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Questioni femminili nella mobilitazione per il divorzio attraverso i giornali

La questione del divorzio divide il Paese

La questione del divorzio arriva al momento giusto e asseconda i mutamenti profondi nel costume e nella cultura. I sondaggi indicavano una opinione pubblica sempre più incline alla tutela delle libertà individuali e sempre più insofferente verso le ingerenze dello Stato nella vita privata. Desta scalpore la vicenda di Giulia Occhini, la famosa “Dama bianca”, amante di Fausto Coppi, che venne arrestata per adulterio nel 1954. Fino al 1968, secondo il “codice Rocco”, una donna denunciata dal marito per adulterio era punibile fino a due anni di reclusione, l’uomo no. L’uguaglianza giuridica uomo-donna è il primo passo verso l’autodeterminazione ma non basta perché occorre una riflessione più profonda. È questo quello che pensano molte donne che partecipano ai collettivi femministi nati a Milano alla fine figli anni Settanta. La critica che si faceva all’emancipazionismo era di aver pensato a una integrazione che avveniva senza mettere in discussione l’ordine esistente. In sostanza, parlare di “uguaglianza e differenza”, vuol dire stare dentro a una visione maschile del mondo. Nel Manifesto di rivolta femminile del 1970 si rendono evidenti le condizioni di una vera e propria rivolta sociale e culturale.
Da anni il divorzio è legge anche in Paesi prevalentemente cattolici come Belgio, Austria, Polonia e Francia. In Italia, l’ultima battaglia comincia nel 1965 e dura un quinquennio. Si parla dell’ultima e non della prima perché, dopo l’Unità d’Italia a parlare per primo di divorzio era stato, nel 1878, un deputato del Salento, Salvatore Morelli, il cui progetto di legge che tutelava gli interessi della famiglia, non riesce ad andare in porto. La sua proposta, però, ebbe una eco negli anni successivi, grazie alle proposte di diversi fautori, che arriva fino all’anno 1902. Il dibattito viene più tardi stroncato da Mussolini che, con i Patti Lateranensi del ’29, abolirà del tutto la questione sul divorzio e si dovranno aspettare circa trent’anni affinché il dibattito venga nuovamente fuori. È il 26 ottobre del 1954 quando Luigi Renato Sansone propone alla Camera una legge sul «piccolo divorzio» che prevedeva l’annullamento del matrimonio in pochi e specifici casi: condanna di uno dei coniugi per lunghi periodi di detenzione, tentativo di uccisione della moglie o viceversa, divorzio ottenuto all’estero, separazione legale o per più di quindici anni. La proposta di legge Sansone è destinata, però, a non avere successo e a decadere alla fine della seconda legislatura nel 1963.
Comincia l’iter travagliato di una legge che divide sia l’opinione politica che la società civile. A dipingere l’immagine di un’Italia divisa in due era Pier Paolo Pasolini con Comizi d’amore, un film d’inchiesta che mostrava il Paese in tutta la sua realtà, dilaniato da contraddizioni, ipocrisie e crisi sociali che attanagliavano soprattutto le famiglie. Dal reportage viene fuori il dibattitto sul divorzio che «irrompe sulla scena pubblica dal basso e, nel contesto storico e sociale del lungo Sessantotto, condizionerà il sistema politico e istituzionale contribuendo a cambiare la politica e la mentalità». Un altro episodio che funge da indicatore della divisione di un Paese tra bigottismo e modernizzazione è il caso “La Zanzara” esploso nella primavera del 1966. Si trattava di un giornalino scolastico degli studenti del liceo Parini di Milano in cui viene pubblicata un’inchiesta condotta fra le studentesse del liceo per conoscere la loro opinione sulla condizione della donna nella società di quel tempo. Il giornalino liceale produce centinaia di copie e crea scandalo per diverse frasi sostenute dalle ragazze in cui si denunciava apertamente il ruolo della Chiesa, vista come oppressiva. Inoltre, si affrontava la questione del divorzio visto come liberazione di una qualche condizione di costrizione tra le famiglie. Le affermazioni vengono considerate eversive e i tre ragazzi, conduttori dell’inchiesta, insieme al preside e alla tipografa che aveva mandato alle stampe il giornale, vengono chiamati in processo. “L’affaire Zanzara” diventa di portata nazionale e ne discutono tutti, anche i capi dei partiti che si schierano da una parte o da un’altra: Democrazia cristiana, conservatrice e integralista si schiera contro i promotori del giornale. Vince l’ala progressista e tutti verranno assolti, meno la tipografa che dovrà pagare una ammenda per non aver registrato il giornalino presso la Cancelleria.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Questioni femminili nella mobilitazione per il divorzio attraverso i giornali

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Informazioni tesi

  Autore: Adriana Montalto
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli studi di Roma Tre
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lettere
  Relatore: Paolo Mattera
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 47

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