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Le organizzazioni di produttori e acquirenti: un'analisi nell'ottica della decrescita

Le 8 R della decrescita: "Kill PIL"

"Non è possibile convincere il capitalismo a limitare la crescita esattamente come non è possibile persuadere un essere umano a smettere di respirare." Murray Bookchin.

Nell'ottica della teoria della decrescita, al capitalismo non si chiede né un ritorno indietro né un compromesso: quello che si critica è la concezione di economia formale intesa come ricerca di mezzi scarsi per il soddisfacimento di fini, a favore di una definizione sostanziale ovvero dell'economia quale attività che fornisce i mezzi per il soddisfacimento di bisogni (definizione ripresa da Polanyi).
Il primo teorico a formulare un'embrionale definizione di decrescita è Goergescu-Roegen, un'economista autore di numerosi studi multidisciplinari che rientrano nella sua teoria bioeconomica. La riflessione di Goergescu-Roegen parte dalla considerazione che il sistema economico è in perenne relazione con sistema biofisico dal quale preleva materia ed energia sottoforma di risorse naturali e le restituisce sottoforma
di rifiuti. La teoria economica standard, di impianto meccanicistico, ignora le reciproche relazioni di influenza che intercorrono tra i due sistemi, rischiando la contraddizione con i fondamenti della termodinamica e concependo il sistema economico quale isolato e rispondente solo a dinamiche proprie di produzione-consumo. Da qui la critica alla crescita illimitata, "ossessione degli economisti", ma anche allo sviluppo sostenibile perché sottende comunque una crescita di tipo quantitativo. Ciò a cui si deve tendere è una società della decrescita, che non si contrapponga alle leggi della natura ed eviti la crisi da sovrapproduzione con la quale il capitalismo si è scontrato. L'assunto fondamentale posto da Goergescu-Roegen è dunque che il sistema economico si trova inserito in un sistema biofisico dove vigono ferree leggi alle quali è controproducente sottrarsi; la crescita illimitata contraddice le leggi della natura.

A differenza di Goergescu-Roegen, Latouche, forse l'attuale esponente teorico della decrescita più noto, con decrescita intende "uno slogan che vuole rompere gli stereotipi sulla crescita, del fondamentalismo basato sullo sviluppo e dell'economicismo per mostrare la necessità di uscire da questo modo di intendere lo sviluppo" Qui la decrescita diventa un vero progetto socio-economico, aperto alla creatività dell'individuo nell'ottica di una generale attenzione ecologica. Latouche nel suo percorso individua una serie di paradossi con i quali la crescita si scontra: il paradosso della creazione dei bisogni, cioè la tendenza del sistema a imporre agli individui continui bisogni volti a giustificare la crescita ma che come conseguenza non fanno che aumentare frustrazione psicologica e materiale; il paradosso ecologico, che tramite il Pil considera spese virtuose anche quelle nocive all'ambiente o volte a neutralizzare effetti di altre produzioni; il paradosso dell'accumulazione, che considera la crescita come soluzione alle disuguaglianze per l'aumento della disponibilità di merci, quando la conseguenza di una più frenetica produzione non è che l'aumento del divario tra redditi. La società della decrescita si realizza "decolonizzando l'immaginario collettivo della crescita" per la costituzione di una società conviviale, scongiurando però un ritorno al premoderno e al tradizionale. La metodologia per perseguire il tipo di "utopia concreta" (Latouche, 2008) è la creazione di circoli virtuosi interdipendenti e capaci di attivare catene di buone pratiche. Rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Il presupposto alla creazione di una società pacifica e conviviale basata sulla decrescita è la capacità di cambiare l'ordine prioritario nella rosa dei valori che motivano l'organizzazione della vita: altruismo contro egoismo, cooperazione contro concorrenza ma anche tempo libero contro dipendenza da lavoro e locale su globale (rivalutare). Ridefinire i valori alla luce di un nuovo dizionario significa anche riuscire ad ampliare l'ottica semantica di concetti chiave che determinano la percezione di fatti concreti: scarsità e abbondanza, povertà e ricchezza. Cambiare il punto di vista sulla definizione di determinati concetti chiave significa sfuggire all'immaginario economico attuale che distorce sistematicamente la percezione dei reali bisogni (riconcettualizzare). La conseguenza diretta alla capacità di guardare con occhio diverso all'immaginario collettivo è l'adattamento al cambiamento cioè a nuovi modelli sia produttivi che di consumo (ristrutturazione). Iniziare a mettere in pratica il cambiamento significa iniziare a preferire circuiti brevi di consumo, sia per circoscrivere i bisogni che per ridurre l'impatto ambientale delle scelte di consumo (rilocalizzare). "Predare" meno i luoghi destinati al saccheggio significa rendere possibile una distribuzione più equa della ricchezza e consentire condizioni di vita più dignitose per tutti (ridistribuire). Assieme alla rilocalizzazione dei circuiti economici di fondamentale importanza è l'effettiva riduzione della produzione e dei consumi per arginare l'impronta ecologica di uno stile produttivo e consumistico come quello attuale (ridurre). L'alternativa alla riduzione è il riutilizzo della merce apparentemente inutilizzabili. Riutilizzare significa sia evitare di ricorrere a nuovo consumo che diminuire la produzione di rifiuti.

Acquistare prodotti sempre nuovi secondo la filosofia della società del benessere è la via diretta alla crescita perché i nuovi acquisti stimolano nuova produzione, il motore dell'economia. Il nemico naturale del riutilizzo è l'obsolescenza programmata "una politica di deliberata progettazione di un prodotto con una vita utile limitata, che quindi diventerà obsoleto o non funzionante dopo un certo periodo. Ciò si può ottenere costruendo i beni in oggetto con materiali di qualità inferiore, oppure seguendo canoni costruttivi tali da rendere impossibile o troppo costosa la loro riparazione una volta che dovessero guastarsi." Anche la pubblicità contribuisce ad alimentare l'obsolescenza, immettendo nel mercato prodotti sempre più nuovi, con sempre più optional, che inducono nel consumatore l'idea che il prodotto iniziale sia "sorpassato" (riutilizzare). I rifiuti prodotti però devono rientrare in un circuito di riciclaggio che consenta un recupero degli scarti non decomponibili risultati dalle nostre attività.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le organizzazioni di produttori e acquirenti: un'analisi nell'ottica della decrescita

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Forgiarini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Trieste
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Sociologia
  Relatore: Paolo Tomasin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 138

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