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Alla ricerca del vero: viaggio nella terra del Vesuvio. Il paesaggio del reale tra Sette e Ottocento

L’esperienza di Giuseppe Palizzi

Giuseppe Palizzi darà un enorme contributo alla pittura napoletana dell’Ottocento seguito poi dal più celebre dei fratelli Filippo Palizzi, volgendo il vedutismo napoletano dei primi dell’Ottocento, decorativo e documentario dei modi sei-settecenteschi, in un paesaggio “verista” che sarà protagonista della seconda metà del secolo. Per capire in che modo sia avvenuto questo processo bisognerà prima seguire il percorso storico-artistico dell’artista, iniziato a Napoli tra i pittori della Scuola di Posillipo, e poi in Francia con il gruppo Barbizon che porteranno Palizzi verso un interesse interno alla resa panoramica cioè agli elementi del paesaggio in funzione della luce, del colore e dell’atmosfera più concreta ed immediata.

Nel 1835 Giuseppe inizia il suo soggiorno a Napoli sotto l’influsso della pittura di Hackert che era un misto tra sceneggiatura classicheggiante e gusto romantico, Napoli quindi andava orientandosi sempre più verso un paesaggio romantico, fin quando con la venuta di Pitloo volse verso un paesaggio in minuscole “macchie” quasi schizzate ma sempre ubbidiente ad una emozione lirica. Una visione quella di Pitloo che ci riconduce alle idee di Constable e che sarà riportata anche in Giacinto Gigante anche se quest’ultimo a sua volta dimostrerà sempre una sensibilità più napoletana tipica della “Scuola di Posillipo” che trova le sue origini nel Seicento. Ciò che manca a Pitloo e Gigante è quella parte intima e concreta che porteranno proprio i “fratelli Palizzi” con Giuseppe che nel 1836 entra a far parte come dilettante del gruppo di Posillipo attraverso i docenti che furono Pitloo e successivamente Smargiassi.

«Ciò che colpisce subito di Giuseppe Palizzi è la chiara manifestazione di una personalità, anche se incerta nell’espressione, già ben delineata nelle sue caratteristiche più salienti: una particolare sensibilità ad effetti di luce, un tocco rapido, sommario e sprezzante» (Amalia Mezzetti, "Giuseppe Palizzi", in "Contributo alla pittura italiana dell’`800").

Nonostante tutto l’artista era sconfortato per la guerra che alcuni professori gli avevano dichiarato, probabilmente invidiosi del suo ingegno, queste situazioni invogliarono Giuseppe nel 1844/45 a lasciare la patria per tentare l’avventura francese. Nella Parigi dove trionfava il romanticismo di Delacroix, mentre dominavano le forti idee classiciste si articolavano i primi accenni del linguaggio realista di Courbet con un robusto e diretto incontro con la realtà, Palizzi si orientò verso il gruppo di Barbizon.

Per il giovane artista fu un periodo difficile senza dubbio, ma ci mostra anche il suo lato mutevole, estroso, volubile alle suggestioni degli ambienti artistici, nei suoi dipinti inizieranno a comparire masse di colore, alberi che si inseriscono morbidamente nell’atmosfera, la pennellata arida quasi sgranata, mancanza di velature e masse di colore sovrapposti, figure portate in primo piano cosi come l’orizzonte dei paesaggi ci dimostrano il tentativo dell’artista di sintetizzare forma, luce e colore in una sola macchia “tonale” che ormai si svolgeva sotto l’influsso di Courbet che si affermava nel paesaggio, sono questi piccoli elementi che ci dimostrano rapporti di stile tra l’artista francese e Palizzi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Alla ricerca del vero: viaggio nella terra del Vesuvio. Il paesaggio del reale tra Sette e Ottocento

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Informazioni tesi

  Autore: Vincenza Arena
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2011-12
  Università: Accademia di Belle Arti
  Facoltà: Design e Arti
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Federica De Rosa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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