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Influenza del lessico inglese nella lingua parlata dagli abitanti dell'alto piacentino

Linguistica geografica: il dialetto con riferimento alla realtà dialettale alto piacentina

C’è spesso differenza tra la vecchia generazione, capace solo di parlar dialetto e con una scarsissima conoscenza (per lo più solo passiva) dell’italiano regionale, e la giovane generazione, discretamente bilingue.
Insomma, mentre alle volte discorriamo di lingua e dialetto come se fossero entità nettamente distinte, quasi olio e aceto, per lo più abbiamo che fare con una serie variamente digradante di miscele.
Contano molto, naturalmente, la volontà e lo sforzo dei singoli: un giornalista, andato a intervistare con alcuni colleghi Enrico De Nicola, si sorprendeva del fatto «che non parlasse napoletano, come ci eravamo immaginati, ma un italiano più che perfetto. ‘Nemmeno con la cameriera!’ egli rispose una volta sdegnato a Giovanni Ansaldo, che gli aveva chiesto se avesse mai usato il dialetto della sua città». Altri mettono molto studio nel parlare bene l’italiano, eliminando il più possibile le tracce dialettali, ma preferiscono usare il dialetto parlando con i conterranei e in famiglia. Altri ancora non dedicano sforzi né all’italiano né al dialetto. Altri, magari, sono puntigliosamente precisi nel distinguere le sinonimie lessicali, e trascurano affatto le peculiarità di pronuncia. E così via.
(Migliorini, 1943,36).

Queste le parole di uno dei massimi linguisti del Novecento, Bruno Migliorini, estrapolate da una sua riflessione sulla natura dei dialetti nell’opera Lingua contemporanea. Il linguista ci porta ad esplorare uno degli ambiti linguistici più insondati, quello del dialetto, evidenziando il rapporto che si è instaurato tra questa varietà linguistica e le masse.
Il dialetto sembra provocare due reazioni tra la gente, diametralmente opposte: la prima è una reazione di rigetto e rifiuto nei confronti di una varietà considerata inferiore e “volgare”; la seconda, sembra accogliere ed elevare questa varietà al di sopra della lingua standard, come baluardo di una propria identità, radicata in un dato contesto e che intende differenziarsi da altre varietà.
Questi due approcci nei confronti del dialetto sono evidenti tanto oggi quanto in passato, come puntualizza Migliorini nella citazione sopra riportata e accendono una diatriba tra i fautori del dialetto e coloro che lo guardano con scherno ed indifferenza.
L’indagine che ho condotto, tra gli altri scopi, cerca di guardare al dialetto da una prospettiva più equilibrata tra i due estremi: dai risultati desunti dall’indagine, tenterò di conferire al dialetto un nuovo statuto, sottolineandone la ricchezza e la vitalità come tratti caratteristici ma sottolineando come questa varietà non si ponga al di sopra della lingua standard, l’italiano, ma ne sia di continuo influenzata e trasformata.
Per comprendere quali sono state le origini e gli sviluppi del dialetto, illustro alcuni passaggi storici che hanno caratterizzato la disciplina che si occupa del suo studio: la dialettologia.
La dialettologia italiana è una sottodisciplina della glottologia che studia le origini ed il costante evolversi delle varietà linguistiche dialettali. La nascita di studi dialettologici affonda le radici a partire dal 1873, con la fondazione della rivista “Archivio Dialettologico Italiano” a cura del linguista goriziano Graziadio Isaia Ascoli che nello stesso anno pubblica l’articolo “Saggi ladini”, in cui per la prima volta individua ed analizza il gruppo dei dialetti ladini. La geografia linguistica nasce grazie al contributo di Jules Gilliéron, svizzero poi naturalizzato francese, autore del primo atlante linguistico nazionale, l’Atlas Linguistique de la France (ALF, 1902-1910). Il nodo intrecciato da questi studi tra linguistica e geografia, si fa ancor più stretto grazie alla messa a punto di un metodo denominato Woerter und Sachen, Parole e Cose, elaborato nei primi del Novecento da Wilhelm Meyer-Luebke ed orientato, come afferma lo stesso Luebke, allo “studio accoppiato della storia degli oggetti insieme alla storia delle parole”(2000, 257). Da queste prime sperimentazioni nasce l’Atlante linguistico e etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale, in tedesco Sprach-und Sachatlas Italiens und der Suedschweiz, (AIS), sotto la supervisione dei linguisti svizzeri Karl Jaberg e Jakob Jud e pubblicato tra il 1928 ed il 1942. Durante il corso del tempo la dialettologia ha intrecciato rapporti fecondi con altre discipline o ambiti di studio tra cui la Sociolinguistica, la Filologia ed anche la Fonetica.
Ci si può ora porre l’interrogativo: “ Cosa si intende per dialetto?”
Il termine greco dialektos, da cui deriva la voce italiana, significava in origine “discorso”, “varietà linguistica”. Soltanto in pieno Rinascimento, nella capitale toscana, Firenze, il dialetto assume una diversa fisionomia, imponendosi come modello di riferimento linguistico, grazie al ruolo esercitato nel campo della letteratura ed all’importanza che in epoca rinascimentale riveste Firenze, centro propulsore di idee e valori.
Spostandoci da una dimensione storica ad una dimensione linguistica, possiamo descrivere il dialetto come varietà che partecipa alle trasformazioni sociali, ai contatti con altri sistemi linguistici collocandosi in un quadro di dinamicità e di interazione sociale. Se prestiamo attenzione ai nostri costumi linguistici, ognuno di noi sarà in grado di indicare contesti in cui si parla in modo diverso dal proprio (anziani rispetto ai giovani, gli operai rispetto ai negozianti, i ragazzi rispetto alla ragazze). La variazione linguistica si riferisce alla proprietà delle lingue di presentare oscillazioni, fluttuazioni, trasformazioni costanti. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Influenza del lessico inglese nella lingua parlata dagli abitanti dell'alto piacentino

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Informazioni tesi

  Autore: Luana Sbalbi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lingue e culture moderne
  Relatore: Guido Michelini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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