa (fino a 30 anni), due correnti fluide altamente inquinanti: il 
percolato (liquido), pericoloso sopratutto per l’elevato COD e il contenuto in metalli 
pesanti, e il biogas, ricco di sostanze corrosive e maleodoranti. 
 
 
Fig. 1.2.2: Andamento della produzione di RSU in Italia, anni 1996-2004 (APAT, ONR, 2005) 
 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
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10
 
Fig. 1.2.3: Andamento della produzione dei rifiuti urbani, e dei principali indicatori socio economici (base 
1995=100) 
 
Per questo motivo l’attuale legislazione italiana regolamenta la “gestione dei rifiuti” attraverso 
le seguenti linee guida (in ordine decrescente di priorità): 
• prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti; 
• reimpiego dei prodotti e riciclaggio delle materie prime con cui sono realizzati i prodotti 
di rifiuto; 
• smaltimento dei rifiuti con recupero energetico; 
• smaltimento dei rifiuti senza recupero energetico. 
 
Lo smaltimento dei rifiuti nei termovalorizzatori o il loro impiego come combustibili secondari 
anche in impianti di altro genere, invece, consente non solo il recupero del contenuto 
energetico dei rifiuti ma anche l’inertizzazione del rifiuto e la riduzione del volume fino a un 
15% del volume originale. 
 
L’incenerimento dei rifiuti urbani in Italia è aumentato progressivamente con gli anni. In 
particolare la quantità trattata è praticamente raddoppiata tra il 1996 e il 2003 anche se 
l’incremento risulta ancora molto contenuto. Nel 2003 sono stati inceneriti oltre 2,8 milioni di 
tonnellate di R.U., a cui si aggiungono 257.500 tonnellate di CDR e quantitativi minori di altri 
rifiuti.  
 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
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11
 
Fig. 1.2.4: Incenerimento di rifiuti urbani e CDR, anni 1996-2003 
 
In generale, la situazione relativa all’incenerimento non può considerarsi soddisfacente e 
comunque la quantità di rifiuti trattata risulta inferiore alla media europea. Infatti in molti 
contesti territoriali, pur in presenza di un sistema efficace di raccolta differenziata e di 
recupero di materiali, rimane una quota del rifiuto residuo non recuperabile, che deve essere 
smaltita in discarica. E’ quindi preferibile che tale rifiuto, dotato di un potere calorifico, sia 
avviato ad incenerimento per poterne recuperare l’energia sotto forma di calore o di energia 
elettrica. In un sistema integrato, tecnicamente ed economicamente efficiente, almeno il 25% 
del rifiuto prodotto dovrebbe essere destinato all’incenerimento con recupero energetico. La 
diversificazione delle forme di trattamento segnala, infatti, il decollo di un sistema industriale 
di gestione che raggiunge livelli considerevoli di efficienza ed economicità. 
 
 
Fig. 1.2.5: Recupero energetico elettrico e termico in impianti di incenerimento di rifiuti urbani e CDR, 
anni 2000-2003 
 
1.2.3: Biomasse: le biomasse come fonte di energia rinnovabile e CO
2
 neutrale 
La sola altra riserva naturale di energia chimica sufficientemente vasta per sostituire i 
combustibili fossili è quella delle biomasse. 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
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Biomasse in senso stretto sono la vegetazione marina e terrestre e i residui derivanti 
dall’agricoltura e dallo sfruttamento dei terreni forestali. Tuttavia si definisce biomassa ogni 
materiale organico di origine non fossile avente un intrinseco contenuto di energia. 
In questo senso anche i rifiuti biosolidi (come i fanghi degli impianti di depurazione), la 
frazione combustibile degli RSU non derivante dalla trasformazione di materie prime fossili 
(plastiche escluse) e persino certi tipi di rifiuti industriali (come il fango di cartiera) possono 
essere classificati come biomasse. 
Diversamente dai combustibili fossili la biomassa è una risorsa rinnovabile nel senso che 
richiede un breve periodo di tempo per rigenerare ciò che è stato consumato. 
In particolare, i recenti indirizzi in materia di politica energetica, coi quali si tende a ridurre le 
emissioni di CO
2
, potrebbero dare nuovo impulso all’idea di un impiego più sistematico delle 
biomasse nella produzione industriale di energia. 
Uno scenario a breve termine dell’Oxford Institute for Energy Studies tratteggia gli effetti del 
Protocollo di Kyoto sui combustibili fossili; tale protocollo vincola le nazioni industrializzate e 
dell’ex blocco sovietico a portare entro il 2008-12 le emissioni di gas serra al 5% sotto i livelli 
del 1990. Lo studio Fossil Fuel in a Changing Climate parte dal presupposto che i paesi 
realizzino i loro obiettivi soprattutto grazie a provvedimenti interni, come carbon-tax, accordi 
volontari dei gruppi industriali e politiche di miglioramento dell’efficienza energetica. In una 
proiezione che vede i settori dell’economia muoversi senza grandi variazioni, si avrebbe entro 
il 2010 una riduzione del 4% del consumo di carbone, del 4% di gas naturale e del 3% di 
petrolio. Il consumo di combustibili fossili subisce riduzioni ancora più drastiche in sei scenari 
di lungo periodo presentati dal World Energy Council (WEC) nel libro Global Energy 
Perspectives. In due degli scenari si prevede che le quote di energia ottenute da gas 
naturale, petrolio e carbone arrivino nel 2100 rispettivamente all’11.6 e al 3% del totale. 
Le biomasse costituiscono una valida alternativa ai combustibili fossili anche in questo senso, 
perché si inseriscono in un quadro di produzione dell’energia “sostenibile” dal punto di vista 
delle emissioni di CO
2
. 
In natura la CO
2
 assorbita durante la fotosintesi è bilanciata da quella rilasciata dalla 
decomposizione del materiale organico. A distruggere questo equilibrio sono i flussi 
antropogenici. La combustione di combustibili fossili rilascia in atmosfera circa 5.5-6 GtC/yr 
sotto forma di CO
2
 ed è stato stimato che la deforestazione contribuisce per circa 2-2.8 
GtC/yr. Circa la metà della quantità apportata dall’uomo viene accumulata nell’atmosfera 
contribuendo all’aumento dell’effetto serra. Questo accumulo ha causato l’aumento del 
contenuto di carbonio di 160 GtC rispetto all’era pre-industriale, equivalente a circa 30 mesi di 
fotosintesi. 
Poiché l’immagazzinamento dell’energia chimica nelle biomasse avviene attraverso la 
reazione di fotosintesi, che sfrutta l’energia solare per promuovere la formazione di materiale 
organico a partire da reagenti inorganici (H
2
O e CO
2
), si ha che il processo di combustione 
delle biomasse rilascia in atmosfera una quantità di CO
2
 equivalente a quella assorbita 
durante la fotosintesi. 
 
