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L'influenza degli aspetti psicologici nella sindrome femoro-rotulea (PFPS): una revisione narrativa della letteratura

Fattori psicologici nella sindrome femoro-rotulea

Nella sindrome femoro-rotulea è stato stimato che il 70-90% dei pazienti sviluppano un dolore cronico anteriore al ginocchio (Sanchis-Alfonso, 2014), e nonostante i benefici apportati dal trattamento convenzionale, più del 50% lamentano ancora dolore al follow-up dopo 5-20 anni dalla diagnosi (Lack et al., 2018).
Per comprendere correttamente il dolore cronico (inteso come dolore persistente per almeno 3 mesi (Geneen et al., 2017)) si devono considerare non solo i fattori anatomici, biologici e biomeccanici ma anche i fattori psicologici e sociali.
Questo approccio è noto come modello biopsicosociale. Questo modello suggerisce che le variazioni interpersonali nella percezione del dolore cronico e il suo impatto sulla vita quotidiana dipendano anche dai processi cognitivi ed emotivi. Recentemente è stato suggerito che la catastrofizzazione (la convinzione che il dolore peggiorerà e
nulla possa impedirlo) e la kinesiofobia (la convinzione che il movimento causerà una ricaduta o una nuova lesione, e quindi il mantenimento del dolore) siano processi legati alla cronicizzazione del dolore e alla disabilità del paziente (Sanchis-Alfonso, 2014). Infatti, è stato osservato che persone con dolore cronico anteriore al ginocchio ed elevata disabilità mostrano un’alta incidenza di ansia, depressione, kinesiofobia e catastrofizzazione (Sanchis-Alfonso, 2014).
La catastrofizzazione, ovvero la credenza che il dolore non migliorerà mai più, è stato dimostrato essere correlata con una maggiore attività cerebrale dei centri del dolore, inclusi i processi emozionali e anticipatori. Quindi in pazienti con sindrome femoro- rotulea questi aspetti psicologici non dovrebbero essere ignorati, in quanto potrebbero evitare la cronicizzazione del dolore o migliorare la sintomatologia dolorosa (Stein e Strickland, 2019). Nel già citato studio di Sanchis-Alfonso si evidenzia come pazienti che non vedono il dolore come una minaccia e svolgono normalmente le loro attività quotidiane hanno maggiori probabilità di migliorare ed evitare che il dolore diventi cronico.
Nella sindrome femoro-rotulea, inoltre, non c’è una forte correlazione tra il danno strutturale e il dolore. Infatti in molti pazienti che provano dolore anteriore al ginocchio non sono rilevabili delle variazioni anatomiche e strutturali che facciano pensare alla sindrome femoro-rotulea così come il contrario (nessun dolore riferito, nonostante evidenti variazioni anatomiche e strutturali che farebbero pensare alla sindrome femoro-rotulea) (Sanchis-Alfonso, 2014).
Per questi motivi oltre alle componenti neuroanatomiche e cinematiche bisogna considerare anche i fattori psicologici negli obiettivi terapeutici al fine di migliorare il trattamento convenzionale. D’altronde però, gli stessi meccanismi psicologici (kinesiofobia e catastrofizzazione) sono presenti anche in pazienti con chiari danni strutturali e con alterazioni cinematiche, svolgendo un importante ruolo come modulatore del dolore (Sanchis-Alfonso, 2014).

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'influenza degli aspetti psicologici nella sindrome femoro-rotulea (PFPS): una revisione narrativa della letteratura

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Capobianco
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi del Piemonte Orientale A.Avogadro
  Facoltà: Medicina e Chirurgia
  Corso: Fisioterapia
  Relatore: Corrado Forni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 51

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Parole chiave

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dolore anteriore di ginocchio
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aspetti psicologici nella sindrome femoro rotulea
kinesiophobia
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