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I Saraceni e la leggenda della ''Corsa degli Scalzi''

Cabras e i Saraceni

L’XI secolo segnò l’inizio della grande reazione cristiana contro l’Islam, di cui le crociate ne furono la principale manifestazione. La Sardegna essendo particolarmente vicina all’Africa e alla Spagna, non poté sfuggire ai colpi della pirateria araba e a ciò si aggiunsero i navigli cristiani pisani e genovesi i quali, nonostante tutelassero i mari sardi da eventuali incursioni, miravano al dominio e al monopolio dell’isola.

Dopo l’XI secolo le incursioni arabe nell’isola diminuirono notevolmente. Per più di quattro secoli non si hanno notizie certe. Tuttavia, durante il sedicesimo secolo crescono le memorie della pirateria araba. La popolazione sarda fu incapace di tenere una vera e propria flotta navale e proprio per questo motivo chiese l’aiuto dei re d’Aragona e di Spagna in modo da poter provvedere alla loro difesa. La risposta ricevuta fu negativa nonostante, in quel periodo, le flotte spagnole navigassero, senza alcun problema, oltreoceano.
La Sardegna fu abbandonata a sé stessa e fu proprio per questo motivo che non rimase immune nemmeno alla pirateria capeggiata da Khayr al-Dīn, noto col nome di Barbarossa.

Le galere turche, navi da guerra e da commercio, durante il XVI secolo occupavano tutto il Mar Mediterraneo ed erano solite invadere le coste dell’isola sarda. Nel 1509 invasero nuovamente la costa del Sinis penetrando fino al villaggio di Cabras saccheggiandolo. Infatti, un decreto regio del 3 luglio 1514 afferma che il villaggio fu esentato dal pagamento delle tasse per circa sei anni. Cabras e il suo litorale furono una delle mete privilegiate dai pirati saraceni. I sistemi di difesa attuati sia dai sovrani spagnoli che da quelli piemontesi non ebbero alcun successo. Cabras, essendo molto vicina al mare, ogni anno veniva barbaramente tormentata dai pirati turchi. Addirittura venne radicalmente spopolata poiché gran parte della popolazione venne portata via. Gli abitanti di Cabras dovettero, a causa delle continue invasioni e dal pericolo e la paura che procuravano, stare sempre in guardia in caso di possibili attacchi.

Persino Marco Antonio Camos, inviato in Sardegna da Filippo II di Spagna, progettò invano un sistema difensivo basato sulla costruzione di torri nei litorali controllate da soldati. Il progetto consisteva nella costruzione di torri di controllo a difesa di porti, tonnare, peschiere e villaggi. Purtroppo, però, i facili approdi offerti dalle coste del Sinis rendevano quasi impossibile l’avvistamento da parte delle sentinelle di vedetta presenti sulle torri.

Le continue invasioni crearono una paura collettiva che si manifestò sotto forma di una continua tensione da parte degli abitanti del villaggio. Furono costruite proprio per questo motivo delle torri tra cui Turr’e su Pottu, di Pischeredda; la Vecchia di Capo San Marco; di San Giovanni di Sinis; di Svevo. Erano delle torri d’avvistamento collegate con la torre di difesa detta Gran Torre situata nel Golfo di Oristano, residenza militare.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I Saraceni e la leggenda della ''Corsa degli Scalzi''

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Vargiu
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Mediazione Linguistica e Culturale
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Angela Daiana Langone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 40

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