Si può pensare, dunque, ad impianti nei quali la biomassa utilizzata per la conversione a fini 
energetici è sostituita dalla crescita di nuova biomassa: questo genere di impianti avrebbe un 
impatto assolutamente neutro rispetto all’emissione di CO
2
, a condizione che la velocità di 
combustione della biomassa per la produzione di energia possa essere uguale a quella di 
una equivalente quantità di nuova biomassa. 
. 
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13
Naturalmente, perché questo sia possibile, occorre che l’utilizzo di biomasse per recupero 
energetico sia portato avanti mediante un’adeguata programmazione sia a livello tecnico che 
legislativo. Occorre, infatti, che sia garantito un adeguato ricambio della biomassa, evitando 
possibili conflitti legati all’impiego dei terreni e problemi di deforestazione o desertificazione 
legati ad un uso sproporzionato della risorsa. 
Poiché il trasporto e lo stoccaggio delle biomasse risulta molto costoso a causa dei bassi 
valori di densità, occorre che gli impianti destinati alla conversione industriale delle biomasse 
a fini energetici siano posti in prossimità di zone con elevate disponibilità di biomasse o, 
meglio, che agli impianti siano asservite delle estensioni di terreno dedicate specificatamente 
alla coltivazione di biomasse da convertire e sufficientemente estese per garantirne 
l’approvvigionamento (le cosiddette “Energy Farms”). 
In molti studi riguardanti l’impiego delle biomasse a fini energetici è stato evidenziato il 
sostanziale contributo allo sviluppo delle Energy Farms che potrebbe venire dall’impiego 
dell’ingegneria genetica. In questo modo si potrebbero “selezionare” specie vegetali capaci di 
crescere rapidamente in climi e in terreni inadatti alle altre coltivazioni e con caratteristiche 
appropriate ai fini della conversione energetica. 
Occorre che lo studio e l’impiego di queste tecnologie (nuove e potenzialmente pericolose per 
l’ambiente) sia portato avanti con l’avallo e sotto il controllo delle autorità. Dunque è 
necessario provvedere allo sviluppo di un sistema integrato in cui lo sfruttamento di biomassa 
sia bilanciato da una politica volta alla produzione di biomassa vergine. 
In questo modo si renderebbe disponibile una risorsa energetica sostenibile, rinnovabile e 
sorprendentemente abbondante. Si stima, infatti, che il contenuto di energia delle biomasse 
che va perduto annualmente nei normali processi di biodegradazione, e che potrebbe essere 
utilizzato come risorsa di energia rinnovabile, sia dieci volte l’attuale consumo mondiale 
annuo di energia. Già adesso, infatti, le statistiche mostrano che sebbene solo il 18% della 
domanda mondiale di energia sia soddisfatta da fonti rinnovabili, di questo oltre il 55% deriva 
dall’utilizzo di biomasse. 
 
1.3: Trattamenti termici sui combustibili secondari: principi, processi attualmente 
impiegati, difficoltà e soluzioni tecniche in relazione al tipo di combustibile impiegato 
I combustibili secondari possono essere convertiti a fini energetici oltre che mediante 
combustione diretta in un impianto termoelettrico anche attraverso una varietà di altri processi 
volti a modificare lo stato fisico e le proprietà tecniche del combustibile (o vettore energetico) 
finale. 
 
