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Discrezionalità amministrativa e tecnica. Vizi dell'atto amministrativo

I principi rilevanti nell’attività amministrativa

Nell’individuazione prevista dall’art.1 della citata legge si pone evidenza inizialmente ai fini determinati dalle legge. La legge infatti come è stato già annotato (cfr.Cap. I°-par.1.2) non può esimersi dall’attribuire potestà all’autorità amministrativa e deve necessariamente indicare le competenze, cioè le specie di provvedimenti che l’autorità potrà adottare. Ciò oltre che essere elemento volto ad impedire che l’amministrazione possa individuare da sé i propri fini, rileva in quanto è espressione della sovranità popolare.

In secondo luogo viene in rilievo il principio di economicità, termine con il quale si identifica il rapporto tra i risultati che si intendono raggiungere e l’insieme delle risorse che devono essere utilizzate a tal scopo. Sul punto si deve osservare che la congruità tra i due aspetti indicati è assoggettata ad una pluralità di strumenti amministrativi che si attivano nell’ambito della disciplina del bilancio, della contrattazione collettiva, del controllo di gestione, sino alla più recente disciplina dei risultati e delle performance.

Il terzo principio che rileva all’interno dell’attività amministrativa è il già citato principio di efficacia. Esso rileva nel rapporto tra obiettivi preordinati ed effettivi risultati conseguiti. Ovvio è che l’amministrazione è tesa, nell’esercizio dell’attività, al raggiungimento di predeterminati obiettivi. Questi sono determinati dall’organo politico. In tal senso il controllo strategico è uno strumento importante per il controllo dell’avanzamento dell’attività rivolta al raggiungimento dei singoli obiettivi e per eventuali correttivi che dovessero rendersi necessari per reindirizzare l’azione amministrativa nella prospettiva politica preventivamente definita.

I principi di pubblicità e trasparenza sono declinati in una serie di norme individuabile all’interno del corpo della legge n.241/1990. Essa infatti affida all’istituto dell’avvio del procedimento la volontà del legislatore di avvicinare la macchina burocratica alle concrete esigenze dei consociati. Il diritto di partecipazione consente inoltre ai soggetti interessati di intervenire nel procedimento con scritti e documenti che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ai fini della propria decisione. In tal senso viene in rilievo la relativa autonomia del responsabile del procedimento, rappresentata dagli elementi descritti nell’art. 6, della citata legge, i quali posseggono indubbi, anche se limitati, caratteri di discrezionalità.

Infatti in tale norma rileva un certo grado di incertezza nella definizione dei presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento, ed ancora si aprono diverse vie laddove si afferma che è facoltà del responsabile del procedimento adottare ogni misura idonea per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria, anche attraverso la possibilità di esperire accertamenti tecnici ed ispezioni. Ovvio è che nel caso in cui il responsabile del procedimento sia anche organo competente all’adozione del provvedimento finale non si rilevano particolari criticità in relazione alla correlazione che sussiste tra fase di accertamento dei presupposti e successiva fase decisoria del provvedimento finale, in ragione della coincidenza tra il soggetto accertatore e l’organo a cui è attribuito il potere decisorio all’esito della fase istruttoria. Un discorso diverso sembra presentarsi nel caso in cui non vi sia coincidenza tra i soggetti; in tal caso il legislatore ha dovuto provvedere per risolvere il possibile conflitto tra la valutazione a riscontro dell’istruttoria, attività che compete al responsabile del procedimento, e la diversa valutazione discrezionale, posta in capo al responsabile dirigente. E’ così che la norma di cui all’art.6, comma 1, lett.e), così come modificata con l’art.4, comma 1, della legge n.15/2005, prevede che: “l’organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale”. Si costituisce quindi, in un certo senso, una sorta di vincolo verso il responsabile del provvedimento. Questi infatti potrà certo discostarsi dalle altrui conclusioni, ma solo indicandone le motivazioni, pena la configurazione di un vizio di legittimità del provvedimento.

In definitiva, l'autonomia del responsabile del procedimento ha gradi diversi di incisività ed assume un valore massimo nelle relazioni burocratiche interne, quelle relative in particolare agli aspetti gestionali del procedimento, mentre possiede una rilevanza minima quando la relazione si estende all’esterno, luogo dove l’area di autonomia del designato responsabile entra in contatto con l’area della responsabilità del responsabile del procedimento è massima dove è massima la sua autonomia, cioè nell'ambito della sfera gestionale dell’attività procedimentale, minima dove l'autonomia è limitata dallo svolgersi della funzione di direzione e di controllo del dirigente.
Ecco allora che il responsabile del procedimento non è da considerarsi quale mero esecutore materiale delle direttive impartite dal dirigente, al contrario egli risulta investito di ampia autonomia operativa tecnico-discrezionale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Discrezionalità amministrativa e tecnica. Vizi dell'atto amministrativo

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Informazioni tesi

  Autore: Ugo Mascetti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi Guglielmo Marconi
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze dei servizi giuridici
  Relatore: Gabriele Pepe
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 104

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Parole chiave

amministrativo
amministrativa
discrezionalità
vizi
illegittimità
eccesso di potere
incompetenza
violazione di legge
discrezionale
figure sintomatiche

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