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Le nuove sfide dei mercati digitali. Il caso delle strategie anti-competitive di Amazon

Caso Apple-Amazon e-book

La complessa storia giudiziaria che ha visto come protagonisti cinque grandi editori e due delle aziende americane high-tech più note (Amazon e Apple) è stata una delle controversie di maggior rilievo nel contezioso Antitrust.
Amazon ne è risultata vincente ma sono stati tanti coloro che hanno criticato l’azione del governo, affermando che lo stesso avesse perseguitato l’attore sbagliato.
Era il 2008, Amazon dominava il mercato degli e-book statunitense con una quota di mercato pari al 90%. Gli accordi tra editori e distributori per la vendita degli e-book si basavano sul modello “wholesale”, in base al quale gli editori vendevano a un prezzo all’ingrosso e i rivenditori erano liberi autonomamente di fissare i prezzi al dettaglio.

Amazon, come già evidenziato nel primo paragrafo di questo capitolo, era entrata nel mercato degli e-book con un’aggressiva politica tariffaria sui titoli che figuravano tra i bestsellers nella classifica del “New York Times”: il prezzo veniva fissato a 9,99 dollari, ad un livello inferiore rispetto all’ammontare corrisposto agli editori per l’acquisizione dei diritti sugli e-book, pari in media a circa 12 dollari

Il prezzo estremamente basso suscitava timori e malumore tra gli editori per tre ragioni principali:
⁃ temevano che potesse favorire la cannibalizzazione dei libri tradizionali, il cui prezzo si aggirava intorno ai 3040 dollari;
⁃ ritenevano che i consumatori si sarebbero fidelizzati al prezzo di 9,99 dollari, allineando a tale soglia massima la loro” disponibilità a pagare” provocando nel lungo termine una diminuzione complessiva dei prezzi e una contrazione dei profitti per gli stessi editori;
⁃ sospettavano che Amazon volesse entrare con maggiore incidenza nel mercato editoriale, al fine di interfacciarsi direttamente con gli autori per la pubblicazione dei libri e arrivando in tal modo a competere con gli editori. In effetti è quello che si è verificato negli anni successivi con la diffusione del servizio Amazon-publishing.
Per evitare che tali preoccupazioni si traducessero in realtà le cinque case editrici appartenenti al gruppo “Big six”: Penguin, Simon & Schuster, HarperCollins, Hachette e Macmillan iniziarono a mettere in atto una serie di contromisure, dapprima su base individuale. Le case editrici non ci misero molto tempo per comprendere che solo tramite il coordinamento dei loro sforzi potevano indurre un cambiamento di rotta da parte di un “cliente” potente, quale era Amazon anche se da ciò fosse potuto emergere il “genus” di una qualche condotta anti-competitiva. Il lancio dell’IPad e la volontà di Apple di vendere gli e- book tramite la piattaforma rappresentò l’occasione perfetta per gli editori. Come sostenne il Dipartimento di Giustizia "l'ingresso di Apple nel business degli e-book ha fornito un'opportunità perfetta per un'azione collettiva per implementare il modello di agenzia e utilizzarlo per aumentare i prezzi degli e-book al dettaglio”.
Nell’accordo che Apple strinse con gli editori emergevano tre condizioni in particolare. La prima richiedeva il passaggio dal modello “wholesale” a contratti di distribuzione basati sul modello di agenzia. Gli editori potevano così recuperare il controllo sui prezzi ed Apple si riservava una commissione pari al 30% per ogni transazione conclusa. Gli altri due elementi contrattuali concordati furono: la definizione di “tetti di prezzo” e la strutturazione della clausola “most favoured customer”, necessari per il semplice motivo che se gli editori avessero fissato prezzi sull’IBookstore superiori al prezzo praticato da Amazon il negozio virtuale di Apple non avrebbe conseguito alcun profitto. Quale consumatore sarebbe stato disposto a pagare un prezzo più alto per titoli che avrebbero potuto tranquillamente trovare su Amazon a un prezzo decisamente più basso.
Venne individuato un “price tiers” per le diverse categorie di volumi digitali considerando i prezzi degli omologhi prodotti cartacei, proprio per limitare la temuta cannibalizzazione degli stessi.
La clausola faceva, invece, in modo che i prezzi fissati sull’IBookstore non fossero più alti di quelli praticati dagli altri distributori, compresa Amazon e concedeva ad Apple, qualora si fosse verificata tale situazione, il diritto di ribassare i prezzi al dettaglio per fare in modo che fossero allineati con quelli degli altri rivenditori. Possiamo notare come il successo di tale accordo dipendeva in gran parte se il modello di agenzia fosse stato applicato da Amazon; infatti, in caso contrario non ci sarebbe stato un aumento dei prezzi, visto che Amazon avrebbe mantenuto i prezzi dei bestsellers a 9,99 dollari ed Apple, come definito nell’accordo degli editori, si sarebbe allineata a tale prezzo.
La prima casa editrice a comunicare ad Amazon l’intenzione di voler adottare per la vendita degli e-book il modello di agenzia fu Mac Millan e se Amazon non avesse accettato avrebbe differito il rilascio delle versioni e-book dei nuovi titoli fino a sette mesi. Amazon reagì come previsto, rimuovendo quella stessa notte tutti i titoli digitali e cartacei di Macmillan. Tuttavia, tale azione non ebbe lunga vita perché anche gli altri quattro editori incominciarono a pressare Amazon, e di certo, Amazon non poteva rifiutare di trattare con tutti e cinque.
L’azione collettiva si dimostrò efficace e Amazon fu costretta ad arrendersi alla volontà dei “Big six”.
Circa due anni dopo la conclusione degli accordi tra le cinque case editrici ed Amazon vennero promosse presso la corte distrettuale meridionale del distretto di New York quattro distinte azioni giudiziarie nei confronti di Apple e dei cinque editori, tutte basate sull’accusa di aver realizzato un’intesa per la definizione dei prezzi sugli e-book in violazione della sezione 1 dello Sherman Act e fu il Giudice Cote chiamato a risolvere la controversia.
I tre editori Hachette, HarperCollins e Simon & Schuster e in seguito anche Penguin e Macmillan, decisero di patteggiare e raggiusero un accordo giudiziario sulla base di una proposta del Dipartimento di Giustizia che ruotava attorno a una serie di misure comportamenti al fine di ripristinare un mercato concorrenziale a beneficio dei consumatori sottolineando che l’adozione di un comportamento anti competitivo non potesse essere giustificato in alcun modo come risposta a una forma aggressiva di concorrenza(i prezzi sottocosto di Amazon). Tra i comportamenti definiti nel consent decree imposti agli editori risultavano: la fine degli accordi di agenzia con Apple; l’astensione, per un periodo di due anni, dal definire rapporti contrattuali con i distributori allo scopo di limitare le politiche di prezzo, quelle scontistiche o promozionali; la rinuncia alla conclusione di accordi di distribuzione che includessero clausole di prezzo most favoured customer; e il divieto di realizzare qualunque forma di coordinamento o di scambio di informazioni con altri editori sui termini di commercializzazione degli e-book.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le nuove sfide dei mercati digitali. Il caso delle strategie anti-competitive di Amazon

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Rugolo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Amministrazione delle Aziende
  Relatore: Claudia  Capozza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 77

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