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Le alterazione del sistema delle fonti del diritto: i D.P.C.M. al tempo del Covid-19

I D.P.C.M.

I Decreti del Presidente del Consiglio, citati nel paragrafo 1, sono collocabili dal punto di vista formale tra gli atti amministrativi o, al più, tra le fonti di secondo grado: perciò l’utilizzo di questi, durante l’emergenza del COVID-19, posto varie perplessità a causa del fatto che, in questa circostanza, i DPCM hanno limitato diversi diritti costituzionali, come, ad esempio, il diritto al lavoro, la libertà di circolazione, il diritto a riunirsi, diritto all’istruzione, il diritto alla salute.
I d.P.C.M. anti-Covid, invece, sono stati previsti al fine specifico di bilanciare/limitare temporaneamente i diritti costituzionali: ad essi, dunque, è attribuito il contenuto della fonte primaria in senso pieno, cioè quel contenuto in presenza del quale la Corte costituzionale, con una pronuncia interpretativa di accoglimento, ha accertato la violazione degli artt. 70, 76 e 77 Cost. da parte dell’art. 2 TULPS (sent. 26/1961): ritenendo, evidentemente, che ordinanze previste per limitare i diritti costituzionali equivalgano a fonti primarie.”
L’utilizzo dei DPCM non risale solo ai tempi nostri, ma “il d.P.C.m. ha continuato ad essere impiegato costantemente quale strumento di intervento privilegiato del Presidente del Consiglio, anche in ragione della posizione costituzionale che l’articolo 95 della Costituzione configura nel contesto della nostra forma di governo, in nome delle funzioni di coordinamento dell’attività dei ministri e di indirizzo unitario dell’azione di governo che gli vengono riconosciute.”.
Dato che si deve operare l’identificazione della loro natura caso per caso, possiamo esaminare i diversi atti emanati nel passato come, ad esempio, quelli che hanno disciplinato materie come l’organizzazione interna della Presidenza del Consiglio; possiamo citare quelli che hanno istituito comitati, ad esempio, il DPCM del 28 marzo 1990, istitutivo del Comitato nazionale per la bioetica.
Ci sono DPCM che hanno creato diverse commissioni (come la Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose) strutture di supporto di commissari straordinari (ad esempio, il DPCM del 1° marzo 2006 il quale istituisce la Struttura a supporto del Commissario straordinario del Governo per l’asse ferroviario Torino-Lione), strutture di missione, unità speciali e dipartimenti.
Naturalmente, oltre ad organizzare la Presidenza del Consiglio, i DPCM sono usati anche per gli altri organi dell’Esecutivo, come il DPCM 10 novembre 1993 “Regolamento interno del Consiglio dei Ministri” adottato ai sensi dell’art. 4, comma 4, della legge n.400, con successiva modifica ad opera del DPCM 20 marzo 2002 e dell’art.1 DPCM 7 settembre 2007 riguardante, appunto, il Consiglio dei Ministri.
Infine, a seguito del decreto-legge n.22 del 2021, il c.d. "decreto Ministeri" del Governo Draghi, sono stati emanati DPCM che riguardano i singoli Ministeri, come: il DPCM 20 maggio 2021, n.102 il quale istituisce il Ministero del Turismo.
Oltre ad organizzare il Governo, questi sono stati utilizzati anche per regolamentare il rapporto tra Stato e Regioni, dato che è stata istituita la Conferenza Stato-Regioni tramite DPCM 13 ottobre 1983. Il funzionamento della conferenza è regolato, per gli aspetti generali, dall’articolo 12 della legge 400 del 1988 e dal decreto legislativo 281 del 1997.

