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La ''favola di Auschwitz'': revisionismo e negazionismo dell'Olocausto

Intervento di Habermas: tendenze apologetiche e uso pubblico della storia

Come già affermato in precedenza, intorno alle tesi di Nolte si è accesa la polemica protagonista sui principali giornali tedeschi e poi di tutto il mondo.

Il motivo iniziale del dibattito, articolatosi sul filo dei due concetti introdotti da Nolte, ovvero il “nesso causale” e la “comparazione” dei crimini nazisti e bolscevichi, sulla vera o presunta unicità dei crimini nazisti resta una questione estremamente complessa; ma sostanzialmente questi storici (sia quelli favorevole alle tesi di Nolte, che mettevano in discussione un’interpretazione del passato che fino ad allora aveva visto nei crimini del nazionalsocialismo un evento unico e incommensurabile, sia quelli che contestavano il revisionismo e le tesi dello storico tedesco, accusandolo di tendenze apologetiche neo-conservatrici) volgono alla ricerca del giusto atteggiamento dei tedeschi di oggi verso l'orrore del nazismo.

Per fare questo ciascuno sceglie strade diverse: Nolte, appunto, ricorre alla negazione dell'unicità dei crimini nazisti e propone una comparazione con altri crimini, in particolare quelli bolscevichi. Il dibattito si accende proprio sul senso di quest’ultima operazione che presenta a sua volta due aspetti ben distinti: uno analitico-conoscitivo, l’altro etico e “terapeutico”. La preoccupazione di Nolte per il “passato che non vuole passare” non va vista come una strategia dell’oblio, piuttosto come una sorta di terapia mentale. Egli è infatti convinto che i tedeschi siano pesantemente condizionati dallo stigma della cosiddetta “colpa collettiva”.

Capire perché Hitler abbia commesso i suoi crimini interpretandoli come una replica dei crimini staliniani dovrebbe aiutare la Germania a liberarsi di quello stigma. Collegando le barbarie naziste alla serie di violenze e genocidi iniziati con la Prima guerra mondiale, verrebbe meno non solo l’ “unicità” dei crimini nazisti, ma anche il blocco mentale dei tedeschi verso il loro passato.

È proprio su questo punto che le opinioni di Nolte e Habermas divergono decisamente. L'esponente della scuola di Francoforte accusa, infatti, lo storico dell'università di Berlino di praticare una sorta di “giustificazionismo”, di chiara impronta conservatrice, della recente e tragica storia tedesca. Mentre Nolte intende percorrere la strada della comparazione dei crimini nazisti in modo da “normalizzare” il presente della Germania assieme con il passato, Habermas vuole tenere ben saldo ciò che di aberrante ha avuto luogo nel passato, facendolo diventare criterio di giudizio sul presente. Per Habermas, il problema dell’unicità o comparabilità dei crimini nazisti è una questione etica e non un compito storico-analitico. Nolte, al contrario, sostiene che l’operazione analitico-comparativa svolga una funzione etica.

Allineare i crimini nazisti nella lunga serie dei genocidi del ventesimo secolo, partendo con quello perpetrato dai Turchi a danno degli armeni, non aiuta, secondo il pensiero di Habermas, a una loro più precisa comprensione. Habermas, a differenza di Nolte, non respinge l’idea di una “responsabilità collettiva” anche per le generazioni di oggi. Ma la corresponsabilità generazionale prende la forma della memoria verso le vittime. Non si tratta di una memoria “dovuta” unicamente rituale, ma consapevole di quel “contesto di vita” in cui fu possibile Auschwitz e a cui si rimane, non da circostanze puramente contingenti , bensì intimamente legati.

Nell’ottica di Habermas l’unicità dei crimini nazisti non è una questione decidibile oggettivamente, mediante la comparazione di dati riguardanti il numero di vittime coinvolte, le tecniche di sterminio e le motivazioni soggettive degli esecutori. Allo stesso tempo, però, non è neppure un caso risolvibile con l’appello ad un giudizio morale universalistico, di fronte al quale, inevitabilmente, ogni crimine è unico e incomparabile. L’unicità dell’Olocausto sta proprio nel fatto che è diventato parte dell’identità storica dei tedeschi, anche degli incolpevoli della generazione odierna. Non resta, perciò, che la memoria solidale, “collettiva”, verso le vittime di un evento irreparabile.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La ''favola di Auschwitz'': revisionismo e negazionismo dell'Olocausto

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Sassu
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e Comunicazione
  Relatore: Marco Pignotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 52

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