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Il licenziamento per scarso rendimento

I parametri dello scarso rendimento: il caso dei lavoratori del trasporto pubblico

Alla luce dell’importanza e dell’apporto che forniscono i parametri oggettivi riguardo l’inquadramento della condotta del lavoratore nell’ipotesi di scarso rendimento, ne risulta dunque fondamentale l’individuazione.
Tali parametri si identificano in ordine alla valutazione della diligenza richiesta al lavoratore subordinato.
La ricerca di tali parametri, soprattutto di recente, è stata costante da parte della giurisprudenza ed in tal senso due sono stati i casi esemplificativi di maggiore rilevanza che, secondo aspetti diversi, ne hanno consentito una sommaria individuazione: il caso di cui si tratta nel presente paragrafo, relativo al licenziamento del lavoratore autoferrotranviere, ed il caso del produttore assicurativo, di cui si discute più avanti.
Difatti, tali esempi sono fondamentali poiché dimostrano che i parametri che si utilizzano per qualificare come scarso il rendimento del lavoratore possono essere individuati in due modi diversi: nella prima ipotesi, relativa al lavoratore autoferrotranviere, tali parametri sono previsti direttamente in alcune disposizioni di legge, mentre in quella relativa al produttore assicurativo possono essere “aggiunti” nel contratto, quando inseriti all’interno delle c.d. clausole di rendimento minimo.
Per quanto riguarda il primo caso, esso si riferisce ai dipendenti del settore di imprese esercenti pubblici servizi di trasporto, e, come si vedrà, si ricollega anche alla tematica delle ripetute assenze nell’ambito dello scarso rendimento.

Nonostante il tema dello scarso rendimento in questo settore sia di estrema attualità, come confermato da alcune recenti sentenze, la norma di riferimento principale, sebbene tutt’ora vigente, è risalente.
Tale riferimento normativo è rappresentato dall’art 27, comma 1, lett. d) dell’allegato A al r.d. n. 148/1931 in cui si prevede la possibilità di disporre l’esonero definitivo dal servizio nei confronti dei lavoratori del settore auto-tram-ferroviario a causa dello scarso rendimento.
La Corte di Cassazione, coerentemente con numerosi precedenti conformi, ha affermato nella maggior parte dei casi che l’esonero dal servizio di questa categoria di lavoratori per scarso rendimento è sottoposto ai criteri di valutazione tipici del giustificato motivo soggettivo.
Nello specifico, il rapporto di lavoro dei dipendenti di imprese esercenti pubblici servizi di trasporto gode di una disciplina particolare in quanto sottoposto ad un’organica normativa di carattere speciale contenuta in questo regolamento.
Questa speciale disciplina è giustificata dalla peculiarità del rapporto di lavoro del personale addetto al trasporto pubblico.
Tali lavoratori, infatti, godono di importanti garanzie relativamente alla stabilità del posto di lavoro ed al riconoscimento di una congrua retribuzione: questo impiego nel settore del trasporto pubblico presenta caratteristiche simili alla condizione lavorativa dei dipendenti pubblici, motivo per il quale si ritiene che occupi una posizione intermedia collocata tra il rapporto di pubblico impiego e l’ordinario rapporto di lavoro privato. Si tratta certamente di un rapporto di lavoro speciale, e, in quanto tale, regolato da un sistema di leggi parzialmente autonomo.
Proprio la specialità di detto rapporto aveva portato una parte della giurisprudenza a supporre che l’autonomo corpo normativo fosse stato in qualche modo contaminato dallo schema del rapporto di impiego pubblico, che ha sempre qualificato lo scarso rendimento come ipotesi di oggettiva non efficacia della prestazione.
La Corte di legittimità, invece, partendo dal presupposto che il sistema dei trasporti pubblici e del rapporto di lavoro dei dipendenti addetti a questi servizi si stesse progressivamente avvicinando al regime privatistico, e constatando che il pubblico impiego si stesse sempre più contrattualizzando, ha rimarcato, in questo caso, la necessità di integrare tali istituti nel momento in cui la relativa specifica regolamentazione risultasse incompatibile con il sistema normativo nel suo complesso.
È utile evidenziare come l’art. 27 del Regolamento sullo stato giuridico degli autoferrotranvieri preveda più condizioni sulla base delle quali l’azienda possa decidere di procedere con l’esonero definitivo dall’impiego degli agenti stabili.
Tra queste condizioni, quelle che più rilevano ai fini del presente elaborato sono sicuramente fornite dalle lettere b, c e d dell’articolo in esame.
Le lettere b e c trattano rispettivamente i casi di:
• “inabilità al servizio nelle funzioni proprie della qualifica di cui è rivestito l’agente quando non accetti altre mansioni, compatibili con le sue attitudini o condizioni”.
• “palese insufficienza nell’adempimento delle funzioni del proprio grado non imputabile a colpa dell’agente, quando questi non accetti il grado inferiore che gli può essere assegnato”.
La lettera d è però sicuramente quella ha destato maggiore interesse tra gli interpreti: quest’ultima racchiude al suo interno due condizioni differenti, almeno in teoria, come “lo scarso rendimento e la palese insufficienza imputabile a colpa dell’agente nel compiere le funzioni del proprio grado”.

