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Alla scoperta della moda italiana in Russia: problemi traduttivi nel mondo globalizzato

La microlingua della moda: linguaggio tecnico o artificio pubblicitario?

Ora cercheremo di rispondere alla domanda sulla definizione del linguaggio della moda come linguaggio settoriale propriamente detto.
Prima di scendere nei dettagli, partiremo dal concetto generico di linguaggio della moda (vestimentarnyj kod, secondo la definizione di Kosizkaja, 2014:23), ovvero il codice tipico dei parlanti che si interessano del mondo della moda e dell’abbigliamento.
Nel suo famoso saggio Il sistema della moda, Barthes descrive la moda come l’insieme di tre sistemi opposti compresenti ed analizzabili all’interno di riviste e cataloghi del settore: l’immagine del capo d’abbigliamento (fotografia o disegno); testo scritto riguardante il capo d’abbigliamento; il capo d’abbigliamento vero e proprio. Quindi, sostanzialmente, di due strutture diverse, una plastica e l’altra verbale.
La lingua ha innanzitutto la funzione di esplicitare ciò che l’abbigliamento rappresenta sul piano iconico, nel suo mettere insieme stoffe, colori, dettagli ed accessori, e anche quella di fornire dettagli tecnici che non sono presenti o non sono ben visibili in fotografia. Un’altra funzione della lingua è enfatizzare alcuni aspetti dell’oggetto rappresentato, creando una connessione emotiva fra esso e il lettore, e di conseguenza, persuadere il possibile acquirente.
Sempre secondo Barthes, sistema verbale e vestimentario si compenetrano a tal punto che non è possibile comprendere il secondo senza l’aiuto del primo.
Bisogna aggiungere che il linguaggio della moda vive e si sviluppa all’interno della cultura di massa e risente perciò del consenso collettivo, sotto un punto di vista fisico, storico, etico ed estetico. Per questo motivo, è soggetto ad un continuo aggiornamento e a ricorrere ad una certa chiarezza affinché le tendenze e le caratteristiche salienti della moda del tempo vengano comprese da tutti [Kosizkaja,2014:23-27].
A questo proposito, il sociologo della moda Baudrillard [in Bašatova, 2009:168] ritiene che la moda sia caratterizzata da un andamento ciclico per cui elementi morti, cioè non più in voga, risorgano dopo un certo periodo di tempo sotto nuova forma.
Tornando a Barthes, egli individua nel target di questo tipo di comunicazione, una variabile di tipo sociolinguistico: più il potenziale cliente ha un elevato livello di vita, più l’abito ha possibilità di essere realizzato e quindi la denotazione riprende i suoi diritti; troveremo in questo caso didascalie descrittive accanto alla foto. Se al contrario, il livello di vita del cliente è basso, la denotazione verrà enfatizzata per giustificare l’acquisto utopico del capo. Perciò, la foto sarà seguita da didascalie più creative ed articolate che presentano il capo come “qualcosa che si vorrebbe fare o essere” [Russo in Cavagnoli,2009:72-75).

Rivolgendoci più nello specifico all’analisi delle unità terminologiche, precisiamo che nel campo della moda esse non hanno solo una funzione rappresentativa, ma anche comunicativa. Precisamente, la microlingua della moda si fa portatrice delle caratteristiche principali dei linguaggi settoriali, ma con alcune variazioni rispetto alla monosemia e alla non-emotività [Russo in Cavagnoli, 2009:70].
Russo fa notare come, nei casi in cui il discorso abbia finalità persuasive, i linguaggi settoriali possano permettersi di ignorare i criteri della non-emotività e dell’oggettività. Egli si sofferma anche sulla questione della monosemia, che secondo lui non è propria del linguaggio della moda, in quanto per inquadrare un medesimo oggetto vengono usati termini diversi, sfruttando ampiamente le alternanze sinonimiche. Per questo motivo, quello della moda, sarebbe solo parzialmente un linguaggio tecnico. Dissentiamo rispetto a quest’ultima posizione, facendo notare come, a nostro parere, proprio per la natura mutevole e poliedrica della moda, atta a rendere con il linguaggio i dettagli iconici del vestiario e ad esprimere nuovi concetti legati alle tendenze, vi sia un surplus di termini simili, ciascuno tendente a far intuire al lettore caratteristiche specifiche.
Russo, ad esempio, cita come sinonimi «maculato e animalier; colori pastello e colori sorbetto» [Russo in Cavagnoli, 2009:71]. Nel primo caso, l’aggettivo “maculato” (macchiato, chiazzato, screziato -secondo il Devoto-Oli, 2011) riguarda un tipo ben identificato di stampa su tessuto, mentre “animalier” («Di stoffa o di altra superficie che ricorda il mantello di alcuni animali esotici (leopardo, tigre, zebra ecc...- Devoto-Oli, 2011), indica un insieme di possibili varianti di stampe che ricordano la pelle di animale. Quindi, il primo rappresenta una sottocategoria rispetto al secondo. Nel secondo esempio citato, la descrizione del colore, che come vedremo più avanti rappresenta uno degli aspetti significativi di questo microcodice, non soltanto fa riferimento a due campi sensoriali diversi e quindi evoca sensazioni diverse, ma il primo termine sottolinea il livello di saturazione del colore (basso), mentre il secondo ne denota la tonalità (fredda) e la luminosità (alta). Tali valori fanno riferimento al sistema elaborato da A. H. Munsell negli anni Trenta, il quale permette di definire i colori con precisione in base a tre coordinate: tonalità (Hue), luminosità (Value) e saturazione (Chroma). Lo stesso sistema è oggi usato come standard internazionale per definire i colori15.
Parlando dei prestiti, Zanola sostiene che essi vengono introdotti nella microlingua della moda per commercializzare e comunicare le specifiche di un prodotto, identificandone lo stile e fissandolo nel tempo. Per il principio dell’ «andamento ciclico» di Baudrillard, o meglio «fenomeni di riattivazione di contenuti già noti» [Zanola, 2020:14] può accadere che possa sopraggiungere un’evoluzione semantica, creando un omonimo che si aggiudica con la frequenza d’uso l’attenzione del «censimento lessicografico» [Zanola, 2020:14]. La prospettiva lessicografica considera il termine secondo le sue caratteristiche generali e quindi sembrerebbe un prestito di lusso, ma se lo considerassimo secondo una prospettiva terminologica invece, ci renderemmo conto che si tratta in realtà di un prestito di necessità. 

Questo brano è tratto dalla tesi:

Alla scoperta della moda italiana in Russia: problemi traduttivi nel mondo globalizzato

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Olivieri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi "Gabriele D'Annunzio" di Pescara
  Facoltà: Mediazione Linguistica e Culturale
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Natalia Guseva
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 81

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