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Il Piano di comunicazione Interna come strumento per il miglioramento del clima aziendale e per il coinvolgimento dei collaboratori: il caso Fater.

Lo sviluppo della comunicazione interna in Italia

L’evoluzione della comunicazione all’interno dell’azienda nella storia industriale italiana, dal secondo dopoguerra ad oggi, rispecchia quelle che sono state le linee evolutive tracciate nel precedente paragrafo. In particolare è tra gli anni Cinquanta e gli Ottanta che i rapporti al’interno dell’azienda prendono una forma ben delineata ed è proprio negli anni Ottanta che avviene quella che è la nascita formale e sostanziale della comunicazione interna.
Nella fase che prende vita negli anni Cinquanta, l’attenzione delle parti sociali si concentra sull’obiettivo comune della ricostruzione post bellica del Paese e del sistema industriale godendo di un clima sociale piuttosto disteso, costruttivo con limitati conflitti e tensioni. La produzione aziendale è basata su beni primari non particolarmente sofisticati ed ottenuti mediante processi produttivi semplici e standardizzati, caratterizzati da un’alta intensità di lavoro. Gli schemi organizzativi che si affermano in questo periodo sono tipicamente gerarchici e top-down e le procedure sono rigide come le mansioni, specificate nei minimi dettagli; lo stile della direzione è autoritario e la maggior parte dei lavoratori, di estrazione contadina e con bassa scolarità, non sente l’esigenza di conoscere l’azienda né le sue strategie; il lavoro viene, di conseguenza, visto come mera fonte di sostentamento. In un contesto come questo, la comunicazione interna è di tipo normativo, quindi finalizzata alla trasmissione di disposizioni e procedure, estremamente orientata al ruolo e senza la possibilità di instaurare un dialogo tra vertice e base aziendale. Sul finire degli anni Cinquanta, negli anni del cosiddetto “miracolo economico”, le innovazioni tecnologiche e le nuove “filosofie” di gestione del personale proveniente da oltre oceano, iniziano a far avvertire il bisogno di informazione all’interno delle aziende.
Gli anni Sessanta sono caratterizzati dall’espansione della domanda in termini quantitativi, ma anche da prodotti qualitativamente migliori rispetto a quelli del passato. Le aziende, vista la crescente domanda, devono accrescere i volumi produttivi e contestualmente ampliare, potenziandole, le strutture produttive. Ciononostante, se da un lato le aziende iniziano a dedicare un’attenzione maggiore alle relazioni esterne e quindi ai rapporti con i consumatori e con l’opinione pubblica in generale, per fornire informazione sui prodotti ed attirare a sé consensi, dall’altro, all’interno delle aziende stesse, non si verifica un corrispondente sviluppo di quelle che sono le relazioni interne con il personale. In buona sostanza, non si va oltre l’orientamento marcatamente paternalistico del precedente decennio. In un contesto di questa natura, l’attenzione non è rivolta solo alle grandi aziende, ma sono le piccole e medie imprese che si dimostrano più flessibili di fronte a quelle che sono le esigenze del mercato e maggiormente attente ai problemi della collettività; le piccole e medie imprese prendono vita all’interno di una nuova dimensione, quella umana. In buona sostanza, gli anni Sessanta, sono gli anni delle Relazioni Umane e della consapevolezza del prezioso apporto personale alla gestione aziendale.
È nella prima metà degli anni Novanta che si inizia a delineare un nuovo orientamento nell’ambito dello studio della comunicazione aziendale, andando oltre il tradizionale approccio del marketing mix. Si viene così a configurare una nuova prospettiva di gestione dell’azienda che si affianca e si mescola con la filosofia del marketing: si coglie l’importanza dell’incidenza della comunicazione sull’immagine aziendale e si sottolinea la valenza strategica che la comunicazione stessa ha per quanto riguardava il raggiungimento delle finalità aziendali. Marketing e comunicazione vengono a rappresentare due aspetti distinti che fanno riferimento alla stessa realtà: l’azienda. Secondo Edoardo Teodori Brioschi la notorietà e gli effetti della comunicazione che un’azienda raggiunge, non sono frutto unicamente della pubblicità e neanche delle attività di comunicazione commerciale, ma di un insieme di fattori, interni ed esterni all’azienda, di cui la “la pubblicità non rappresenta che una componente e non sempre la più importante”. Broschi prosegue aggiungendo che l’elemento centrale al quale politica di comunicazione globale fa riferimento è rappresentato dall’immagine, cioè dalla “valutazione di cui l’azienda gode presso i propri pubblici” di riferimento che egli distingue tra il pubblico interno all’azienda e il pubblico esterno all’azienda; se il primo è costituito dai responsabili dell’azienda stessa, dai quadri intermedi, dagli impiegati e dagli operai, il secondo tipo di pubblico di riferimento, quello esterno, comprende i fornitori, i prescrittori, gli opinion leader, gli intermediari commerciali, i consumatori e gli utilizzatori, gli ambienti finanziari e quelli politici. È quindi in questi anni che si parla per la prima volta di pubblici interni in un’ottica di comunicazione globale e non più in un’ottica di relazioni pubbliche.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il Piano di comunicazione Interna come strumento per il miglioramento del clima aziendale e per il coinvolgimento dei collaboratori: il caso Fater.

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgia Mazzotta
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Teramo
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Pubblicità e comunicazione d'impresa
  Relatore: Luciano D'Amico
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 104

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