Queste ultime due ipotesi di insufficienza imputabile a colpa dell’agente e scarso rendimento, si differenziano dalle precedenti in modo sostanziale in quanto l’unico esito previsto è rappresentato dall’esonero definitivo, cioè la più “drastica” tra le misure disciplinari che può subire il lavoratore in questi casi, mentre nelle lettere b e c viene proposta anche una sanzione conservativa, rappresentata dalla possibilità di un’alternativa dal punto di vista delle mansioni da svolgere o del grado dell’impiego da rivestire.
La Corte di Cassazione, avallando la tesi soggettiva per licenziamento in presenza dei presupposti appena citati, prendendo in esame l’art. 27, lett. d) del regolamento, si è chiesta se lo scarso rendimento debba essere valutato solo sul piano oggettivo o se si renda necessario, come per il caso della palese insufficienza, richiedere anche un giudizio di imputabilità della condotta.
La scelta tra le due opzioni interpretative ha delle conseguenze rilevanti anche sotto il profilo applicativo: l’imputabilità presuppone che il lavoratore sia ritenuto quantomeno colpevole dell’inadempimento, specie nel momento in cui la valutazione dello scarso rendimento in senso oggettivo preveda che la prestazione dello stesso venga ritenuta inadeguata rispetto alle necessità tecniche ed ai fini organizzativi dell’azienda.
Al riguardo, studiosi ed esperti hanno dunque ragionato su tale questione: partendo dal presupposto che insufficienza imputabile e scarso rendimento sono entrambi previsti nella lettera d del regolamento, si sono chiesti se anche per lo scarso rendimento sia previsto un giudizio di imputabilità come nel caso dell’insufficienza o se ne sia completamente estraneo.
Questo perché, qualora questo giudizio di imputabilità a colpa dell’agente sia necessario, allora lo scarso rendimento si potrebbe configurare quale motivo soggettivo di licenziamento, mentre nel caso opposto, lo scarso rendimento si qualificherebbe come motivo oggettivo.
La tecnica normativa utilizzata per la stesura della norma, dunque, specialmente a causa della sua struttura, incuriosisce ed incentiva la riflessione sul tema, proprio a causa delle sue conseguenze applicative.
È dunque utile esaminare la fattispecie dello scarso rendimento dei lavoratori del trasporto pubblico per comprendere come lo stesso fenomeno possa essere ricondotto alla sfera soggettiva o a quella oggettiva a seconda degli orientamenti contrapposti.
La risposta al quesito da parte della Suprema Corte è stata positiva, in quanto ha valutato come necessario il giudizio di imputabilità in entrambe le fattispecie.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, nella maggior parte dei casi considera l’insufficienza imputabile e lo scarso rendimento come ipotesi diverse dai restanti casi di esonero proprio perché al loro interno si necessita sempre di un giudizio di responsabilità, mentre negli altri casi ciò non avviene.

