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Arnaldo da Brescia fra i protagonisti del suo tempo

Due diversi modi di vivere la spiritualità

Abelardo e Bernardo, due uomini diversi in tante cose e simili in tante altre ma sicuramente interpreti di primo piano dei fermenti intellettuali della prima metà del XII secolo.
La completa vittoria di Bernardo al concilio di Sens del 1140 non vuol dire che la fede abbia trionfato sulla ragione perché il conflitto non era tra fede e ragione ma tra due modi di intendere la spiritualità cristiana, modi diversi perché diverse erano state le loro esperienze di vita, differenti i gruppi sociali di appartenenza ed anche diversi i due uomini fra loro.
Le prime differenze culturali sono visibili nella scelta di vita fatta dai due: scuola e monastero. Ma anche all’interno di queste scelte entrambi non si sono mai limitati nel polemizzare con i compagni di viaggio manifestando spesso posizioni non ortodosse.
Per entrambi la vita doveva essere guidata dalle Sacre Scritture, che essi studiarono approfonditamente e la ragione era vista come strumento di supporto alla fede.
Quindi più che una differenza nel concepire il rapporto tra fede e ragione, la diversità tra Bernardo ed Abelardo sta nel diverso atteggiamento spirituale di fronte a Dio, originato dal diverso approccio teologico che nasce negli ambienti di cui essi sono il simbolo: il chiostro e la scuola, ambienti che comunque hanno assorbito, elaborato e manifestato in modo diverso il desiderio di una radicale riforma della Chiesa.

Bernardo ed Abelardo hanno avuto storie personali diverse, esperienze favorite dalle loro personalità uniche e forti, che si sono affrontate in uno scontro il cui contenuto non era ideologico ma avveniva sul terreno della diversa espressione della spiritualità, uno intendendo che questa dovesse scaturire dall’intelletto e l’altro dall’amore. Ma era sempre spiritualità cristiana, anche se connotata dalla cultura dominante di ciascuno.
Bernardo è l’immagine del mistico, avversario dei dialettici, al centro dei principali problemi politici del suo tempo, ascoltato dai potenti e a sua volta potentissimo, sostenitore di un ritorno del monachesimo benedettino alle sue origini di povertà, lavoro, obbedienza, lontano dai lussi. Per lui l’attività intellettuale svolta in filosofia e in teologia è utile perché predispone alla contemplazione, non perché spiega il disegno divino.
Sul piano morale ha una visione pessimistica dell’uomo, nato nel peccato e destinato a generare peccatori, la cui salvezza è possibile solo attraverso la mediazione di Cristo e nel praticare l’umiltà rinunciando alla superbia e all’amore di sé.
Per Bernardo l’amore è quella forza che porta ad una perfetta fusione dello spirito in Dio, generata dall’amore di Dio stesso verso gli uomini attraverso il sacrificio del Suo Figlio.
Ma Bernardo è anche un organizzatore, scrive le regole dell’ordine Templare, fondato 1119 da Ugo di Payns, suo parente, ed anche prospetta una riorganizzazione del clero.
Esalta la vita contemplativa come la sola che, attraverso la visione mistica, può portare a una concezione dei dogmi della fede cristiana basata sull’etica e sull’amore; un amore verso Dio che contempla anche la Crociata e l’uccisione degli infedeli come mezzo per ottenere il Paradiso. In qualche modo è anch’egli un crociato contro l’eresia che combatte ovunque e comunque.
Quando attacca la corruzione ed i suoi avversari è padrone di una eloquenza esaltata, enfatica e ricca di figure retoriche; quando parla della Vergine Maria è più delicato nell’espressione, quando scrive a Ermengarda d’Angiò è passionale ma quasi trattenuto e preoccupato che il suo amore non venga frainteso; quando scrive al Papa non dimentica le diverse posizioni ma anche ammonisce e consiglia.
Se Bernardo ha un approccio mistico alla conoscenza di Dio, Abelardo mostra una spiritualità intellettuale, chiede di capire per credere: è una posizione controcorrente, nuova, dirompente che gli procura successo e problemi.
Bernardo trova nei legami familiari, che mantiene anche in convento, supporto alla sua azione, aiuto e riconoscimento; Abelardo è sempre solo con sé stesso nonostante la moltitudine di studenti che lo segue. Solo nel successo, solo nella disgrazia: soltanto Pietro il Venerabile sarà caritatevole con lui e pochi discepoli fedeli avranno affetto per lui, fra questi Arnaldo da Brescia.

