Storia ed evoluzione del videoclip. Un percorso tra sperimentazione tecnologica ed innovazione visiva.

Per comprendere con profitto la portata delle mutazioni in atto, è necessario fare un passo indietro e mettere in luce i tratti connessi allo sviluppo dell'idea creativa e cosa implica la produzione di un videoclip. In questo spazio retrospettivo sull'artigianato che riprende diventa imprescindibile notare come il comparto afferente alla musica visiva sia sintetizzabile in uno schema grafico essenziale.
Una matrice artistico/concettuale che ruota attorno al corpo stesso della star, oggetto dell'atto enunciativo ed al tempo stesso soggetto da manipolare per cristallizzare nell'utente finale la fascinazione dell'icona musicale. Connessi ma al tempo stesso rivali, suoni ed immagini dimostrano le proprie divergenze anche nel modus operandi: la composizione di un brano si rivela, sostanzialmente, un processo artistico del singolo, mentre la realizzazione del videoclip è nella maggior parte dei casi una realtà modellata in forma collettiva.
La visione, in altre parole, trova nella tecnica un coadiuvante della fantasia, non un peso ma una forza caratterizzante per quei punti-luce in movimento che conosciamo come immagine elettronica; ed il televisore ha la stessa funzione dell'amplificatore, imputato ad espandere il suono della chitarra elettrica.
Nonostante siano da tenere in conto le più sfaccettate differenze, i tratti comuni e le metodologie del fare videoclip sono regolarmente strutturate: è arte su commissione, e come tale nasce dall'esigenza espressiva di un musicista (o di chi fa i suoi interessi) che fa scaturire un investimento a favore di un'opera affidata ad un altro creativo, il regista, che curerà un prodotto da finalizzare a totale vantaggio dell'espressione artistica primordiale (la canzone). Adesione totale alla figura del regista nel mondo della pubblicità, infatti non gode dei benefici del diritto d'autore bensì firma un contratto da prestatore d'opera. [...]