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Donne che lottano: dalle Suffragette alle Pussy Riot e Femen

Due prospettive di femminismo: liberale e sociale

Dal momento che tutte le donne, indipendentemente dal loro status sociale, vivevano una situazione di discriminazione, emersero diverse esigenze e rivendicazioni.
Si vennero così a creare due diverse prospettive: quella del femminismo liberale, che perseguiva il principale scopo della conquista dei diritti di cittadinanza e la riforma dei codici, e quella del femminismo socialista, che mirava invece a rivendicazioni di natura politico-sindacale, come il diritto di voto e gli aumenti salariali.
La prospettiva femminista “liberale” si afferma negli ultimi decenni dell’Ottocento e nel primo ventennio del Novecento. Si tratta della cosiddetta “prima ondata” del femminismo.
In generale il femminismo liberale si prefigge la parità giuridica e politica fra i sessi. Il femminismo liberale ha storicamente lottato per cercare di abolire le leggi e le altre forme di discriminazione contro le donne per consentire loro le stesse opportunità degli uomini, cercando di modificare la struttura sociale per far sì che alla donna fossero concessi gli stessi diritti che ha l’uomo (Bell Hooks 1984). La sua parola chiave è uguaglianza.
Dalla collaborazione tra la filosofa inglese Harriet Taylor e l’economista e filosofo John Stuart Mill (suo consorte) derivarono due importanti opere sulla questione femminile.
Nella prima, pubblicata nel 1851, “L’emancipazione delle donne” (The Enfranchisement of Women), rifiutano la presunta inferiorità femminile per natura. Taylor affermava che ogni individuo avrebbe dovuto avere il diritto di esprimere in pieno le proprie capacità, mentre il potere politico conquistato dall’uomo aveva prodotto quella subordinazione e sottomissione che caratterizzava la posizione della donna nella comunità (Mill 1851).
Per liberare le donne propongono un’eguale educazione formativa, una paritaria rappresentazione sociale e politica, l’acquisizione del diritto di voto, l’accesso alle professioni mediche, legali e religiose e la possibilità di intraprendere attività economiche. Inoltre, credono che l’emancipazione si realizzi anche nella liberazione delle donne dagli obblighi familiari.
Taylor affermava che, con la liberazione dagli impegni familiari, la donna sarebbe stata in grado di raggiungere quell’emancipazione che da sempre ricercava (ibidem).
Ovviamente secondo questa prospettiva una reale emancipazione non può essere ottenuta da tutte le donne, ma solo da quelle della classe media che potranno liberarsi dagli obblighi familiari.
In “L’asservimento delle donne” (The Subjection of Women), secondo saggio pubblicato nel 1869, Stuart Mill identificava la causa della mancanza del riconoscimento dei diritti civili alle donne nella storica subordinazione della donna all’uomo la quale rappresentava una forma di schiavitù esercitata dagli uomini principalmente nel luogo privato della famiglia (Mill, 1869).
Essa è resa possibile dalla maggior forza fisica dell’uomo, ma si esercita anche con l’affetto. Secondo Mill, infatti, gli uomini non vogliono solamente l’obbedienza delle donne, vogliono anche i loro sentimenti. Tutti gli uomini, tranne i più brutali, vogliono non una schiava forzata, ma una schiava volontaria, una favorita (ibidem).
Tale prospettiva di vita è stata inculcata nelle menti delle donne fin dall’infanzia. Esse sono state educate a pensare di dover essere l’opposto dell’uomo, e ad essere sottomesse a loro.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Donne che lottano: dalle Suffragette alle Pussy Riot e Femen

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Zappalà
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Gianni Piazza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 89

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femminismo
movimenti femministi
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