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L'impatto della cybersecurity negli equilibri geopolitici: dalla cyberwarfare alla cyberdiplomacy

Definizione e sviluppo della Cyberdiplomacy

Le guerre e i sistemi d’arma cambiano volto e si evolvono, le forze armate si professionalizzano, i centri di gravità si spostano verso infrastrutture critiche prettamente civili, i contendenti del potere mondiale si moltiplicano, ma il principio alla base di ogni guerra rimane lo stesso nel corso dei lustri. Per evitare l’uso della forza bruta bisogna saper impiegare il proprio apparato coercitivo, conoscendo fino in fondo l’avversario, i suoi punti di forza e le vulnerabilità: ottenere ciò che vogliamo da un avversario e vincere una guerra senza nemmeno combatterla è il sogno di ogni stratega. La coercizione è un metodo per portare l’avversario sul terreno della contrattazione e indurlo a fare ciò che noi vogliamo, senza essere obbligati a costringerlo, addirittura facendogli credere con l’inganno di essere stato accontentato. Naturalmente affinché la negoziazione possa raggiungere questi esiti è necessario che ci siano degli interessi in comune tra i due contendenti.
È sugli interessi comuni che si può delineare un terreno di contrattazione, per questo una cooperazione internazionale fra i vari Stati è ritenuta indispensabile e imprescindibile per il concetto di sicurezza mondiale: la diplomazia ha giocato un ruolo rilevante tra le potenze nucleari e lo gioca ancor di più con le armi cibernetiche. Si ricorda infatti che le ultime non potranno mai escludere l’impiego delle prime, le quali non sono state impiegate proprio grazie alla strategia di deterrenza e la dottrina di MAD (Mutual Assured Destruction), anzi, gli attacchi cibernetici per il loro potenziale impiego in ogni ambito delle nostre vite devono assolutamente essere disciplinati e regolamentati, per evitare soprattutto che attori privati e organizzazioni di varia natura possano indiscriminatamente colpire obiettivi vitali e generare danni irreversibili.
La strategia di deterrenza nucleare ha funzionato finora perché gli attori erano Stati forti e consolidati, ma arginare i non-states e alcuni stati emergenti, risolvere i vari tipi di minaccia cibernetica, potrebbe richiedere una strategia differente, basata su una cooperazione fra tutte le nazioni, una strategia nuova di sicurezza cyber, un’information sharing fra tutti, perché è sulle informazioni che si basa lo spazio cibernetico in cui vengono perpetrati gli attacchi offensivi.
In qualità di soggetti attivi del diritto internazionale, gli Stati devono avviare negoziazioni diplomatiche per promuovere una struttura di cooperazione internazionale che garantisca la resilienza del cyberspace contro ogni tipo di minaccia. Definire quali siano o meno le attività cibernetiche ritenute legittime all’interno del nuovo dominio spetta innanzitutto ai governi mondiali con le loro linee guida di politica estera e di sicurezza, prima ancora che il problema venga trattato dalla comunità internazionale; l’alternativa diplomatica alla cyberwarfare è possibile solo se tutti gli Stati più potenti cercano e stabiliscono un approccio comune alla questione.
La Scuola Inglese di Relazioni Internazionali definisce la diplomazia il tentativo di regolare gli interessi conflittuali attraverso la negoziazione e il compromesso, un’istituzione fondamentale della Società Internazionale, mentre dichiara che la “cyberdiplomacy è un’emergente disciplina internazionale che tenta di costruire una comunità cibernetica fra stati, un ponte di collegamento tra gli interessi nazionali degli stati e le dinamiche della nuova società mondiale, regno predominante in cui il cyberspace si è evoluto nelle ultime quattro decadi.”
