Skip to content

Le imprese multinazionali fra produzione di valore su scala mondiale e fenomeni di elusione fiscale

Meccanismi di funzionamento e scenari di impatto della global minimum tax

Grazie alla sinergica cooperazione diplomatica insita nel vertice internazionale del G7, che si è svolto a Carbis Bay nel giugno del 2021, è stato possibile conciliare i punti nevralgici provenienti sia dal piano Yellen che dalla proposta elaborata in seno alla Commissione UE, sviluppando un progetto preliminarmente condiviso denominato global minimum tax (GMT) e concernente l’imposizione di una tassa minima globale sui profitti delle imprese multinazionali. L’accordo raggiunto intorno a tale progetto è stato sottoscritto da ben 132 Paesi, al fine di aggirare l’ostruzionismo posto in essere da alcuni Paesi del Nord Europa, i quali trarrebbero maggiori vantaggi dalla reiterata applicazione di una tassazione effettiva sui profitti inferiore al 15%. In particolare, l’accordo è perfettamente conforme alla proposta elaborata dai Paesi del G7 (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Germania, Francia, Italia e Giappone) e anche se tutti gli Stati facenti parte del G20 lo hanno sottoscritto, diversi sono stati invece quelli che hanno espresso diniego: Irlanda, Ungheria, Estonia, Nigeria, Perù, Kenya, Barbados, St. Vincent e Grenadines. Per quanto concerne il contenuto, l’accordo è composto da due elementi distinti: il meccanismo di implementazione di una tassa minima sui profitti societari e il sistema funzionale alla ripartizione di una porzione dei profitti dei gruppi societari più grandi, tra Paesi sottoscrittori.
La peculiarità di tale progetto è riscontrabile nel fatto che esso sarebbe in grado di funzionare anche nell’ipotesi in cui alcuni Stati mantenessero delle aliquote sui profitti inferiori rispetto a quella concordata dai 132 paesi. A tal proposito, l’accordo preliminare ha fissato una soglia minima di aliquota al 15%, applicabile a tutte le imprese multinazionali che presentano ricavi pari o superiori a 750 milioni di euro.
Particolarmente interessante è anche la capacità di contro-elusione che caratterizza il progetto; infatti, se una multinazionale dovesse attuare strategie di profit-shifting (spostamento dei profitti) verso gli Stati non sottoscrittori dell’accordo e aventi aliquote effettive minori del 15%, i Paesi di residenza della casa madre potranno prelevare da questa la percentuale di imposte non pagate, sino a quando il prelievo complessivo – tra l’uno e l’altro Stato – non sarà pari al 15% del profitto. Di riflesso, se la casa madre di una multinazionale fosse invece ubicata in un Paese con un’aliquota minore del 15%, gli Stati sottoscrittori potranno tassare le local subsidiaries di tale impresa, innescando un meccanismo di compensazione sul mancato pagamento di imposte, imputabile all’ubicazione della controllante. Pertanto, un siffatto sistema garantirebbe un’imposizione effettiva almeno del 15% e, contestualmente, mitigherebbe le condotte volte alla pianificazione fiscale predatoria.
Traslando la chiave di lettura sui criteri di ripartizione del gettito, è possibile asserire che essi si basano su un principio comune fra piano Yellen e proposta comunitaria, ovvero il già citato formulaic approach; un principio, quest’ultimo, in ragione del quale la ripartizione riguarderà soltanto le multinazionali che producono ricavi per oltre 20 miliardi di euro (Gottardo, 2021). A loro volta, i profitti scaturiti da tali ricavi verranno ripartiti tra Paesi in base alla geografia delle vendite e dell’impiego dei prodotti (ad es. per i servizi digitali venduti online) di ciascuna multinazionale.