Fig. 1.3.1: Termotrattamenti delle biomasse distinti in funzione della temperatura di esercizio 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
Facoltà di Ingegneria Univ. “La Sapienza” – Roma              
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Inoltre, molti dei materiali che possono essere utilizzati per la produzione di energia possono 
anche essere trasformati in chemicals (intermedi e materie prime dell’industria chimica). 
Le tecnologie disponibili includono diversi processi di conversione termica o termochimica 
(combustione, pirolisi, gasificazione...) nonché una serie di processi di conversione microbica 
(fermentazione, digestione aerobica e anaerobica...). 
Di seguito si riporta una rassegna dei soli processi termici e termochimici sui combustibili 
secondari: è importante sottolineare, però, che in molti casi le tecnologie di conversione delle 
biomasse al fine di ottenerne combustibili o chemicals sono sufficientemente sviluppate da 
ricavarne un prodotto in tutto e per tutto identico a quello che è possibile ottenere partendo da 
materie prime fossili. 
 
1.3.1: Combustione diretta e co-combustione 
 
Combustione diretta 
La combustione diretta è il metodo più comune e più impiegato per convertire l’energia 
chimica contenuta in un materiale combustibile in energia meccanica ed elettrica. 
Rispetto ai combustibili tradizionali la combustione diretta dei combustibili secondari presenta 
in generale più problemi, sia di ordine tecnologico per le apparecchiature che legati alla 
natura delle emissioni, ma può anche presentare dei vantaggi. Relativamente alle tre classi di 
combustibili secondari analizzate si hanno: 
 
Carboni di bassa qualità: si definiscono carboni di bassa qualità quei carboni che hanno 
delle proprietà in combustione che non ricadono nel range considerato ideale. Sono tali i 
carboni con un maggiore contenuto di zolfo, con un’elevata umidità e un basso potere 
calorifico inferiore (PCI anche LHV), con un alto contenuto o una composizione particolare 
delle ceneri e con un contenuto di volatili più basso o più alto del normale. 
Il contenuto di zolfo superiore alla norma determina una maggiore produzione di SO
2
 e un 
processo di desolforazione dei fumi più impegnativo. 
L’elevata quantità o la particolare composizione delle ceneri può determinare problemi di 
fouling (sporcamenti di matrice organica) o di slagging (formazione di scorie) delle 
apparecchiature, difficoltà nella rimozione del particolato, un volume maggiore di residui solidi 
da conferire in discarica e una riduzione del potere calorifico e della perdita di calore latente. 
Il punto di fusione delle ceneri e la tendenza all’agglomerazione delle particelle di carbone 
sono caratteristiche molto importanti in quanto possono anche compromettere la possibilità di 
bruciare il carbone con certe tecnologie. 
La fusibilità delle ceneri (parametrizzata in funzione della viscosità m) è determinata in base 
alla percentuale in peso di ossidi inorganici contenuta nelle stesse: 
 
 
 
 
Natale G. Calabretta                                                            Capitolo 1: I combustibili secondari: definizioni e trattamenti termici   
Facoltà di Ingegneria Univ. “La Sapienza” – Roma              
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La tendenza delle particelle ad agglomerare si misura, invece, con una prova standard da cui 
si ricava lo FSI (free swelling index) delle particelle. 
Un valore elevato dell’umidità intrinseca (la frazione di H
2
O “legata” che non può essere 
allontanata mediante semplice essiccamento) determina valori di LHV più bassi, in quanto 
una parte del calore sviluppato dalla combustione è perduto come calore latente di 
evaporazione di H
2
O. 
Se la quantità di prodotti rilasciata è scarsa, il calore prodotto dalla combustione dei medesimi 
può non essere sufficiente a sostenere la combustione che risulta molto più lenta per l’elevata 
quantità di residuo solido (char). 
Viceversa, la presenza di sostanze in eccesso può determinare problemi di ignizione e di 
stabilità di fiamma: infatti, quando nella fase di devolatilizzazione si libera velocemente una 
considerevole quantità di composti , questi possono creare nei dintorni della particella 
un’atmosfera riducente, inadatta al mantenimento della combustione. Per questo i carboni 
alto volatili si prestano ad essere impiegati nei processi deNOx fondati sul reburning 
(combustione a stadi). 
La quantità di umidità (sia superficiale che intrinseca), il contenuto di materia volatile (VM) e 
di ceneri (ash) sono determinati mediante analisi termogravimetrica (immediata) del carbone. 
Per differenza si ricava il contenuto di carbonio fisso (FC). 
Il contenuto di carbonio fisso e l’LHV sono indicativi del grado di fossilizzazione del carbone 
(rank), crescente nella serie da lignite a meta-antracite. 
La classificazione dei carboni secondo l’ASTM (American Society for Testing and Materials) è 
riportata nella seguente tabella: 
 
 
Tab. 1.3.1: Classificazione dei carboni secondo l’ASTM