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Break your (black) mirror. L’evoluzione del corpo nella società liquida. Aumento dell’incidenza dei DCA in età evolutiva

Il disturbo del comportamento alimentare e l’aumento dell’incidenza in età evolutiva

Susan Sontag in Malattie come metafora mise in luce come la sensibilità di ogni epoca storica tenda a privilegiare una determinata malattia, non necessariamente la più diffusa o deleteria. Infatti, alcune malattie divengono talmente associate a determinate epoche storiche sino a diventarne il simbolo, basti pensare alla malaria nell’antica Grecia e durante l’Impero Romano, la lebbra ed il tifo durante il Medioevo, la tubercolosi e la sifilide nell’Ottocento ed il cancro e l’AIDS nel Novecento sino ai nostri giorni. Se allora, come sostiene la Sontag, ogni epoca ha la sua malattia, allora non c’è dubbio che il Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) si presti perfettamente a rappresentare l’epoca che stiamo vivendo, connessi e ossessionati come siamo dall’immagine corporea, dall’apparire, dal perseguire l’effimero e l’obsoleto, alla spasmodica ricerca di una sicurezza di sé e al significato del cibo, eterno amico – nemico. Essi rappresentano a livello mondiale uno dei maggiori problemi psichiatrici degli ultimi tre decenni.
Ma cosa sono realmente i DCA? Essi sono la manifestazione più frequente e socialmente conosciuta di un disagio psichiatrico e, specie nell’ultimo ventennio, sono divenuti una vera e propria emergenza sia a livello sanitario che sociale. «I DCA rappresentano un insieme di sintomi ad eziologia multipla, comprendenti alterazioni affettive, cognitive e comportamentali correlate all’assimilazione di cibo e all’immagine corporea». Se non diagnosticati per tempo e se non si segue un trattamento adeguato, questi, possono giungere alla cronicizzazione e, in casi gravi, portare alla morte, che solitamente avviene per suicidio o per arresto cardiaco.

Secondo quanto riportato dall’American Psychiatric Association, i DCA sono la prima causa di morte per malattia mentale nei paesi occidentali.
Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder (DSM), giunto alla sua quinta edizione, definisce tra i Disturbi del Comportamento Alimentare: l’Anoressia Nervosa (AN), la Bulimia Nervosa (BN), il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI), anche conosciuto come Binge Eating Disorder (BED), l’Ortoressia e Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificati (NAS), conosciuti anche come Eating Disorders Not Otherwise Specified (EDNOS). L’obesità non è inserita come disturbo mentale nel DSMV, bensì è definita come un introito di calorie continuato nel tempo ed eccessivo rispetto al corretto consumo individuale. È la conseguenza, non la malattia.

Questi sono ampliamente diffusi con una maggiore incidenza nelle popolazioni giovanili di cui il 90% dato dalla popolazione femminile. Fra le varie spiegazioni che si sono cercate di dare a questo problema vi sono: famiglie conflittuali, forme di associazione inconscia tra cibo e condizioni relazionali, modelli negativi di magrezza proposti dai media e sofferenza rispetto alla propria identità corporea. «Secondo lo psicoanalista Gérard Apfeldorfer, le persone affette da DCA sono soggetti iper – empatici con la tendenza a sovrastimare il rapporto con il mondo e a disconoscere sé stessi e il proprio corpo, che devono essere guidati a riconoscere la concretezza del proprio sé e la necessità del suo equilibrio controllato. La forma ed il peso del corpo sono avvertiti in modo anormale, distorto e il giudizio su sé stessi è seriamente influenzato da questi».
Nello specifico, nell’Anoressia Nervosa la persona è convinta che modificando sé stessa a livello fisico potrà cambiare la realtà circostante e gli altri. Il corpo per la persona anoressica diviene la tela su cui dipingere con forza e determinazione un disagio, un dolore talmente forte che le parole, da sole, non possono esprimere. Nella Bulimia invece la persona utilizza il corpo come soggetto passivo, come capro espiatorio, qui «il corpo è solo la vittima di un impulso che proviene da qualche altra parte e che sovrasta l’individuo. […] Questo impulso è concepito come bisogno, non di nutrire il corpo bensì di buttare delle cose dentro il corpo». Nell’abbuffarsi non c’è alcun piacere, c’è solo un vuoto affettivo che si cerca in qualche modo di colmare, solo dopo la crisi le emozioni tornano forti come un’onda improvvisa, appaiono la vergogna, il senso di colpa, la consapevolezza di aver perso il controllo, la rabbia, l’angoscia per la quantità di cibo ingerito, la rabbia e la stima in sé stessi diventa sempre più minata, sino al punto che solo questi comportamenti riparatori riescono a calmare l’improvvisa ed irruenta tempesta emotiva. Il Binge Eating Disorder nasce negli anni Novanta e rientrano tutti i casi di abbuffata senza alcuna pratica compensatoria e, a differenza della bulimia, le pazienti subiscono una variazione di peso, con l’insorgenza di caratteristiche psichiche differenti.

