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Le oreficerie di Vetulonia tra il tardo villanoviano e il periodo Orientalizzante

Analisi stilistiche e indagini scientifiche: la falsificazione degli originali antichi

Un tema ancora attuale e di fondamentale importanza, strettamente collegato all’oreficeria etrusca e antica in genere, è quello della falsificazione degli originali. A partire dal XIX secolo, l’enorme interesse rivolto da musei e collezionisti privati verso preziosi monili in oro e argento portò alla nascita di numerosi falsari che, grazie alle loro competenze tecniche in materia orafa, iniziarono a produrre fedeli imitazioni da commercializzare all’interno dei mercati antiquari, soprattutto esteri. In particolare, le contraffazioni di oreficerie etrusche, quelle eseguite con più cura e perizia tecnica, quindi le più difficili da smascherare, risalgono alla seconda metà dell’Ottocento e primi decenni del Novecento, e alcune fanno ancora sicuramente parte delle collezioni museali italiane.
Allo scopo di contrastare il fenomeno della produzione dei falsi, si è rivelato fondamentale l’apporto fornito da tecnici e ricercatori specializzati: grazie alle loro conoscenze scientifiche, essi hanno permesso di elaborare nuove tipologie di indagine da applicare nello studio dei manufatti antichi, in modo da fornire un solido supporto al metodo, non oggettivo, dell’analisi stilistico-tipologica dei reperti, la più utilizzata durante il Novecento. La fluorescenza a raggi X e l’uso del microscopio elettronico permettono infatti di individuare le diverse componenti delle leghe utilizzate in antico, eventuali tracce di altri metalli e la struttura del reperto, fornendo dati utili per distinguere gli originali dai falsi. Fondamentale però è anche la conoscenza delle tecniche orafe usate in antico, dei materiali e degli utensili, che permette di individuare con maggior facilità gli ornamenti contraffatti. Il solco elicoidale, per esempio, è caratteristico della lavorazione dei fili metallici utilizzati dagli etruschi (par. 3.3.3), quindi indice di autenticità, a differenza delle tracce longitudinali lasciate dal procedimento della tiratura a trafila, metodo conosciuto solo a partire dal periodo imperiale romano. Un altro elemento da tener presente è il materiale con cui erano realizzate le oreficerie: l’oro moderno usato dai falsari è infatti differente da quello antico, che risulta composto da una discreta quantità di argento e rame. Questo tipo di lega, a contatto con il terreno, subiva un processo di corrosione che lasciava sul monile evidenti tracce di usura. Quest’ultime dovevano in qualche modo essere riprodotte sul manufatto che si intendeva camuffare per originale; i falsari utilizzano a tale scopo agenti chimici corrosivi che però, data la loro aggressività, lasciano tracce più evidenti della corrosione naturale e perciò sono più facilmente individuabili tramite una semplice osservazione al microscopio ottico.
Concludendo, l’indagine scientifica da sola non è sufficiente a stabilire l’autenticità o meno di un determinato reperto: essa deve comunque andare di pari passo con la conoscenza storica, tenendo presente sia lo sviluppo delle tecniche antiche, sia il quadro storico-geografico in cui si inserisce il manufatto oggetto di studio.

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Le oreficerie di Vetulonia tra il tardo villanoviano e il periodo Orientalizzante

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Informazioni tesi

  Autore: Costanza Innocenti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia e Tutela dei Beni Archeologici, Artistici, Archivistici e Librari
  Relatore: Luca Cappuccini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 173

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