Skip to content

Replicabilità del Modello dei Distretti Industriali nei Paesi In Via Di Sviluppo. Analisi di alcune evidenze empiriche.

Il decennio degli anni Novanta: problemi per i distretti industriali italiani

Nonostante i primi esempi agli inizi dell'Ottocento, la maggior parte dei DI italiani si è sviluppata soprattutto nel secondo dopoguerra, quando un elevato numero di specializzazioni di carattere artigianale sparse sul territorio, centro-settentrionale si sono evolute verso la produzione manifatturiera.

In particolare, l'avvio del boom del fenomeno distrettuale italiano può essere collocato subito dopo la fine del "miracolo economico". Nonostante la ricostruzione post bellica e gli anni dal 1958 al 1963, con la recessione del 1964-65, i rallentati tassi di crescita e le dimensioni del mercato interno italiano non furono più tali da garantire alle imprese distrettuali adeguati margini di sviluppo.
Conseguentemente gli operatori del made in Italy spostarono l'attenzione sui mercati internazionali, aprendo le imprese distrettuali ai concorrenti stranieri.

Il DI è un luogo, spesso geograficamente "isolato" o decentrato, caratterizzato da forti identità culturali, sociali e civili; gode di straordinarie competenze specialistiche, personale altamente qualificato, piccole-medie imprese e un forte meccanismo competitivo che, come una selezione naturale, permette la sopravvivenza solo delle imprese migliori e più innovative.

Così, mentre la grande impresa italiana pubblica e privata era ancora prevalentemente concentrata sul mercato interno, le imprese distrettuali hanno iniziato a rendere più efficienti i propri processi produttivi, ad accrescere la qualità dei prodotti, a valorizzare quella "caratteristica innovazione di tipo informale e incrementale, essenzialmente italiana, che trova la sua massima espressione nel design e nella ingegnosa sofisticazione delle caratteristiche funzionali dei prodotti".

Incredibili furono gli effetti positivi: molti lavoratori dei DI si mettono in proprio; diventano essi stessi imprenditori, le piccole-medie imprese snelle e veloci, si adattano rapidamente ai cambiamenti. La disoccupazione nei DI è pressoché inesistente. Le tensioni sociali sono ridotte al minimo, diversamente dalle grandi città industriali dilaniati dai conlitti sindacali e dal terrorismo degli anni Settanta. Ma soprattutto nasce il miracolo del made in Italy, che raggiunge il massimo sviluppo negli anni Ottanta, e con il quale i distretti privilegiano il mercato internazionale, specializzandosi nei settori della moda, dell'arredo-casa, dell'alimentare, della meccanica leggera.

Nel 1986 l'Italia diventa il terzo Paese del mondo dopo Germania e Giappone per livello del proprio saldo commerciale. Tutto ciò senza possedere nemmeno lontanamente il numero di grandi imprese degli altri Paesi industrializzati, avendo inoltre una presenza marginale nei settori high tech dove invece tali Paesi sono estremamente attivi, e operando con i vincoli di un Sistema Paese fortemente penalizzante (con i più alti costi dell'energia d'Europa, una crescente congestione delle reti di trasporto e altre gravi inefficienze nelle infrastrutture, una pesante burocrazia che costituisce un freno per le imprese, ecc.). Per tutte queste ragioni si può davvero parlare di "miracolo" dei DI e del made in Italy: un fenomeno che tutto il mondo ha ammirato e studiato.

Ma con gli anni Novanta, i distretti si trovano a dover affrontare alcuni nuovi problemi. In alcuni comparti a minor valore aggiunto, specie della moda, comincia a farsi sentire la concorrenza dei Paesi asiatici: Taiwan, la Corea del Sud, la Cina, la Turchia, l'India. Per ridurre i costi di produzione, alcuni DI sperimentano perciò la strada della delocalizzazione: è il caso, ad esempio, delle imprese del Triveneto migrate nell'Europa dell'Est. Il fenomeno della delocalizzazione, pur non assumendo almeno in questa fase dimensioni dirompenti, pone per la prima volta al Distretto il problema del rischio della perdita della propria unitarietà, di una dispersione pericolosa delle proprie conoscenze accumulate nel tempo e di una crisi strutturale delle proprie attività indotte.

