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L'uomo è ciò che mangia

L'invenzione del biologico: croce e delizia

Solo vent'anni fa, chi cominciava a parlare di coltivazione biologica doveva aspettarsi imbarazzate risatine da parte dei propri interlocutori, oppure serie apprensioni per il proprio stato di equilibrio psichico.

Oggi invece sostanziosi finanziamenti comunitari incentivano gli agricoltori a procedere alla conversione dal metodo convenzionale a quello biologico. Lo strano fenomeno che sta animando gli ultimi decenni intorno al cibo e al suo consumo dimostra che un'inversione rispetto alla produzione alimentare di fatto è già avvenuta. Tra i network di maggiore successo al mondo quelli che si occupano di cibo vantano le prime posizioni; diversi campi del sapere trattano l'argomento non senza puntualizzare quanto la materia abbia subito in passato un ingiustificato declassamento. Non si contano nel mondo corsi di studi, universitari e non, che formano studenti in scienze culinarie senza parlare di eventi che intorno al cibo tessono la loro ragione d'essere.

Tra i migliori modi di diffondere l'idea di un'alimentazione di qualità, il comparto del biologico è forse quello che maggiormente ha centrato l'obiettivo. La produzione in regime biologico si presentò subito come la contro-­‐riforma della produzione intensiva. E nonostante Carlo Petrini sostenga che «la realtà è complessa e soprattutto non etichettabile», è proprio grazie alla sua etichettabilità – ovvero all'osservanza della normativa europea vigente in materia (Reg. CE n. 834/07) – che la produzione si è ritagliata una considerevole fetta di mercato. La bandierina stellata in campo verde – in Europa – è il marchio distintivo del mangiare bene, oggi più di ieri. Il consumatore si sente rassicurato e anche davanti a vistose contraddizioni “acquista il bollino”. Dall'altro lato il produttore riesce a farsi sempre più spazio in un mercato “sensibilizzato” al marchio e prima ancora di vendere il suo prodotto vende la propria certificazione. Nell'immaginario del consumatore medio, oggi la lavagna è ancora una volta divisa in due: da una parte i cattivi, il convenzionale, e dall'altra i buoni, il biologico.

Da un lato questa semplificazione ha permesso di accrescere la consapevolezza di ciò che mangiamo, dall'altro però è opportuno ancora una volta non considerarlo un punto d'arrivo ma un processo non proprio compiuto. L'errore che oggi si fa, a mio parere, è di credere troppo seriamente al “gioco”. Nel senso che non c'è un solo aspetto della realtà, oppure come dice Lévi-­‐Strauss, una sola idea di progresso. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'uomo è ciò che mangia

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Informazioni tesi

  Autore: Valeria Monti
  Tipo: Tesi di Master
Master in Master in Cultura e comunicazione del gusto
Anno: 2011
Docente/Relatore: Gianfranco Marrone
Istituito da: Università degli Studi di Palermo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 44

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