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La corporate social responsibility al giorno d'oggi: una possibile analisi della performance sulla sostenibilità fra le divisioni nazionali IKEA

La strategia europea per la diffusione della CSR

La responsabilità sociale delle imprese si è imposta all’attenzione del mondo politico e istituzionale grazie all’azione dell’Unione Europea che ha emanato una serie di documenti d’indirizzo rivolti alle aziende e alle istituzioni. Questi documenti, individuano una correlazione tra l’adozione di strategie socialmente responsabili e il raggiungimento di obiettivi quali competitività, occupazione e sviluppo sostenibile. La Corporate social responsibility è anche un fattore di rilancio e rafforzamento sul piano concorrenziale del sistema europeo che richiede lo sforzo congiunto di diversi attori, dalle imprese alle istituzioni governative fino ad arrivare agli enti no-profit.

Il percorso evolutivo del dibattito europeo sulla CSR parte dal 1993, grazie all’allora presidente Jacque Delors, con la Dichiarazione Europea contro l’esclusione sociale. Tre anni dopo, fu lanciato l’ European Business Network for Social Cohesion (EBNSC), che diventerà CSR Europe nel 2000 con l’obiettivo di agire come piattaforma per lo scambio e la cooperazione tra imprese e stakeholder. Nel marzo del 2000, in occasione del Consiglio Europeo di Lisbona viene declinato l’obiettivo strategico della UE, ossia divenire l’economia più competitiva e dinamica del quadro mondiale, entro il 2010, attraverso una crescita sostenibile che si accompagni con un miglioramento quali-quantitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale., obiettivo che fu ripreso un anno più tardi, a Göteborg nel 2001 con l’esplicita volontà di includere anche lo sviluppo sostenibile.

Gli anni 2001 e 2002 furono caratterizzati da una grande quantità di avvenimenti, in particolare, nel 2001 viene pubblicato il “Green Paper”, e, successivamente nel 2002, vi fu la creazione del “Multi stakeholder forum”, luogo di discussione tra gli stakeholder sulla RSI, promossa da imprese, organizzazioni imprenditoriali, sindacati e rappresentanti della società civile con l’obiettivo di promuovere l’innovazione e la trasparenza nelle pratiche di responsabilità sociale. Attraverso questo percorso, sempre nel 2002, si arriva al “White Paper”, altresì conosciuto come “Comunicazione della commissione europea n.681”, in cui viene proposta una concezione aggiornata e ampliata della responsabilità delle imprese nei confronti della società, sia in termini di impatti positivi che in termini di prevenzione di impatti negativi.

Nel 2006, si aggiunge la terza comunicazione della Commissione: “Implementing the partnership for growth and jobs: making Europe a pole of excellence on coprorate social responsibility”, si delinea sempre più una strategia di promozione della CSR basata su concetti come: volontarietà, competitivià, partnership, coesione sociale e protezione ambientale, sottolineando che, la responsabilità non è elemento addizionale alle attività fondamentali delle imprese, bensì è integrata alla gestione delle stesse. Si sottolineano, infine, due risoluzioni parlamentari del 6 febbraio 2013 circa la responsabilità sociale delle imprese. La prima risoluzione, «Promuovere gli interessi della società e un cammino verso una ripresa sostenibile e inclusiva», si esprime con parere positivo circa la nuova definizione di RSI elaborata dalla Commissione nel 2002, la seconda “Comportamento commerciale trasparente e responsabile e crescita sostenibile”, delinea le nuove misure che le imprese dovranno seguire per implementare la propria politica di RSI e migliorare il proprio impatto sulla società.

Aldilà dell’excursus storico, cerchiamo di entrare nel merito e indagare sulle modalità con cui questi ed altri documenti, che tralasciamo per questioni sintetiche, hanno impattato sui vari paesi UE. Innanzitutto, essendo quest’ultima una confederazione di stati, l’approccio promozionale della CSR non può presentarsi come una politica per tutti calata dall’alto, ma, si configura in modo diverso a seconda delle culture di riferimento. Ad esempio, nei paesi brittanici, nel rispetto della tradizione liberale viene minimizzato l’intervento statale riservando ad esso un ruolo di agente promotore del cambiamento e facilitatore del confronto, contrariamente all’esperienza Francesce che si contraddistingue per l’esistenza di uno Stato regolatore. Nei paesi nordici è tangibile invece un approccio orientato alle partnership, mentre nei paesi mediterranei, in particolare Spagna e Italia si è cercato di puntare su un approccio multistakeholder.

La promozione della responsabilità sociale nell’Unione è ancorata a due concetti chiave: affermare la competitività dell’Europa e porsi come modello alternativo al capitalismo liberista americano, la convinzione politica che la responsabilità sia connessa al concetto di sviluppo durevole. L’Europa vede, dunque, la CSR non come fatto etico soggettivo ma come un qualcosa che è insito nelle linee di sviluppo economico e che permetterà di raggiungere il tanto agognato sviluppo sostenibile.

L’azione comunitaria, come si è potuto carpire dai documenti citati in precedenza, si prefigge di migliorare le prescrizioni normative dei vari paesi senza mai sostituirsi ad esse, in quanto, la neutralità appare necessaria per evitare il conflitto tanto con terzi che si occupano di certificazioni di prodotto o di sistema, quanto tra gli stessi stati o tra stati ed UE in presenza di norme divergenti o diversamente interpretabili. La Commissione, dunque, si impegna a sostenere l’integrazione dei principi di CSR in tutte le politiche dell’UE: occupazione e affari sociali, politica d’impresa, politica ambientale, politica sulla protezione dei consumatori, politica degli appalti pubblici, politica estera.

La stessa Commissione raccomanda di adottare approcci coerenti alle politiche comunitarie e agli obblighi internazionali, in quanto conscia del fatto che i singoli paesi presentano diversi approcci al tema, come dimostrato dalla ricerca “European SMEs and Social and Environmental Responsibility”, a fronte di: diverse caratteristiche strutturali, diverse culture, maggiori o minori pressioni della collettività e/o della domanda. Quanto esposto fin qui si configura come uno studio della CSR a livello macro, dall’evoluzione delle definizioni, ad una definizione attuale, ad un analisi di contesto europeo. Tuttavia, per completare lo studio della RSI non si può prescindere dall’indagare le dinamiche a livello di singola impresa, a livello micro, ed è di questo che ci occuperemo del prossimo paragrafo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La corporate social responsibility al giorno d'oggi: una possibile analisi della performance sulla sostenibilità fra le divisioni nazionali IKEA

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Teta
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Foggia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale, Professioni e Consulenza
  Relatore: Enrica Iannuzzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 114

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