Ci sono DPCM che determinano compensi o liquidano indennità, come il DPCM 23 marzo 1995, ed altri che stabiliscono criteri di natura finanziari, come il DPCM 7 maggio 1999, n.199.
Un’altra materia, che già veniva regolamentata con questi strumenti, è la tutela della salute; infatti, ci sono vari atti che la concernono, come il DPCM 8 luglio 2003 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, il quale stabilisce i limiti dei campi elettromagnetici. Inoltre, essi hanno definito anche i LEA, ossia i livelli essenziali di assistenza, regolamentati dal DPCM 29 novembre 2001 poi aggiornato con DPCM 12 gennaio 2017.
Un evento di rilevanza mondiale come l’EXPO è stato identificato come “grande evento” dal DPCM 30 agosto 2007 (Dichiarazione di grande evento nella città di Milano per l’Expo universale 2015).
I DPCM costituiscono, dal punto di vista scientifico, uno degli oggetti più difficilmente perscrutabili dell’orizzonte ordinamentale, per diverse ragioni”. Questi atti possono, incidere sia a livello di organizzazione interna ma anche a rilevanza esterna e questo è molto importante perché, quando hanno rilevanza esterna, la denominazione dei DPCM individua atti anche normativi del Presidente del Consiglio dei ministri: nel momento in cui egli esercita un'autonoma volontà regolamentare di portata esterna suggerisce come prenderà forma la sua autorità.
Preludio all’adozione di DPCM è la deliberazione con cui, ai sensi della Legge n. 225 del 1992, ad oggi del D. Lgs. n.1 del 2018: il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio o, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della Protezione Civile, adotta la risposta ad eventi straordinari quali “calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”.
Proprio con i DPCM sono stati dichiarati vari stati di emergenza deliberati dal Consiglio dei ministri, come il DPCM 14 luglio 2000 per i territori gravemente danneggiati dagli incendi o il DPCM 20 marzo 2002 per l’eccezionale afflusso di extracomunitari, e ciò ha comportato la messa in stato di emergenza con la possibilità di adottare ordinanze, sempre nel rispetto dei principi dell’ordinamento, ex art. 5, comma 2, L. n.225 del 1992 e art. 25 D.lgs. n.2 del 2018.
Nell’emergenza Covid-19, il Governo guidato da Giuseppe Conte, adottava il decreto- legge del 22 febbraio 2020, ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, per affrontare la crisi, ma rinviava ad un apposito DPCM l’elenco specifico di quali misure fra quelle complessivamente previste dal decreto-legge fossero atte a contenere la diffusione e la gestione della situazione pandemica. Così, è stato emanato un decreto-legge (fonte primaria), però tutte le misure importanti sono state specificate dai DPCM (fonte secondaria) “un atto non disciplinato da disposizioni normative univoche e rientranti nel quadro di una regolazione organica e compiuta”.
Il DPCM è uno dei tanti strumenti del Governo per svolgere la funzione di indirizzo politico e coordinamento, ma la natura di questo atto è difficile da individuare perché l’art.17 L.400 del 1988 “non appare tale da fornire un contributo decisivo per la configurazione del potere regolamentare», avendo al contrario favorito il dilagare del ben noto fenomeno della «fuga dal regolamento», che ha poi trovato nella figura dei decreti non aventi natura regolamentare una delle sue espressioni più plastiche”.
I DPCM si basano su fonti di primo grado come le leggi, i decreti legislativi e decreti- legge. Per quanto riguarda leggi e decreti legislativi, come indica lo stesso art. 17, comma 1, della L. n. 400, gli stessi possono essere seguiti da regolamenti integrativi, esecutivi ed attuativi; quindi il problema non sussiste se si introducono nuovi atti, naturalmente con le necessità di rispettare quanto già stabilito dalla fonte primaria.
Invece, per quanto riguarda il secondo mezzo di fonte primaria, il decreto-legge, è diverso perché “un decreto-legge che abbisogni di un regolamento attuativo difficilmente può dirsi fondato su presupposti di straordinaria necessità e urgenza, poiché l’arco temporale necessario all’elaborazione della fonte secondaria smentisce in radice l’indifferibilità della misura”.
