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''Maschietto o femminuccia?'' - Analisi dei condizionamenti precoci nella costruzione dell'identità di genere

Colori di genere: storia e influenza

A forza d’averli sott’occhio, si finisce col non vederli più. Insomma, non li si prende sul serio. Errore! I colori non sono irrilevanti, tutt’altro. Veicolano dei codici, dei tabù, dei pregiudizi cui obbediamo senza saperlo, possiedono significati reconditi che influenzano profondamente il nostro ambiente, i nostri comportamenti, il nostro linguaggio e il nostro immaginario. [PASTOREAU Michel & SIMONNET Dominique, Il piccolo libro dei colori, Ponte alle Grazie, Milano 2006, P. 5]

La codifica dei colori di genere si ha quando determinati colori sono associati ad uno specifico sesso. Se oggi tutti diamo per scontato che il rosa rappresenta le femmine e l’azzurro i maschi, dall’ ‘800 e fino a circa gli anni ’50 del secolo scorso questi erano invertiti: si attribuiva l’azzurro alle femmine e il rosa ai maschi. Com’è possibile che questo scambio tanto eclatante possa essere passato inosservato?
Prima dell’‘800 non esisteva alcun codice cromatico identificativo per bambine e bambini, l’unico colore utilizzato per entrambi era il bianco. Questo era ritenuto il colore più adatto, poiché se sottoposto a frequenti lavaggi non sbiadiva e non si rovinava.
I colori negli abiti infantili sono stati introdotti verso la fine del XIX secolo e all’inizio del ‘900 è comparsa la prima divisione tra rosa e azzurro. In questo caso il rosa veniva assegnato ai maschi mentre l’azzurro alle femmine. Il primo era una sfumatura del rosso, un colore forte e deciso, che ricordava il sangue e quindi attribuito alla guerra, al potere, alla forza, alla determinazione e al coraggio. Tutte qualità ritenute indispensabili per gli uomini. Il secondo era più delicato e grazioso, veniva associato alla grazia, alla dolcezza, alla bellezza e alla mansuetudine. Tutte qualità ritenute indispensabili per le donne, ed ogni sua sfumatura veniva associata al velo della Vergine Maria.
Tra gli anni ’30 e gli anni ’40 del ‘900 è avvenuta un’inversione di tendenza: il rosa comincia ad essere visto come un colore adatto al genere femminile, mentre l’azzurro acquista virilità e mascolinità e viene associato al genere maschile. Ma la regola definitiva che vedeva protagonista questa nuova divisione dei colori si impose solo negli anni ’80, complice la diffusione della possibilità di scoprire il sesso del nascituro prima del parto. Contribuì anche la nascita e la dilagazione della rinomata bambola Barbie che proponeva come colore ideale per il mondo femminile il rosa, pensato per incarnarne la sua grazia e delicatezza. Lo scambio tra i due colori ha portato anche ad un’inversione tra i significati ad essi associati: se prima il rosa esprimeva forza e determinazione mentre il blu indicava la dolcezza e la graziosità adesso questi si sono invertiti. La questione del rosa e del blu non riguarda in realtà i colori, ma i significati a loro assegnati e le distinzioni di genere riflettenti le etichette sociali.
Attualmente alcune concezioni sono messe in discussione. Sebbene ancora molte bambine siano convinte che per essere femmine si debba amare il rosa, è concesso loro di vestire anche di azzurro. Non accade però la stessa cosa per i bambini, i quali non possono assolutamente indossare indumenti rosa se non vogliono essere presi in giro dai coetanei. Questo probabilmente a causa della ridefinizione dei confini dei ruoli e delle caratteristiche dei due sessi che vede una netta presa di posizione avanguardista da parte delle donne e un tentativo di opposizione e restaurazione dell’ordine tradizionale da parte degli uomini.
Un’iniziativa molto importante è la campagna inglese PinkStinks contro la presenza invasiva del rosa nella vita delle femmine e per stimolare nelle bambine la consapevolezza di poter raggiungere risultati soddisfacenti con le proprie capacità e non con l’aspetto fisico.
Non solo i colori sono associati e distinguono i due sessi ma sono anche i primi elementi simbolici capaci di differenziare i destini di vita maschili e femminili: il colore del corredino, quello della cameretta, il colore dei giocattoli e quello dei regali. L’arredamento della stanza deve essere frivolo per una femmina e rigoroso per un maschio, in modo da ottenere con interventi precoci i comportamenti desiderati. I giocattoli devono essere appropriati al sesso di appartenenza, generalmente macchinine per i maschi e bambole per le femmine. Anche il colore dei fiocchi appesi alle porte per indicare una nascita rispetta questa rigida dicotomia. I colori prestabiliti sono dei simboli comprensibili, capaci di identificare il sesso del neonato anche senza la presenza di comportamenti giudicati prettamente maschili o femminili.
Tutto viene deciso durante la gravidanza in base al sesso del nascituro, non siamo noi a scegliere, lo fa qualcun altro per noi, costringendoci ad assumere “preferenze” ritenute poi personali consapevolezze.
Di questa divisione dei colori beneficiano soprattutto le aziende che, producendo giochi e vestiti rosa per le femmine e azzurri per i maschi, ne hanno fatto una grande strategia di marketing: rendendo subito riconoscibili sugli scaffali gli oggetti per l’uno o per l’altro sesso hanno infatti facilitato il processo decisionale di acquisto. Ad ogni modo la storia dei colori dimostra come non ci sia assolutamente nulla di naturale nel significato attribuito al rosa e all’azzurro, tutto dipende dalla società, dagli usi e costumi e dal momento storico in cui viviamo.

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''Maschietto o femminuccia?'' - Analisi dei condizionamenti precoci nella costruzione dell'identità di genere

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Informazioni tesi

  Autore: Vittoria Palazzo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Irene Biemmi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

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Parole chiave

genere
identità di genere
femmina
maschio
condizionamento precoce
biemmi

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