Parallelamente l'isolamento, un tempo fattore di coesione per il distretto e per la sua comunità di persone, con la crescita delle dimensioni, dell'attività e dei volumi di produzione dei DI diventa per gli stessi un fattore penalizzante. Aumentano i problemi ambientali, la cui soluzione richiede investimenti e costi aggiuntivi. Emerge anche una carenza di manodopera specializzata, mentre gli immigrati vengono sempre più impiegati nei lavori meno graditi.
 
Nello stesso tempo, le comunità di immigrati (il caso più eclatante è quello della comunità cinese a Prato) pongono ai DI problemi di ordine sociale in precedenza sconosciuti. Secondo alcuni osservatori anche la voglia di intraprendere caratteristica degli abitanti dei DI sarebbe in parte scemata con la diffusione del benessere e con l'avvento delle nuove generazioni, meno motivate e interessate rispetto a quelle dei nonni e dei padri alla vita di impresa: questo aspetto è stato considerato, ad esempio, tra le cause del recente rallentamento della crescita del Nord Est (Rullani 2000; Marini, 2003).

Inoltre alla fine degli anni Novanta il prezzo del petrolio (cruciale per un Paese come il nostro, la cui produzione di energia elettrica dipende per oltre i due terzi dagli idrocarburi) ritorna oltre i 20 dollari il barile, facendo lievitare i costi di produzione delle imprese. Da ultimo, l'entrata dell'Italia dell'euro segna la fine delle periodiche svalutazioni della lira, che nei decenni precedenti avevano rappresentato per le imprese una parziale forma di compensazione a fronte delle numerose inefficienze del sistema Paese.
 
In questo nuovo contesto, dominato dall'avvento della globalizzazione, secondo alcune ipotesi, i fattori un tempo punti di forza dei DI (la piccola dimensione delle imprese, l'ancoraggio al territorio e la focalizzazione sulle esportazioni negli altri Paesi) possano trasformarsi oggi in fattori di debolezza per il nostro sistema manifatturiero. Inoltre al modello di specializzazione si rimproverano essenzialmente due limiti: il non possedere un significativo numero di grandi imprese e il non essere presente nei settori ad alta tecnologia a più rapida crescita.
 
Questa corrente di pensiero, comunque, ha a nostro avviso un difetto fondamentale di impostazione, in quanto non considera che alla base di questi due elementi di debolezza del nostro sistema produttivo vi sono radici storiche e motivazioni che non possono essere investigate in questo lavoro (non è questo il nostro obiettivo), ma che certamente non hanno nulla a che vedere con i DI e le PMI. Piuttosto, bisogna considerare che nonostante i fallimenti in altri campi e settori di impresa, è riuscito a esprimere il miracolo del made in Italy.

È, purtroppo, innegabile che l'Italia si trovi oggi a dover affrontare un serio problema di competitività, in quanto il made in Italy, pur costituendo una formidabile e preziosa risorsa, possa in futuro non bastare per consentire al nostro Paese di accrescere, o perlomeno mantenere, il proprio livello di produzione e di benessere nel nuovo contesto competitivo mondiale. E come proposto da un recente convegno promosso dalla Fondazione Edison e dalla Accademia dei Lincei si è argomentato che urgono interventi strutturali per rinforzare le grandi imprese esistenti ad essere innovative in contesti europei; per favorire la crescita dimensionale delle PMI operanti nei distretti; per ricostruire i laboratori di ricerca scientifico-tecnologica in modo tale da coleegarli sinergicamente ai distretti

L'Italia, in linea con quanto ha fatto la UE nel vertice di Lisbona, dovrebbe darsi un orizzonte di 10 anni per questo cambiamento, da impostare e perseguire però subito con razionalità per un interesse italo- europeo, perché un'Italia fragile indebolisce e sbilancia anche la UE. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Replicabilità del Modello dei Distretti Industriali nei Paesi In Via Di Sviluppo. Analisi di alcune evidenze empiriche.