A tal proposito, l’insufficienza si imputa per inidoneità professionale del dipendente incolpevole, a cui però viene concessa la possibilità di accettare il grado inferiore che possa essergli assegnato, mentre al lavoratore colpevole non viene accordato tale beneficio.
Lo scarso rendimento, invece, riguarda tutti quei comportamenti che a causa di negligenza, imprudenza o imperizia gravino sull’organizzazione del lavoro e sul suo funzionamento.
La giustificazione dell’adesione a tale teoria è chiara: dalla scelta del legislatore di disciplinare in modo congiunto la palese insufficienza imputabile e lo scarso rendimento, è possibile dedurre che in entrambe le fattispecie sia sottinteso un giudizio di negligenza della condotta, imputabile all’autore. Un ulteriore argomento a sostegno della rilevanza soggettiva dello scarso rendimento è rinvenuto nella considerazione per cui lo stesso regolamento non consente di utilizzare la malattia del lavoratore, tipico fatto non imputabile, al fine di legittimare il recesso per scarso rendimento e sono per essa previste diverse modalità di adozione del provvedimento di esonero (art. 27, lett. b).
Vi è poi un ultimo elemento che sorregge la tesi della necessaria volontarietà del comportamento che integra lo scarso rendimento, e cioè la considerazione per cui sarebbe palesemente contraddittorio che per lo scarso rendimento incolpevole non fosse concessa al lavoratore l’alternativa delle mansioni di grado più basso, prevista invece nei casi di inabilità e di palese insufficienza incolpevole.
Alla luce di queste considerazioni, la corte di legittimità ha qualificato lo scarso rendimento come motivo soggettivo, assimilandolo all’ipotesi di insufficienza imputabile, proprio in ragione della coesistenza delle due previsioni nella medesima lettera della norma.
D’altra parte, l’orientamento giurisprudenziale che riteneva ininfluente la condotta negligente del lavoratore nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri nei casi di recesso per scarso rendimento è rimasto assolutamente minoritario.
Questo orientamento ha sempre distinto la palese insufficienza, intesa come inidoneità professionale, imputabile o meno, dallo scarso rendimento, inteso in tal senso come causa oggettiva di risoluzione del rapporto di lavoro.
Anche i fautori della tesi oggettiva in realtà hanno posto le proprie basi argomentative sull’analisi della lettera della norma per motivare i propri ragionamenti, in particolare rimarcando la scelta, all’interno del regolamento, di prevedere una pluralità di ipotesi normative.
Essi hanno sottolineato come nell’art. 27 lett. d) l’aggettivo “imputabile” sia indicato al singolare, come se si riferisse solo all’insufficienza.
Questa scelta terminologica potrebbe indurre l’interprete a ritenere che l’inadempimento, inteso come insufficienza imputabile della prestazione, riguardasse solo la prima ipotesi e non anche lo scarso rendimento.
Tale conclusione favorirebbe la convinzione per cui lo scarso rendimento, indipendentemente dalla responsabilità del lavoratore, riguardi tutte quelle ipotesi che comprendono situazioni di oggettiva incompatibilità con la conservazione del rapporto di lavoro.
In alternativa, si potrebbero in effetti presentare delle difficoltà nel distinguere quali comportamenti integrino lo scarso rendimento e quali l’insufficienza imputabile della prestazione, poiché, da un punto di vista pratico, essi potrebbero essere ricondotti sia all’una che all’altra condizione.
Secondo i sostenitori della tesi oggettiva, dunque, il fatto che la disposizione normativa disciplini la palese insufficienza imputabile e lo scarso rendimento in modo congiunto, indurrebbe a ritenere che lo scarso rendimento sia quello non imputabile, questo perché in alternativa sarebbe difficile distinguere le due fattispecie, e solo questo giudizio di imputabilità ne giustificherebbe la suddivisione. In altre parole, non ci sarebbe motivo di porre come diverse le ipotesi di insufficienza e di scarso rendimento, qualora in entrambe l’inadempimento fosse imputabile.
Tale ricostruzione non è in realtà del tutto convincente. Difatti, non parrebbero sussistenti dei comportamenti incolpevoli che integrino le situazioni di incompatibilità con il mantenimento del posto di lavoro che non siano riconducibili ad eventi già specificamente regolati dalla legge come la malattia o l’inabilità alle funzioni sopravvenute. Al di fuori di queste espresse previsioni, è difficile ipotizzare comportamenti che prescindano dalla volontà dell’agente così gravi da legittimarne il licenziamento e l’ipotesi oggettiva di scarso rendimento, se così intesa, non troverebbe alcun campo di applicazione.
Anche nel regime generale infatti una parte, in realtà minoritaria, della giurisprudenza di legittimità e di merito ha aderito alla tesi della natura oggettiva del licenziamento per scarso rendimento, quale “fatto” attinente alla sfera del lavoratore, purché rilevante sul contesto aziendale in quanto capace di rendere la prestazione di lavoro inutile per il datore di lavoro.
È da notare però come i casi analizzati più di frequente, in questo contesto, al fine di elaborare la tesi oggettiva di licenziamento per scarso rendimento, abbiano ad oggetto sempre lo stesso tipo di fattispecie: le assenze del dipendente per malattia.
La tematica riguardante le ripetitive assenze del lavoratore, tuttavia, è molto ampia ed è anch’essa dibattuta tra gli studiosi in relazione alla qualificazione delle stesse assenze come motivo soggettivo o oggettivo di licenziamento nell’ambito dello scarso rendimento.
Prima di soffermarsi sull’analisi delle assenze degli impiegati del trasporto pubblico però, risulta opportuno analizzare come le stesse assenze, con riferimento alla prestazione lavorativa, vengano intese e disciplinate all’interno del regime ordinario.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il licenziamento per scarso rendimento

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Informazioni tesi

  Autore: Michelangelo Margiotta Casaluci
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Simone Varva
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 110

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