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Argomentare oggi: l'eredità di Perelman e Olbrechts-tyteca nel dibattito filosofico contemporaneo

L’argomentazione dopo gli studi di Perelman e Olbrechts-Tyteca e la posizione di Michel Meyer

Norberto Bobbio nella prefazione dell’edizione italiana del Trattato dell’argomentazione, attribuisce a Perelman e Olbrechts-Tyteca il merito di aver riportato alla luce la il tema dell’argomentazione e in particolare, di aver valorizzato la retorica come componente costitutiva dell’argomentazione stessa, volta ad accrescere o provocare l’adesione dell’uditorio. Infatti, la retorica è stata considerata dalla filosofia moderna con disprezzo in funzione ad una razionalità fondata su processi logici e scientifici. L’approccio di Perelman e Olbrechts-Tyteca alla teoria dell’argomentazione si concretizza in una tassonomia di argomenti, utile a definire un procedimento, e la cui efficacia è strettamente connessa all’uditorio che deve essere persuaso. Però, secondo Tomasi, proprio questa tendenza classificatoria lascia alla retorica un ruolo ancora secondario; ridurre infatti, la retorica stessa ad una tassonomia veicola la necessità di un ordine argomentativo sviluppato su una struttura e una metodologia ancora scientifica.
Uno dei motivi per i quali la rivoluzione perelmeniana fu arrestata può riscontrarsi nelle posizioni di stampo strutturalista che all’epoca dominavano il panorama culturale. Secondo gli strutturalisti, infatti, la realtà si concretizza in un sistema di relazioni, per cui i termini non hanno una validità singolare ma esistono solo in relazione alle connessioni tra di loro.
Questo orientamento ideologico, appartenente al filone della linguistica post-saussurriana, favorì lo sviluppo di teorie radicalmente diverse dal programma generale degli studi sull’argomentazione, denunciando l’argomentazione retorica come una forma di illusione, scaturita dell’illusione, appunto, che il soggetto potesse controllare da sé il discorso. Questa situazione si è protratta fino alla fine degli anni Ottanta, con la fine delle grandi narrazioni ideologico-politiche dovuto al collasso dei regimi comunisti, quando grazie agli studi di Ducort e alla logica naturale di Grize, l’argomentazione ritornò a far parlare di sé.

Un grande contributo allo studio argomentativo e al ruolo della retorica è ravvisabile negli studi condotti dall’allievo di Perelman, Michel Meyer, il quale pubblica nel 1986 un’opera in memoria del maestro dal titolo De la métaphysique à la rhétorique, un saggio da cui partì la sua particolare analisi di retorica dopo Perelman e Olbrechts-Tyteca. Ma l’opera di maggior spicco del filosofo belga è Problematologia in cui si propone un’indagine filosofica volta alla metafisica, per Meyer ormai dimenticata dalla filosofia.
Le certezze scientifiche sulle quali l’intero pensiero occidentale aveva fatto affidamento prendono consapevolezza dei propri limiti e carenze di ragionevolezza. La trattazione di Meyer si focalizza su una forte critica alla filosofia che si è dimenticata il proprio ruolo fondante e cioè quello di ricercare principi, interrogarsi sull’origine, al fine di riconoscere le strutture interrogative del pensiero e ricostruire il tutto razionalmente. Il modello logico della modernità si basa, per Meyer, proprio sul fatto che, nella storia della filosofia, in un dato momento si è smesso di pensare al discorso emergente dalle domande in relazione alle domande stesse e si è iniziato a pensare al discorso in relazione a sé stesso. È necessario quindi, nella prospettiva di Meyer, rovesciare questo modello in favore di un nuovo ruolo del logos, che non deve fondarsi sul dare risposte, ma sul porre domande e cioè sull’interrogatività. In tal senso, vi è un ritorno al dialogo socratico, in cui l’interrogazione non è utile a scatenare conoscenza di ciò che si domanda, ma indica che ciò che si domanda rimane la questione fondamentale da cui muovere. In tal senso, il logos socratico è problematico, in quanto le sue risposte sono le domande; Socrate non chiede per sapere, almeno secondo Meyer, Socrate chiede per mostrare che quanti pretendono di sapere si sbagliano. Il logos al quale si deve guardare, secondo Meyer, non deve essere fondato sulla giustificazione, e quindi sul dare risposte, ma sull’interrogatività, e quindi, sul fare domande.