Nello specifico, il criterio di ripartizione è il seguente: per ciascuna impresa è tassabile massimo il 30% rispetto ad un margine di profitto in eccedenza del 10%; ciò sta a significare che per un’impresa che detiene 100 miliardi di ricavi e 20 miliardi di profitti in un Paese diverso da quello di residenza (quindi con un margine di profitto sui ricavi del 20%), la parte di profitti tassabile dal Paese non di residenza sarebbe solo 3 miliardi su 20, cioè il 30% di 10 miliardi (l’eccedenza rispetto al margine del 10%). Tuttavia, è bene precisare che sussistono anche dei punti di debolezza (Gottardo, 2021):
✓ in primo luogo, poche sono le imprese interessate da questa ripartizione e lo si deduce esaminando l’evidenza empirica del 2019, quando poco più di 1.000 imprese avevano ricavi maggiori di 20 miliardi di euro.
✓ in secondo luogo, un fattore di ostacolo è anche l’esenzione del margine di profitto del 10%, in quanto, sempre nel 2019, delle prime 500 imprese globali soltanto 111 avevano un margine superiore a tale soglia. Molte di queste sono fra l’altro escluse in base allo stesso accordo che, ad esempio, non colpisce le imprese estrattive.
La vera svolta è arrivata nel mese di ottobre 2021 quando, a seguito del dibattito in sede OCSE, è stato ratificato dal G20 a Roma un nuovo accordo che chiarisce e rinforza l’intesa raggiunta in estate riguardo ai meccanismi di funzionamento della GMT. Invero, sono stati elaborati due pilastri, che rappresentano una più chiara definizione dei meccanismi di tassazione globale dei profitti societari, la cui applicazione è da discernere in base a due diverse soglie di fatturato.
In linea con quanto descritto sopra, l’assetto del primo pilastro conferisce, agli Stati aderenti all’accordo, l’opportunità di tassare una quota dei profitti delle multinazionali con fatturato superiore ai 20 miliardi di euro, indipendentemente dalla presenza legale dell’impresa nel Paese. In questo modo, verrebbe assoggettato a tassazione il 25% dell’indice che è definito come residual profit, ossia la differenza fra i profitti (differenza fra ricavi e costi) delle multinazionali il 10% del loro fatturato (somma di tutti i ricavi); pertanto, tutte le imprese che presentano livelli di profitto inferiori al 10% del fatturato non sono interessate dall’imposizione. Tale sistema consente di determinare, nel concreto, una nuova base imponibile che, in seconda battuta, verrà distribuita tra i Paesi, proporzionalmente al fatturato realizzato dalle multinazionali in ognuno di essi; tale base imponibile sarà conseguentemente sottoposta all’aliquota fiscale facente capo a ciascuno di tali Paesi. Per converso, nel Paese di residenza della multinazionale, la base imponibile è costituita da due fattori: la quota di profitto eccedente al residual profit (quindi fino al 10% del fatturato); il rimanente 75% del residual profit. Sotto tale aspetto, è lapalissiano che i livelli redistributivi sono minimi, ma l’ausilio di un esempio può quantificarne meglio la portata: se un’impresa realizza un fatturato pari a 100 miliardi e, di conseguenza, livelli di profitto pari a 26 miliardi, la parte tassabile dai Paesi non di residenza è individuabile calcolando il 25% del residual profit; considerando che tale valora ammonta a 16 miliardi (26 miliardi di profitti meno il 10% del fatturato pari a 100 miliardi), la nuova base imponibile da poter ripartire equivarrà a soli 4 miliardi, mentre i rimanenti 22 miliardi (il 75% del residual profit) saranno tassati dallo Stato di residenza (Favero e Musso, 2021).
In aggiunta a ciò, va precisato che le imprese finanziarie, estrattive e le attività svolte in Paesi da cui si traggono ricavi contenuti sono avulse da tali meccanismi. Infine, il primo pilastro invita i Paesi aderenti ad abrogare le imposte sui servizi digitali prima dell’entrata in vigore dell’accordo prevista per il 2023, oltre a non introdurne di nuove in futuro.

