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''Malinche'' di Laura Esquivel: l'interprete di Cortés tra storia e leggenda

La Malinche come figura storica

Malinche fu la figura centrale nella conquista del Messico, considerata da molti come la “madre del Messico mestizo” per il legame che creò fra spagnoli ed indigeni, ma venne anche ritenuta una traditrice. Il ruolo chiave giocato dalla donna nell’operazione di conquista del Messico da parte degli spagnoli sarà destinato a mutare profondamente la storia e l’atteggiamento delle future popolazioni centroamericane, e di riflesso dell’intero sottocontinente ispano-americano. Sull’origine geografica di Malinche sono state avanzate due ipotesi: la prima suppone che sia originaria di Jalisco, stato situato nella parte occidentale del Messico, mentre la seconda congettura afferma che sia nata a Coatzacoalcos, municipalità del Messico appartenente allo stato federato di Veracruz. La versione più accreditata è la seconda, corroborata dall’esistenza di una grande quantità di fonti riguardanti la conquista del Messico che ne testimoniano la veridicità. Una di queste fu scritta da Bernal Díaz del Castillo; un’altra fonte che testimonia la sua provenienza risale al 1605 e si deve a Fernando Cortés, nipote del conquistador, che effettivamente afferma che Malinche era: «Hija del señor y casique de las provincias de Olutla y Jaltipan cerca de Guazacuarero».
Dal documento Probanza de Méritos y Servicios de Doña Marina ad opera di Bernardino Vázquez de Tapia del 1542, volume che fornisce numerose informazioni riguardanti Malinche e la conquista, attualmente conservato presso l’Archivio Generale delle Indie, emergono alcuni dati che fanno luce sugli aspetti della vita dell’indigena: in questo scritto si afferma, ad esempio, che Malinche proviene da Huilotlán.

Sulla sua età si hanno pochissime informazioni e si può solo congetturare quanti anni avesse quando iniziò il suo viaggio per il mondo mesoamericano. Si può supporre che non superò i 30 anni di vita e perciò, quando fu venduta come schiava, era una bambina. Il documento che dà maggiori informazioni su questo argomento è la Probanza de los buenos servicios y fidelidad con que sirvió en la conquista de la Nueva España la famosa Doña Marina scritto nel 1542, nel quale si stabilisce che fu il 1526 l’anno in cui Malinche tornò dalla sfortunata spedizione delle Hibueras. Cortés ed il suo seguito si recarono in Honduras al fine di punire il capitano Cristóbal de Olid, il quale vi era stato inviato un anno prima da Cortés per constatare le effettive ricchezze che possedeva il paese; dato il lungo silenzio di Olid, il conquistador decise di recarsi di persona in quel territorio. Scoprì che il capitano era entrato in affari con il governatore di Cuba, Diego de Velázquez, allo scopo di derubare Cortés delle nuove terre; durante questa stessa spedizione venne fatto prigioniero e ucciso Cuauhtémoc, l’undicesimo e ultimo sovrano azteco, e Cortés, per volere regio, perse l’incarico di governatore per abuso di potere.
Un altro evento che ci consente di collocare storicamente la vita di Malinche è il secondo matrimonio di Juan Jaramillo, marito di Malinche e confidente del conquistador: si risposò nel 1527, dopo la morte di Malinche; perciò il decesso della donna dovrebbe collocarsi attorno a queste due date.

Probabilmente, Malinche nacque nel 1500 da un capo feudatario di Paynala, luogo vicino a Coatzacoalcos e punto di confine fra le regioni dell’impero azteco e lo Stato Maya della Penisola dello Yucatán; il padre morì quando ancora la figlia era in fasce. Quando la madre si risposò, mise in atto uno stratagemma: approfittando del fatto che una bambina dell’età di Malinche era morta, inscenò una sorta di funerale, fingendo che la defunta fosse la figlia. In realtà, vendette Malinche come schiava a un cacique di Tabasco. Così, fu cresciuta in questo ambiente, dove ebbe l’occasione di apprendere la lingua maya.
Il suo destino di schiava prese un nuovo corso quando, nel 1519, dopo la battaglia di Cintla, vinta dal conquistador Hernán Cortés, gli venne regalata insieme ad altre diciannove schiave come omaggio. Cortés le fece subito battezzare in modo da legittimarne l’uso che ne avrebbero fatto; le donne che accompagnavano i conquistadores svolgevano non solo le faccende domestiche ma dovevano soddisfarne anche i desideri carnali.
Malinalli era il suo nome originario in lingua náhuatl, ma al momento del battesimo le venne dato come nome Marina, probabilmente per accostamento fonetico. Inizialmente, venne consegnata a uno dei luogotenenti, Alonso Hernández de Puertocarrero, ma in meno di un mese Cortés si rese conto del potenziale che Malinche possedeva. Quando i conquistadores arrivarono a San Juan de Ulúa e si incontrano con alcuni ambasciatori di Moctezuma scoprirono il bilinguismo di Malinche, la quale, essendo cresciuta in una zona di frontiera fra il mondo náhuatl e maya, conosceva le due lingue. Per disfarsi di Puertocarrero, Cortés lo trasferì in Spagna con una delle prime “Cartas de Relación”, lettere in cui il conquistador descrisse il suo viaggio in Messico, indirizzate al re Carlos V.
La conquista del Messico ricevette un impulso fondamentale grazie alla presenza, accanto a Cortés, di due personaggi. Il primo fu lo spagnolo Jerónimo de Aguilar che, avendo trascorso qualche anno presso i maya dello Yucatan, era arrivato a comprenderne il linguaggio. Il secondo era appunto Malinche, che oltre al náhuatl, parlava anche il maya e in poco tempo apprese lo spagnolo, garantendo in tal modo a Cortés non solo il contatto linguistico con il nemico, ma altresì un accesso privilegiato al mondo mentale azteco. La traduzione si svolgeva in questo modo: Cortés comunicava in spagnolo con Aguilar, il quale a sua volta traduceva in lingua maya e per ultima Malinche lo esponeva in lingua náhuatl.

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''Malinche'' di Laura Esquivel: l'interprete di Cortés tra storia e leggenda

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Informazioni tesi

  Autore: Martina Cuoghi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Ferrara
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Giulia Giorgi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 70

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