CONSULTA INTEGRALMENTE QUESTA TESI

La consultazione è esclusivamente in formato digitale .PDF

Acquista

Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Rossi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2004-05
  Università: Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano
  Facoltà: Economia
  Corso: Corso di Laurea in Economia aziendale
  Relatore: Carmine Tripodi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 31

FAQ

Per consultare la tesi è necessario essere registrati e acquistare la consultazione integrale del file, al costo di 29,89€.
Il pagamento può essere effettuato tramite carta di credito/carta prepagata, PayPal, bonifico bancario.
Confermato il pagamento si potrà consultare i file esclusivamente in formato .PDF accedendo alla propria Home Personale. Si potrà quindi procedere a salvare o stampare il file.
Maggiori informazioni
Ingiustamente snobbata durante le ricerche bibliografiche, una tesi di laurea si rivela decisamente utile:
  • perché affronta un singolo argomento in modo sintetico e specifico come altri testi non fanno;
  • perché è un lavoro originale che si basa su una ricerca bibliografica accurata;
  • perché, a differenza di altri materiali che puoi reperire online, una tesi di laurea è stata verificata da un docente universitario e dalla commissione in sede d'esame. La nostra redazione inoltre controlla prima della pubblicazione la completezza dei materiali e, dal 2009, anche l'originalità della tesi attraverso il software antiplagio Compilatio.net.
  • L'utilizzo della consultazione integrale della tesi da parte dell'Utente che ne acquista il diritto è da considerarsi esclusivamente privato.
  • Nel caso in cui l’utente che consulta la tesi volesse citarne alcune parti, dovrà inserire correttamente la fonte, come si cita un qualsiasi altro testo di riferimento bibliografico.
  • L'Utente è l'unico ed esclusivo responsabile del materiale di cui acquista il diritto alla consultazione. Si impegna a non divulgare a mezzo stampa, editoria in genere, televisione, radio, Internet e/o qualsiasi altro mezzo divulgativo esistente o che venisse inventato, il contenuto della tesi che consulta o stralci della medesima. Verrà perseguito legalmente nel caso di riproduzione totale e/o parziale su qualsiasi mezzo e/o su qualsiasi supporto, nel caso di divulgazione nonché nel caso di ricavo economico derivante dallo sfruttamento del diritto acquisito.
L'obiettivo di Tesionline è quello di rendere accessibile a una platea il più possibile vasta il patrimonio di cultura e conoscenza contenuto nelle tesi.
Per raggiungerlo, è fondamentale superare la barriera rappresentata dalla lingua. Ecco perché cerchiamo persone disponibili ad effettuare la traduzione delle tesi pubblicate nel nostro sito.

Scopri come funziona »

DUBBI? Contattaci

Contatta la redazione a
[email protected]

Ci trovi su Skype (redazione_tesi)
dalle 9:00 alle 13:00

Oppure vieni a trovarci su

Parole chiave

paesi in via di sviluppo
distretti industriali
made in italy
sistema produttivo italiano
competitività internazionale

Tesi correlate


Non hai trovato quello che cercavi?


Abbiamo più di 45.000 Tesi di Laurea: cerca nel nostro database

Oppure consulta la sezione dedicata ad appunti universitari selezionati e pubblicati dalla nostra redazione

Ottimizza la tua ricerca:

  • individua con precisione le parole chiave specifiche della tua ricerca
  • elimina i termini non significativi (aggettivi, articoli, avverbi...)
  • se non hai risultati amplia la ricerca con termini via via più generici (ad esempio da "anziano oncologico" a "paziente oncologico")
  • utilizza la ricerca avanzata
  • utilizza gli operatori booleani (and, or, "")

Idee per la tesi?

Scopri le migliori tesi scelte da noi sugli argomenti recenti


Come si scrive una tesi di laurea?


A quale cattedra chiedere la tesi? Quale sarà il docente più disponibile? Quale l'argomento più interessante per me? ...e quale quello più interessante per il mondo del lavoro?

Scarica gratuitamente la nostra guida "Come si scrive una tesi di laurea" e iscriviti alla newsletter per ricevere consigli e materiale utile.


La tesi l'ho già scritta,
ora cosa ne faccio?


La tua tesi ti ha aiutato ad ottenere quel sudato titolo di studio, ma può darti molto di più: ti differenzia dai tuoi colleghi universitari, mostra i tuoi interessi ed è un lavoro di ricerca unico, che può essere utile anche ad altri.

Il nostro consiglio è di non sprecare tutto questo lavoro:

È ora di pubblicare la tesi