Con la sua recente nascita e conseguente definizione del disturbo, il BED rappresenta un esempio della «patoplasticità dei disturbi alimentari, ovvero della loro incredibile capacità di trasformazione, che dà luogo a forme patologiche sempre più sofisticate e insidiose che si nascondo dietro abitudini e gesti quotidiani e che pertanto nessuno può cogliere nella loro drammaticità. Senza dubbio la rappresentazione metaforica di questo nuovo disturbo allude a una modernità in cui l’abbondanza e l’accettabilità del cibo (in una certa parte del mondo) spingono gli individui più fragili e vulnerabili a usare ciò che è fonte di vita e nutrimento come uno strumento autodistruttivo».
Con il BED ai nuovi DCA universalmente riconosciuto dal mondo scientifico si aggiunge l’Ortoressia Nervosa, riferendosi ad una vera e propria ossessione per i cibi sani e corretti. Se nell’anoressia e nella bulimia l’ossessione è verso la quantità, nell’ortoressia è verso la qualità.
Questo però, è importante specificarlo, non è solo un disturbo prettamente femminile, anzi, colpisce anche la popolazione maschile. «Un maschio che soffre di questa terribile patologia è ancora più incompreso. Questi ragazzi vivono logorati dalla stanchezza fisica, dal senso di fallimento, dal sentirsi inadeguati verso la vita». «Già da alcuni anni, contestualmente a numerosi cambiamenti socioantropologici strutturali della nostra epoca, il peso e le forme corporee sono diventati oggetto di cura e fonte di numerose preoccupazioni anche per gli uomini; taluni si rivolgono al corpo con il desiderio esclusivo di “pomparlo”: lo desiderano più muscoloso, più massiccio e meno snello; altri lo desiderano semplicemente magro». Parliamo dunque di Bigoressia o Dismorfofobia Muscolare, ovvero l’ossessione di aumentare la massa muscolare con il timore di aumentare anche la massa grassa; i medici parlano di Reverse Anorexia, o Anoressia al rovescio, in quanto mentre le persone anoressiche si vedono erroneamente grasse, i Bigoressici si sentono troppo esili. Questi, secondo lo psichiatra Bernard Brusset, attuerebbero una forma narcisistica sul corpo che li renderebbe, a lungo andare, incapaci di concepire la propria identità psichica diversa dalla propria identità corporea. Il corpo diventa di conseguenza il fondamento su cui costruire la propria struttura difensiva su cui attuare un controllo maniacale e serrato. La scissione mente/corpo in questo caso, come in ogni DCA, acquista una valenza protettiva da elementi interni sentiti come minacciosi o negativi.

