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Prezzi predatori: una comparazione tra la disciplina antitrust statunitense ed europea.

Evoluzione del diritto antitrust: il diritto dei concorrenti

Il caso Standard Oil fece scalpore negli Stati Uniti, e non solo: la spiegazione predatoria dei ribassi dei prezzi pareva logicamente inoppugnabile; inoltre il meccanismo si segnalava per la sua disarmante semplicità e i riscontri empirici sembravano confortare la diffusione e la pericolosità del fenomeno.

Peraltro, la normativa antitrust contenuta nello Sherman Act aveva mostrato da subito delle lacune sul piano applicativo, dovute principalmente alla scarsa chiarezza (applicativa) della norma. A fronte della sopravvenuta necessità di procedere alla modifica del testo di legge, nel 1914 il Congresso degli Stati Uniti approvò il testo di legge dell'omonimo legislatore: il Clayton Act.

Il Clayton Act mirava ad una maggiore razionalizzazione nell'applicazione delle norme in materia di concorrenza, vietando, per quale che concerne le "predatory price discriminations", tutte le discriminazioni di prezzo, accentuando enormemente l'intervento preventivo della legge sulle pratiche considerate anticoncorrenziali.

Inoltre il Clayton Act, sopperendo alle lacune della precedente legislazione, cristallizza in maniera definitiva l'illiceità di alcuni comportamenti monopolistici da parte delle imprese. Un esempio tra tutti è rappresentato dai contratti c.d "tying", il cui divieto è contenuto nel §3 del Clayton Act. Questa previsione non è l'unica, giacché è possibile affermare che, all'interno dei comportamenti monopolistici oggetto di divieto da parte del Clayton Antitrust Act, sono ricomprese anche le fattispecie riguardanti la discriminazione di prezzo da parte del venditore, come previsto dal §2 della stessa legge, emendata poi dal Robinson-Patman Act.

Nello stesso anno fu approvato anche il Federal Trade Commission Act con il quale veniva creata un'autorità pubblica indipendente (la Federal Trade Commission) con il compito di perseguire i metodi sleali di concorrenza, tra i quali: i prezzi predatori, e promuovere la "fair competition" (concorrenza leale) nel mercato Statunitense; nel lessico del legislatore federale si cristallizzò un passaggio decisivo per comprendere in chiave storica lo sviluppo della materia: il concetto di pratica scorretta ed il concetto di pratica monopolistica si concentrarono prevalentemente intorno alla figura dei prezzi predatori.

Il processo di inasprimento della legislazione antitrust federale proseguì negli anni successivi: nel 1916 lo Shipping Act vietò l'uso dei prezzi predatori attuato dalle "conferences" marittime, mentre il Revenue Act andò a vietare i prezzi predatori praticati da esportatori stranieri a danno delle imprese americane.

Tuttavia, il periodo di recessione che si aprì nell'ottobre 1929 fece cadere tutte le convinzioni economiche allora imperanti. Il principio cardine che si credeva vegliare sull'intero processo di sviluppo capitalistico; la "legge di Say" si rivelò inconsistente di fronte al tracollo dei prezzi indotto dalla contrazione della domanda sul mercato americano. Per fronteggiare la crisi iniziata nel Ventinove, Franklin D. Roosevelt nel 1933 promosse l'adozione del National Industrial Recovery Act (NIRA), che delegò alle associazioni imprenditoriali la stesura di codici di concorrenza che sarebbero stati approvati dalla National Recovery Administration.

Sospendendo l'applicazione del diritto antitrust per tutte le imprese – sull'assunto che per fronteggiare la crisi sarebbe servita cooperazione e non concorrenza – fecero la loro apparizione i National Recovery Administration Codes of Fair Competition (NRA codes) contenenti disposizioni in materia.

Solo due anni dopo, nel 1935, la Suprema Corte dichiarò l'incostituzionalità del NIRA e furono immediatamente introdotte nuove leggi statali sulla concorrenza. Fu approvato nel 1936 il Robinson-Patman Act, con il fine di modificare ed integrare il Clayton Act, in modo da colpire anche le differenze di prezzo aventi per effetto l'alterazione della concorrenza al livello dei contraenti dell'impresa discriminatrice. La norma proibisce qualsiasi tipo di discriminazione basata sul prezzo di vendita di "prodotti dello stesso grado e tipo di qualità", destinati alla vendita o all'uso nel mercato statunitense, qualora ne possa derivare un pregiudizio rilevante alla libera concorrenza. Tale normativa, tuttavia, pare avere come fine principale quello di proteggere i concorrenti e non la concorrenza, peggiorando anche il benessere dei consumatori, infatti: proteggere le discriminazioni di prezzo senza rapportarle ad alcuna misura di costo vuol dire impedire lo stesso gioco concorrenziale.

Tuttavia non può sorprendere che certe istanze potessero essere calate all'interno di una legge definita antimonopolistica. Dai prezzi discriminatori con finalità predatoria si è passati a un divieto di prezzi discriminatori fini a sé stessi e al divieto di vendita sottocosto pura e semplice, mostrando uno gradualeo dal concetto di concorrenza inteso come processo selettivo al concetto di tutela di pluralità di imprese operanti sul mercato; finendo proprio per proteggere le imprese dal rigore del processo di selezione concorrenziale.

La fase post-depressiva, infatti, si caratterizzava per l'elaborazione della cosiddetta teoria strutturalista o costruttivista, associata al riemergere delle ragioni dell'intervento pubblico nell'economia. Da tale impostazione deriva un giudizio aprioristico di pericolosità di talune pratiche, fondato sul loro intento anticoncorrenziale e svincolato dai loro effetti concreti. La politica antitrust deve garantire le condizioni di mercato minime necessarie al conseguimento dell'ottimo economico relativo e, pertanto, deve favorire strutture di mercato caratterizzate da una molteplicità di players, dall'assenza di situazioni di monopolio o di concentrazione e di barriere all'entrata.

Nell'applicazione del diritto della concorrenza, l'approccio strutturalista si fonda su obiettivi non economici, in particolare sulla definizione di regole di condotta per una "fair competition" e sulla limitazione della crescita dimensionale delle imprese. Quando la tutela della concorrenza assume come proprio fine il mantenimento di un certo numero di operatori sul mercato, si finisce necessariamente per proteggere le imprese, tutelando, in favore dell'efficienza, l'equità dei mercati.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Prezzi predatori: una comparazione tra la disciplina antitrust statunitense ed europea.

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Informazioni tesi

  Autore: Valerio Micheli
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Alessandro Palmieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 109

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Parole chiave

antitrust
monopolio
abuso di posizione dominante
prezzi predatori
predatory pricing
vendita sottocosto

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