Se fino a qualche anno fa lo spazio cibernetico era rimasto predominio esclusivo di conferenze tecniche sulla cybersecurity, negli ultimi anni il processo di politicizzazione, parallelo alla militarizzazione del campo, ha fatto entrare in scena gli attori diplomatici, i quali si sono altresì dovuti adattare ai cambiamenti tecnologici. La cyberdiplomacy può essere vista come l’ultimo step in cui è progressivamente evoluto il ruolo della diplomazia nell’era digitale; essa è per definizione “la diplomazia nel dominio cibernetico o l’uso dei mezzi e delle funzioni diplomatiche per assicurare gli interessi nazionali in relazione al cyberspace”. Non va confusa con la digital diplomacy, che riguarda invece l’uso dei mezzi digitali, le nuove tecnologie e i social media da parte dei diplomatici nell’ambito delle loro attività tradizionali: “la diplomazia digitale è l’applicazione degli strumenti digitali alle attività dei diplomatici, mentre la cyberdiplomacy è l’applicazione della diplomazia al cyberspace.”
Le funzioni principali dei rappresentanti diplomatici, ossia la rappresentanza della propria nazione, la raccolta e l’analisi di informazioni provenienti dagli altri paesi, la comunicazione con i vertici politici, la negoziazione degli accordi e la rappresentanza di una società di stati disposti a costruire coalizioni, non sono state rimpiazzate da altri incarichi nell’era digitale, ma hanno dovuto adattarsi ed estendere le loro interazioni con attori prima non appartenenti alla politica estera, affrontando questioni che erano al di fuori degli interessi nazionali.
La diplomazia del mondo cyber deve tener conto di numerose organizzazioni regionali e internazionali - governative e non - imprese multinazionali, networks di individui influenti, attori non statali, come i leader delle grandi piattaforme Facebook e Google, aziende tecnologiche e organizzazioni civili, che devono essere inseriti nelle negoziazioni e nei dialoghi, in quanto rappresentanti delle nuove forme di potere, i nuovi imperi della digitalizzazione.
Comprendere come interagire con i nuovi attori diventa essenziale per indurli ad unirsi alla comunità internazionale; la capacità dei diplomatici di vedere il mondo in sfumature di grigio e la loro abilità nel gestire i problemi devono essere integrate in un approccio diplomatico multi- stakeholder, che prevede il coinvolgimento di più soggetti interessati ad ogni singola attività. In questo approccio sono le capacità tipicamente diplomatiche che permetteranno di realizzare coalizioni e accordi internazionali: la capacità di desiderare obiettivi non ottimali ma realizzabili, piuttosto che insistere sulle soluzioni migliori ma difficili da raggiungere, quella di accettare che i problemi a livello globale possano solo essere gestiti e difficilmente risolti, e l’abilità di costruire network multilivello ed eterogenei di stati e privati.
Nell’agenda della cyberdiplomacy incontriamo tutte quelle questioni che fino a poco tempo fa erano trattate sotto un aspetto puramente tecnico, fin quando non sono state inserire nella sfera politica interna e poi tra i principali topics di politica estera.
Tali tematiche hanno radici nella diplomazia classica e necessitano di essere connesse con la cybersecurity e il cyberpower. La diplomazia deve mostrare la sua natura flessibile, versatile, adattiva nella dimensione cibernetica; l’azione diplomatica si sposta nelle relazioni internazionali del cyberspace.
L’approccio diplomatico può completare gli approcci tecnici con l’analisi delle minacce cibernetiche, le strategie di minimizzazione dei rischi, le strategie diplomatiche per incrementare la collaborazione fra governi e compagnie private, quelle di diplomazia pubblica per rinforzare il supporto della popolazione, i processi di socializzazione per trasformare in comunità le supply chains: tutto ciò è possibile attraverso un uso sapiente e disciplinato dei media e social media, oltre alla facilità di costruire network digitali fra i vari attori.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'impatto della cybersecurity negli equilibri geopolitici: dalla cyberwarfare alla cyberdiplomacy

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Informazioni tesi

  Autore: Dalila Gubitosa
  Tipo: Tesi di Master
Master in Geopolitica della sicurezza
Anno: 2021
Docente/Relatore: Chiappetta Andrea
Istituito da: Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 54

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Parole chiave

sicurezza
resilienza
cybersecurity
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cibernetico
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cyberdiplomacy
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