Questi disturbi statisticamente coinvolgono dall’1 al 3% della popolazione mondiale e costituiscono, ad oggi, una vera e propria epidemia sociale che cresce in modo esponenziale. Se si pensa che tra i 15 e i 25 anni i DCA sono la prima causa di morte e che il tasso di mortalità associato alla sola AN è dello 0,56%, più di dodici volte il tasso di mortalità tra le giovani donne nella popolazione generale, risulta incredibile come, specie nelle città industrializzate, il diffondersi dei DCA è ancora un mistero sul quale i ricercatori si interrogano. «Di anoressia e bulimia nervosa soffrono in Italia tra le 150 e le 200 mila ragazze e la patologia è in continuo aumento. […] Il rischio di cronicizzazione è forte e la mortalità per suicidio o per complicanze mediche e psichiatriche conseguenti la malnutrizione è del 10% a dieci anni dall’esordio, e del 20% a venti anni». Ciò che colpisce è la non presenza di differenze regionali, né socio – culturali, anzi, vi è grande omologazione di desideri intorno al corpo e all’apparire, sull’abbondanza di cibo e sull’ambizione alla magrezza.
In Italia, alcuni studi «rilevano una prevalenza dello 0,2 – 0,8% per l’anoressia e dell’1,5% per la bulimia. […] Una ricerca condotta su un campione complessivo di 770 persone di età media di 25 anni, tutte diagnosticate con disor
dini alimentari e che si sono rivolte all’Associazione per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia, i disordini alimentari e l’obesità a Roma e Milano dalla dottoressa Anna Maria Speranza, dell’Università di Bologna, ha rilevato una percentuale del 70,3% di bulimia nervosa, il 23,4% di anoressia nervosa, il 6,3% di disturbi alimentari non altrimenti specificati o di altra condizione, perlopiù corrispondenti ad obesità. Nel campione analizzato la data di esordio del disturbo è mediamente tra i 15 e i 18 anni, con due picchi (15 e 18), età che rappresenta due periodi evolutivi significativi, quello della pubertà e quello della cosiddetta autonomia, passaggio alla fase adulta, che sono stati rilevati anche in molti altri studi sul tema». «Ad anoressia, bulimia e abbuffate compulsive si sono affiancati nuovi disturbi legati allo scarso controllo degli impulsi come la drunkoressia, ovvero l’utilizzo dell’alcool al posto del cibo; l’ortoressia […]; la bigoressia, […]. Anni fa erano appena l’1%, oggi sono il 10% dei ragazzi tra i 13 e i 17 anni. L’ossessione è il dato comune».

I DCA sono un vero e proprio disturbo etnico, dove etnico sta a significare “tipico di una cultura” e dove, attraverso una determinata malattia, si arrivano ad esprimere le contraddizioni cruciali e le angosce essenziali di una determinata società. Viene da chiedersi «come mai proprio nella nostra epoca si ha un continuo aumento della loro incidenza e prevalenza negli Stati Uniti e in Europa, nonché della loro comparsa in altre parti del mondo?»
I DCA sono in stretto legame tra genere – società occidentale – età, rispecchiando una vera e propria sindrome occidentale implicata dalla cultura. Prendendo ad esempio la condizione femminile, a partire dalla cultura patriarcale borghese siano a giungere alla cultura contemporanea, risulta evidente come la cultura abbia da sempre influenzato e in un qualche modo governato il ruolo della donna all’interno della società ed il rapporto che essa stessa aveva con il suo corpo e con la sua identità. La cultura di massa ha mitizzato l’immagine della superdonna che è allo stesso tempo tanto capace, ambiziosa, di successo quanto piacevolmente femminile, sensuale e materna. Deve avere un corpo perfetto, una carriera perfetta, un matrimonio perfetto e deva anche essere una madre perfetta.
[…]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Break your (black) mirror. L’evoluzione del corpo nella società liquida. Aumento dell’incidenza dei DCA in età evolutiva

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Informazioni tesi

  Autore: Marta Scoditti Epicoco
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione
  Corso: Consulenza Pedagogica e Coordinamento di Interventi Formativi
  Relatore: Silvia Fornari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 136

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