Ci sono state spesso situazioni nelle quali mancavano i requisiti di necessità ed urgenza, previsti dall’art.77 Cost, al punto che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il decreto-legge per mancanza dei requisiti fondamentali con sentenza n. 171/2007, e con sentenza n. 128/2008. Inoltre, il Consiglio di Stato, Ad. gen., parere 11 aprile 1996, ha specificato che il richiamo di una fonte normativa secondaria nei decreti-legge o, comunque, l'esigenza che le disposizioni del decreto siano integrate da regolamenti possono costituire, nella puntuale verifica della fattispecie, un sintomo della mancanza delle condizioni di costituzionalità, alle quali è subordinato l'esercizio della decretazione di urgenza.
I DPCM vengono emanati in forza dell’17, comma 3, L. 400 del 1988, ma nel caso questi non dovessero rispettare le regole per la formazione di un regolamento, impreviste, ma le regole derogatorie fissate dalla fonte primaria dei decreti-legge e decreti legislativi, si potrebbe affermare che si tratta di regolamenti atipici.
Infatti, la Corte Costituzionale ha provato ad intervenire con la sentenza n. 134 del 2006 dichiarando che “lo stesso decreto del Presidente del Consiglio ha anch'esso analoga natura”, a quella del regolamento ministeriale. “Nel caso del DPCM è la stessa disposizione legislativa che ne evidenzia la natura parlando di "regolamenti dei Ministeri... [che] possono essere adottati con decreto del Presidente del Consiglio"”; invece, in alcuni casi è dovuto intervenire il Consiglio di Stato a provvedere al riconoscimento dell’identità dell’atto, come citato sopra per le questioni dei LEA.
Nella sentenza n. 116 del 2006 la Corte Costituzionale ha chiamato il DPCM "un atto statale dalla indefinibile natura giuridica", in relazione ad un decreto di cui era stata dichiarata la natura esplicitamente non regolamentare, sanzionando così l'incostituzionalità della norma che lo prevedeva, ma per profili relativi alla violazione della divisione di competenze Stato-Regioni ai sensi dell'articolo 117, comma 6, Cost., non entrando nel merito della qualificazione dell’atto.
Per quanto riguarda la formazione dei DPCM, questi vengono emanati tramite decreto con l’intestazione “Il Presidente del Consiglio” e a seguire un'introduzione che include i riferimenti normativi che conferiscono all'organo la facoltà di disporre, le giustificazioni per farlo e il processo per la creazione dell'atto. Dato che l’art.17 non è esaustivo, bisogna rifarsi a indicazioni generali per capire il procedimento di formazione; perciò, se pensiamo al DPCM come un ad un regolamento ministeriale, si dovrebbe applicare l’iter previsto all’art. 17, comma 3; invece, i DPCM organizzativi potrebbero essere disciplinati dall’art.17, comma 1, lett. d); infine, per i DPCM delegificanti potrebbe applicarsi l’art.17, comma 2.
Per quanto riguarda i decreti organizzativi del Segretario generale, essi non sono assoggettati né al parere del Consiglio di Stato, né alla registrazione della Corte dei Conti: infatti, si potrebbe parlare di “fuga dal Consiglio di Stato”. Le cui cause sembrano difficili da individuare in modo specifico perché il principale organo di consulenza e di giustizia amministrativa è spesso criticato per essere troppo vicino al Governo, il che ne pregiudica l'indipendenza. Benché il parere debba essere formulato entro 45 giorni e il tempo medio per l'approvazione del DPCM sia intorno ai 55 giorni, la motivazione dell’esclusione del Consiglio di Stato non sembra neppure essere il problema della velocità dell’emissione dei pareri.
[…]

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Le alterazione del sistema delle fonti del diritto: i D.P.C.M. al tempo del Covid-19

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Lucia Traldi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Operatore Giuridico d'Impresa
  Corso: Scienze dei servizi giuridici
  Relatore: Silvio Troilo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

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