È necessario, osserva Meyer, riportare la filosofia alla sua naturale funzione metafisica. Infatti, la cultura precedente addirittura da Platone, che ha impostato la dialettica in maniera risolutoria impostando un proposizionalismo indipendente dalle domande, ha finito per appiattire la filosofia alla scienza, nonostante abbiano compiti e scopi diversi. Il fatto che diverse questioni filosofiche vengano inglobate nella scienza lasciano che la maggior parte di queste restino insolute, proprio per l’approccio scientifico; la specificità della filosofia è quella di problematizzare anziché assorbire il problema nella soluzione; quindi, già problematizzare il problema corrisponde a risolverlo. La risposta è la base di una nuova domanda, innestando un meccanismo per il quale le domande sono destinate risolversi in risposte.
L’opera in cui Meyer, però, fonda una teoria dell’argomentazione su base retorica è Principia Rhetorica. Secondo Meyer la retorica rinasce ogni volta che qualcuno mette in discussione una certezza preesistente, in relazione quindi, alla nascita di nuove strutture sociali, politiche e giuridiche. E identifica tre epoche retoriche: in Grecia, nella prima metà del V secolo a.C., con la nascita della democrazia che portò alla crisi del mito e alla nascita degli studi retorici; in epoca rinascimentale, con la scomparsa del modello scolastico e teologico, e la nascita della classe borghese; oggi, con i media, tutto è messaggio persuasivo e così rinasce la necessità retorica. Le accezioni attribuite alla retorica sono diverse e Meyer, per tele ragione, propone un’unità strutturale, concependo la retorica come una relazione tra sé e gli altri (ethos e pathos), veicolata dal linguaggio (logos). Recuperando l’impianto aristotelico, Meyer, fonda il discorso sulla relazione tra i tre elementi ethos, pathos e logos: il primo riguarda la credibilità dell’oratore; il secondo rappresenta l’uditorio; il logos viene posto in risalto rispetto agli altri due elementi poiché costituisce la componente oggettivabile: il logos esprime il problema.
Come abbiamo visto, per l’autore, ogni domanda implica altre domande ed è possibile delineare tre possibilità interrogative: la fattualizzazione, che è utile a stabilire se un fatto è accaduto e se, quindi, una data proposizione è vera; la qualificazione, che serve a definire cosa sia un fatto e indaga, quindi, il che cosa rappresenta il fatto; la legittimità, che permette di interrogarsi sul fatto che chi pone le domande abbia il diritto di farlo e si lega alla concezione argomentativa come comunicazione, identificando ciò che accomuna i parlanti da ciò che li separa.

La retorica in senso autentico, per Meyer, non esaurisce il processo interrogativo nella risposta finale, ma esercita una forte problematizzazione cercando di trovare una risposta plausibile in attesa che la scienza decida in maniera apodittica; una retorica così vista, si differenzia in virtù del modo di interrogare, nel modo in cui la problematicità del logos viene concepita.
La struttura concepita da Meyer può essere applicata anche all’ambito giuridico, in cui per la prospettiva problematologica la domanda viene valorizzata e ad essa vengono associati gli interrogativi di cui si è parlato sopra: legittimità, fattualizzazione e qualificazione.
Nella retorica processuale, e in generale nel dialogo, si interpone una distanza tra le parti e la retorica, con i suoi elementi (ethos-logos-pathos) è capace di agire sulla distanza tra le parti. Meyer, per Tomasi, a differenza di Perelman e Olbrechts-Tyteca, non si ferma alla catalogazione delle forme argomentative ma ne ricerca e ne studia il fondamento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Argomentare oggi: l'eredità di Perelman e Olbrechts-tyteca nel dibattito filosofico contemporaneo

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Informazioni tesi

  Autore: Dolores Lullo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Timothy Tambassi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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comunicazione
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