Abelardo è prima di tutto un uomo, con tutti i suoi peccati ma anche con l’intelletto dato da Dio come mezzo per arrivare a Lui: filosofo, logico, oratore appassionato, maestro trascinatore, polemico arguto, ma anche uomo con le sue passioni, sfortunato, con una vita avventurosa.
Il suo successo lo pone sotto i riflettori e le sue posizioni, ritenute eretiche nei riguardi del dogma trinitario, gli guadagnano una prima scomunica già nel 1121 al concilio di Soissons, favorita anche dalla scandalosa vicenda dell’amore con Eloisa che conduce entrambi in convento.
I dubbi lo tormentano molto più di quanto non facciano con Bernardo e cerca pace nella vita eremitica ma la sua razionalità lo spinge sempre ad indagare, e la sua personalità lo porta ancora all’insegnamento in cui ha enorme successo.
Gli interessi iniziali di Abelardo sono soprattutto per la logica o dialettica, che egli intende come arte di distinguere la verità o la falsità del discorso. Quando passa ad affrontare questioni teologiche ritiene che in ciò che può essere discusso dalla ragione, il ricorso all’autorità della Chiesa non sia più necessario. Sulle cose divine la ragione da sola è insufficiente ma non significa che sulle cose della fede non si debba discutere: anche per credere occorre intendere ciò che si crede e rendersi conto che i contenuti della fede non danno luogo a proposizioni contraddittorie.
Anche i Padri della Chiesa sembrano avere opinioni contrastanti sulle stesse verità della fede e Abelardo formula un metodo ed una serie di criteri per valutare ed eventualmente appianare tali divergenze.

Abelardo rivendica così libertà di giudizio anche nei confronti delle opere dei Padri, le quali non devono essere lette con l'obbligo di credere. In tal modo Abelardo arriva a rivalutare i contributi dei filosofi pagani e ad affermare che anch'essi già prima di Cristo hanno scoperto alcune verità.
Sa che la sua esposizione lo condanna a subire gli attacchi dei suoi potenti avversari. Il voler dimostrare le verità divine attraverso la ragione e non solo attraverso l’insegnamento della Chiesa, il conferire importanza all’intenzione e alla consapevolezza del peccatore, fatto che porterebbe a negare il peccato originale, l’aderire al realismo moderato nella questione degli universali, sono negazione di verità di fede, minacce per il potere assoluto della Chiesa nell’insegnamento cristiano, eresia.
Con queste posizioni Abelardo si oppone anche al formalismo ecclesiastico, raccogliendo in qualche modo la protesta che animava alcuni movimenti religiosi popolari.
Non ha senso oggi prendere posizione pro o contro l’uno o l’altro, troppo semplice etichettarli l’uno come l’uomo dell’avvenire e l’altro come uomo del passato, città contro società feudale, razionale contro mistico: sono uomini del loro tempo, in un periodo in cui il mondo era percorso da nuove forze economiche e sociali, da tensioni politiche e religiose innovatrici.
Forse Bernardo è uomo più in accordo con la realtà del suo tempo ed Abelardo ha una visione più innovativa, di rottura, ma entrambi sono tormentati nell’animo dal desiderio di conoscere, pur in modi diversi, la luce di Dio.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Arnaldo da Brescia fra i protagonisti del suo tempo

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Informazioni tesi

  Autore: Giovanna Barabino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia
  Relatore: Elisabetta Colagrossi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 54

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