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Cibo e pratiche alimentari ai tempi del lockdown. Rituali e forme di socialità domestica

Convivialità e forme del cibo

Secondo Roland Barthes in un saggio sulla psico-sociologia dell'alimentazione contemporanea, all'interno della società contemporanea dell'abbondanza, il cibo tende ad abbattere il suo valore nutrizionale per risaltare, invece, altri significati più superflui. L'etimologia della parola "convivio" secondo il dizionario Treccani, trae origine dal latino "convivium", derivato da "convivere" ovvero "vivere insieme"; pertanto si identifica il vivere insieme con il mangiare insieme. Infatti "la casa si identifica con il cibo che consente alla comunità domestica di viverci insieme: «andiamo a casa», nel lessico tradizionale romagnolo, vuol dire «entriamo in cucina»" (Montanari, 2005, p.131).
Ciò che mi preme sottolineare, è che soltanto l'eremita mangia in solitudine, poiché tutti gli altri gruppi, come famiglie e comunità, sono unite dal senso di appartenenza, anche se, non necessariamente sedere allo stesso tavolo è indice di amore e accordo, basti pensare ad esempio ai banchetti nobiliari o alla differenza dei ruoli fra maschi e femmine, ancora tutt'oggi esistente. Traslando questo discorso agli effetti del lockdown, si può accertare che anche durante questo periodo, gli individui hanno dovuto "vivere insieme" in modo coercitivo, perciò la pratica del "mangiare" era diventata frammentaria a causa dei diversi orari degli individui.
L'alimentazione è caratterizzata al suo interno da rappresentazioni sociali che fanno del cibo un vero e proprio "fatto sociale", ricco e corrispondente ad una rappresentazione collettiva. La pratica del "mangiare" mette in luce diversi aspetti sociali, culturali e economici; da un lato gli aspetti sociali e culturali sono connessi ad emozioni individuali e simboliche, motivo per cui, secondo Parsons (1955), il cibo si allaccia all'identità, pertanto com'è diffuso alla base della costruzione identitaria vi sono due processi essenziali: la differenziazione e l'appartenenza.
Riassumendo l'aspetto socio-relazionale possiamo dire che: cibo è relazione, cibo è condividere un pasto, cibo è condividere una cena con il proprio partner o un pranzo di lavoro, cibo è cucinare per passione nel tempo libero, cibo è condividere nei social i propri piatti o ricette, cibo è cucinare i piatti tradizionali del proprio paese, cibo è tutto questo, ma anche tanto altro.
Dall'altro lato, il cibo viene considerato come bene di consumo e come elemento economico, poiché riflette le condizioni di benessere economico di una data realtà. Riprendendo un pensiero del sociologo Georg Simmel (1910), è possibile constatare che il pasto, infatti, sia una delle principali forme di socievolezza, nel quale emergono sia il cibo che la forma del suo consumo. Pertanto, traslando questa riflessione al pensiero di Pierre Bourdieu, si constata che per provare certe sensazioni bisogna possedere determinate competenze gastronomiche e appartenere ad una determinata classe (élite). Esse sono collegate ad una questione di stratificazione sociale, in cui gli individui di una data società hanno un diverso capitale culturale e sociale (Cipolla, Corposanto, 2008).
Approfondendo in breve la questione, secondo Pierre Bourdieu nel testo "forme di capitale" a cura di Marco Santoro (2015), il capitale viene inteso come "risorsa accumulabile capace di diventare una base di potere", ne individua tre forme (culturale, economico, sociale), intorno alle quali gli agenti sociali della società contemporanea mobilitano le loro risorse non in modo costante, ma in base al capitale culturale ed economico di cui dispongono. Il capitale culturale è definito brevemente come l'insieme dei diversi tipi di conoscenze, competenze e altre risorse culturali che permettono all'attore sociale di rappresentare, in modo consapevole o meno, la propria posizione di classe all'interno di un determinato contesto. Pertanto, secondo Bourdieu (1992) gli individui più giovani giungono socializzati differentemente a seconda della classe sociale a cui appartiene la loro famiglia, apprendendo così determinati gusti, comportamenti e atteggiamenti che li differenziano dagli individui delle altre classi. Tali membri interiorizzano tali insegnamenti, trasformandoli così nel loro habitus sociale e mentale.
Ciò che mi preme evidenziare, è che queste tre forme o specie di capitale, sono convertibili entro i loro limiti; pertanto il capitale culturale si relaziona con il capitale economico e sociale, nel piano delle relazioni potenzialmente preziose sul piano economico che deriva dall'appartenenza ad un gruppo. Per tale ragione, il cibo, come altri elementi, è un esempio di capitale culturale, sociale, economico, ma anche simbolico, poiché in base all'habitus, schema strutturale che ogni individuo possiede e motore della riproduzione essendo collegato alla struttura sociale (classe, professione, etnia ecc…), gli individui detengono specifiche competenze, in tal caso sul piano culinario.
Concludo questo primo capitolo, riportando una citazione di Roland Barthes pubblicata "Semiotica del gusto: linguaggi della cucina, del cibo, della tavola" (Marrone, 2016, p.4):
"Che cos'è il cibo? Non è soltanto una collezione di prodotti, bisognosi di studi statistici o dietetici. È anche e nello stesso tempo un sistema di comunicazione, un corpo di immagini, un protocollo di usi, di situazioni e di comportamenti. [...]".
Il cibo può assumere molteplici forme e significati, pertanto è anche delineato come linguaggio all'interno di un sistema di comunicazione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Cibo e pratiche alimentari ai tempi del lockdown. Rituali e forme di socialità domestica

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgia Michielon
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Scienze storiche
  Relatore: Francesca Setiffi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 118

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