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La guerra del Golfo. Visioni e interpretazioni dei media in Italia

In tv il conflitto diventa routine

Dopo circa tre settimane dall'inizio del conflitto, la guerra in televisione raggiunse una certa coerenza e stabilità nella rappresentazione, seguendo la linea e lo stile che le varie testate avevano già assunto durante la prima settimana di guerra. I servizi che venivano mandati in onda iniziarono a ripetersi: le conferenze stampa al Pentagono, i vari briefing in Arabia Saudita con i portavoce del comando dell'operazione Desert Storm, i resoconti delle azioni militari e i collegamenti con gli inviati sul posto. In questo modo, a poco a poco, si fece spazio quella che potremmo definire come una vera e propria "routine" della guerra: alle drammatiche immagini dei prigionieri di guerra e delle città bombardate si sostituirono quelle del "normale" procedere del conflitto, sempre sotto la pressante censura irachena e alleata. Questa routine provocò una forte diminuzione delle edizioni straordinarie e no-stop da parte delle testate giornalistiche, le quali optarono per un ritorno alla normalità del formato televisivo dell'informazione, con conseguente ricomparsa di argomenti non strettamente legati alla guerra. Come leggiamo da un articolo dell'inviato a New York, Furio Colombo, pubblicato su "La Stampa" in data 26 gennaio:

I telegiornali hanno cominciato a far posto alle notizie nazionali non di guerra. Nelle notizie locali ce n'è una che ci dà il senso di tutto. "La criminalità è tornata al suo livello normale. Per la prima volta dall'inizio della guerra ci sono stati a New York quattro omicidi, ventinove rapine nell'area metropolitana". Assurdamente questa notizia sembra dire: si torna alla vita.

Bisogna anche dire che questo ritorno alla normalità, con la reintroduzione di notizie diverse da quelle relative al conflitto, fu provocato non solo dalla routine che la guerra aveva creato, ma anche dalla presenza di nuove importanti vicende all'interno del panorama politico e sociale italiano, tra cui, ad esempio, la recente nascita del nuovo partito PDS. La sola testata giornalistica che si differenziò fu quella di Studio Aperto, che continuò a basare le sue notizie quasi esclusivamente sulla guerra e sull'andamento delle azioni militari nel Golfo: la linea editoriale di Emilio Fede, infatti, continuò a dedicare un grande spazio al resoconto delle attività dei soldati, ai Tornado italiani e alla sorte dei prigionieri in mano agli iracheni. In questo circolo di notizie quasi sempre uguali, l'unico elemento di novità era costituito dalle iniziative diplomatiche che cercavano di evitare l'offensiva terrestre, elemento che però non riuscì comunque a spezzare il clima che si era creato; fu proprio l'esperto militare del Tg1, ad esempio, uno dei primi a dichiarare che «Dopo venti giorni di scontri sembra che la guerra sia diventata routine. Una routine che potrebbe durare a lungo».

L'unico momento che appariva ancora "ufficiale" di raccolta di notizie da parte dei giornalisti divenne il briefing, trasformatosi però praticamente nella banale lettura di cifre e in costanti discussioni tra gli esponenti della stampa e quelli del comando militare. Per poter in qualche modo arricchire le scarne informazioni offerte, le testate giornalistiche decisero di dedicare maggior spazio possibile alla descrizione delle strategie di attacco dei due schieramenti, delle armi in possesso di ciascuno dei due fronti e via dicendo. Il Tg2 ricostruì, attraverso immagini fornite dalla CNN, il profilo della guardia repubblicana irachena, con relative immagini delle esercitazioni dei soldati e di Saddam Hussein in visita alle sue truppe; il Tg1 si mosse nella stessa direzione, mentre Studio Aperto privilegiò la linea del resoconto dei briefing, offrendo al pubblico i riepiloghi sull'andamento del conflitto. Degno di nota è, invece, il ruolo del Tg3, il quale si distinse nettamente dalle altre testate scegliendo volutamente di puntare il proprio sguardo non sulle armi o sugli eserciti, bensì sugli uomini, sui loro pensieri e sugli effetti della guerra. La testata diretta da Sandro Curzi mandò in onda, infatti, in un primo tempo, un servizio su come gli anziani italiani ricordavano la guerra, i quali riflettevano principalmente sulle assurdità e la pericolosità dei conflitti bellici; in un secondo tempo, invece, trasmise un servizio su come i bambini iracheni vivevano la guerra. Il tentativo del Tg3 di dare voce ai soggetti più deboli, coerentemente con la linea editoriale della testata, che si era schierata fin da subito contro l'intervento armato, si presentò come un elemento di distinzione rispetto alle altre testate, un tentativo di andare oltre le cifre asettiche e dare uno sguardo alla sofferenza e alla morte reale. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La guerra del Golfo. Visioni e interpretazioni dei media in Italia

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Informazioni tesi

  Autore: Valeria Todaro
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Teramo
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Andrea Sangiovanni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 66

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