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Golden Power: natura e disciplina procedimentale

Aspetti critici e controversie in materia di golden power

Riassumendo brevemente quanto successo con la “Golden Share” è necessario rimarcare come, sin dalla sua introduzione, la normativa in tema di poteri speciali era stata considerata in varie sedi incompatibili con i principi di libera circolazione dei capitali e di libertà di stabilimento sanciti nei trattati comunitari, in quanto era considerata come forma di dissuasione all’investimento da parte di operatori di altri Stati membri nelle imprese considerate strategiche e quindi assoggettate alla disciplina della “golden share”.
L’Italia era stata dunque sanzionata dalla Corte di Giustizia europea con richiesta di introduzione di regole più certe che consentissero una valutazione ex ante delle possibili limitazioni all’attività ed alle operazioni riguardanti le imprese operanti nei settori interessati.
Nonostante le migliorie introdotte dalla nascita del “Golden Power”, come ad esempio un maggior raggio d’azione di assoggettabilità che comprendesse non solo le aziende privatizzate ma tutte quelle caratterizzabili come strategiche, rimase comunque incertezza sull’applicabilità della normativa in varie situazioni concrete e sulla prassi procedimentale. Con il passare del tempo, e attraverso numerosi decreti, si è assistito da una parte ad una maggiore specificazione degli ambiti concreti di applicazione della normativa, e dall’altra, ad un lento ma costante ampliamento dei settori e delle attività interessate. Si è arrivati così, con il Decreto Liquidità e con i suoi vari decreti “satellite” ad un amplissimo raggio d’azione dei poteri speciali, in ambiti che vanno dalla filiera agroalimentare ai microchip, dalla sanità al settore assicurativo. Viene da chiedersi se, a questo punto, non si sia andati troppo oltre, con una esageratamente vasta area sotto l’occhio vigile del Governo per quanto riguarda le operazioni rilevanti. Perché se da una parte questa nuova espansione multisettoriale è giustificata da una situazione straordinaria, quale è la pandemia globale da COVID-19, e da tutte le conseguenze che ne seguono, dall’altra è utile capire se le novità introdotte avranno carattere temporaneo o se rappresentano un definitivo inasprimento della disciplina (soprattutto considerandone l’applicabilità anche nei confronti di soggetti UE). Oltre alle criticità fin qui evidenziate, è chiaro che il principale rischio che tale decreto comporta è la possibilità di un calo dell’attrattività degli investimenti in Italia da parte di soggetti sia extra- UE che europei. L’estensione anche a soggetti interni all’Unione e l’indeterminatezza delle misure che il Governo può imporre agli acquirenti rendono meno appetibile agli occhi esterni l’investimento nel nostro paese. In più, la dilatazione dei tempi e l’incremento dei costi delle operazioni (dovuti ad esempio a studi preventivi, parcelle forensi e ricorso a società di consulenza) contribuiscono a disincentivare gli investimenti stranieri col rischio che essi optino per un ordinamento più aperto. Il pericolo è che questo risulti in una divisione dei mercati interni, in chiaro contrasto con l’obiettivo auspicato di un mercato europeo. Seppur questo appare legittimo in una situazione emergenziale, c’è la seria minaccia che in un contesto post-emergenziale possa comportare conflitti con l’art. 49 Tfue (libertà di stabilimento). Se infatti, il fine dei Golden Powers è quello di preservare le imprese nazionali strategiche da soggetti esteri ostili o che rappresentino Stati ostili, non appare giusto considerare gli Stati membri come tali (verrebbero a mancare, altrimenti, tutti i fondamenti della stessa Unione Europea). Andando nel dettaglio, l’Italia è già debole in termini di investimenti esteri: per il 2020 risulta quindicesima su venti nella classifica che tiene conto delle economie più importanti. È stato osservato come “la proprietà straniera significa integrazione delle nostre imprese in catene del valore mondiale, introduzione di pratiche gestionali più avanzate, diffusione di know-how e tecnologia: non è un caso se tutti i paesi cercano di attrarre, non scoraggiare, i capitali forestieri”. Lo stesso autore sottolinea, con una nota critica, come “rendere tutto “strategico” ha il dannosissimo effetto di aumentare la discrezionalità e l’influenza della politica e della burocrazia”; conclude dicendo come “se è vero che si può concordare sulla preservazione della sicurezza nazionale, possiamo non applicare i poteri di veto ai paesi europei ed amici, e per quelli che non rientrano in tale categoria si può scegliere la misura meno restrittiva”. Sarà quindi un importante argomento di dibattito per il futuro prossimo (una volta conclusa definitivamente l’emergenza pandemica) il protrarsi, o meno, dell’applicabilità della disciplina dei poteri speciali nei confronti dei Paesi membri.
Tra le novità considerabili, almeno in parte, “contestabili” portate dal “Decreto Liquidità” vi è poi l’introduzione dell’obbligo di notifica in caso di costituzione di imprese il cui oggetto sociale ricomprende lo svolgimento di attività di rilevanza strategica o che detengono attivi di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. Un cambiamento significativo della normativa, che dal controllo di acquisizioni predatorie su asset strategici e di contratti e fornitori ad alto rischio per la sicurezza di reti e dati (ad esempio il 5G e il cloud) verrebbe ora estesa alla semplice costituzione di una nuova società, che prima ancora di nascere dunque potrebbe essere oggetto di prescrizioni o condizioni, sempre che non venga previsto il vero e proprio veto all’operazione. Un nuovo tagliando alla disciplina, dunque, in chiave sempre più protezionistica.
Un altro aspetto da non sottovalutare, in materia di poteri speciali, è il numero di addetti e personale predisposti al suo rispetto, controllo ed esercizio. Sottolineando come le notifiche siano passate da poche decine nei primi anni di introduzione della nuova normativa (“Golden Power”), fino alle 342 del 2020 e alle 465 del 2021, è logico notare come debba anche essere contestualmente incrementato l’organico competente. Come sottolineato da Maurizio Mensi, professore della S.N.A. e della Luiss Guido Carli: “il meccanismo previsto è complesso e articolato; i settori di intervento sono stati allargati. Serve una dotazione cospicua di personale specializzato e qualificato, soprattutto per valutare gli effetti delle operazioni poste in essere, vale a dire le modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi o il cambiamento della destinazione relativi ai beni e servizi in questione”.
Gli ultimi decreti hanno rappresentato un importante passo in avanti, con la presidenza del Consiglio che sta potenziando la propria struttura per l’esercizio dei poteri, sia attraverso l’istituzione di un apposito Nucleo di valutazione e analisi strategica in materia di esercizio dei poteri speciali con funzioni di supporto tecnico alle strutture della Presidenza del Consiglio, che tramite la firma di un protocollo d’intesa tra Presidenza del Consiglio dei ministri e Guardia di finanza per lo scambio informativo e per gli accertamenti sull’eventuale inosservanza degli obblighi di notifica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Golden Power: natura e disciplina procedimentale

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Informazioni tesi

  Autore: Lorenzo Pozzoli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Commercio
  Relatore: Salvatore La Porta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 45

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Parole chiave

governo
diritto pubblico
golden share
golden power
poteri pubblici in economia
diritto economico

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