Analizzando, invece, il secondo pilastro, è doveroso sottolineare che esso si presenta come un vero e proprio assioma illustrativo, volto all’implementazione di una strategia nascente dal sinergico connubio fra i punti nevralgici del piano Yellen e quelli della proposta elaborata in seno alla Commissione UE. Conformemente a tale strategia, il pilastro contempla una duplice azione: l’introduzione di un’imposta effettiva (cioè al netto di vari ed eventuali benefici fiscali) del 15% sui profitti delle imprese multinazionali aventi ricavi superiori ai 750 milioni di euro (inferiore quindi al 21% proposto inizialmente dal piano Yellen); l’esistenza di tale imposta anche per le imprese operanti in Stati con aliquote effettive inferiori al 15%. In altre parole, viene confermata la strategia di contro- elusione prevista dalla proposta comunitaria, in forza della quale se una multinazionale adotta pratiche di profit shifting, hybrid mismatch arrangements o transfer pricing, mediante il coinvolgimento di Stati non aderenti all’accordo e al fine di pagare un’aliquota inferiore al 15%, allora il Paese in cui è residente la casa madre ha l’opportunità di prelevare da quest’ultima la percentuale rimanente, garantendo così un’imposizione complessiva pari al 15%. Tuttavia, è opportuno precisare che l’accordo prevede l’esclusione, dal computo dei profitti, del 5% del valore delle immobilizzazioni materiali e del costo del personale; in particolare, tali esoneri giungeranno progressivamente in 10 anni, iniziando originariamente con esenzioni pari all’8% del valore delle immobilizzazioni materiali e al 10% dei salari.
A fornire un giudizio di merito sul rilievo e sull’incisività di un siffatto impianto normativo globale sarà, ovviamente, l’evidenza empirica; cionondimeno, è doveroso e interessante analizzare il contenuto dei primi pronostici quantitativi: l’attuale Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco ha teorizzato che l’Italia potrebbe ottenere un gettito piuttosto esiguo dal nuovo sistema di tassazione delle multinazionali, simile a quello della già esaminata Digital Tax (230 milioni di euro nel 2020) che però sarebbe rimossa; tuttavia, è abbastanza plausibile ritenere che il Ministro si riferisse al gettito del solo primo pilastro. Invero, è la stessa OCSE ad aver precisato come quest’ultimo dovrebbe implicare l’equa distribuzione di 125 miliardi di dollari di profitti (circa 110 miliardi di euro) tra gli Stati di non residenza delle imprese multinazionali. In particolare, considerando il PIL relativo dell’Italia in relazione a quello degli altri Paesi (2,5%) quale proxy del fatturato per la ripartizione, all’Italia toccherebbero orientativamente 2,7 miliardi; se, in seconda battuta, a questi ultimi venisse applicata l’aliquota IRES del 24%, ne scaturirebbe un gettito per l’Italia di circa 640 milioni, senz’altro più elevato rispetto a quello della Digital Tax, ma comunque modesto.
Per quanto concerne l’eventuale gettito derivante dal secondo pilastro, alcune stime recenti lo quantificano intorno ai 2,3 miliardi per il primo anno di implementazione dell’accordo, per poi subire un graduale incremento – in 10 anni – fino a 2,6 miliardi, grazie al regime transitorio delle esenzioni. In sostanza, come espresso anche dalla figura 18, tutti i Paesi aderenti all’accordo otterrebbero vantaggi significativi in termini di gettito fiscale dal secondo pilastro, specialmente quelli di grandi dimensioni come USA e Canada, ma anche quei Paesi che si sono sempre contraddistinti per l’applicazione di regimi fiscali agevolati per le imprese come Irlanda e Lussemburgo (Favero e Musso, 2021).
[...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le imprese multinazionali fra produzione di valore su scala mondiale e fenomeni di elusione fiscale

CONSULTA INTEGRALMENTE QUESTA TESI

La consultazione è esclusivamente in formato digitale .PDF

Acquista

Informazioni tesi

  Autore: Emilio Cameli
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi del Molise
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze della politica
  Relatore: Maria Cipollina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 99

FAQ

Per consultare la tesi è necessario essere registrati e acquistare la consultazione integrale del file, al costo di 29,89€.
Il pagamento può essere effettuato tramite carta di credito/carta prepagata, PayPal, bonifico bancario.
Confermato il pagamento si potrà consultare i file esclusivamente in formato .PDF accedendo alla propria Home Personale. Si potrà quindi procedere a salvare o stampare il file.
Maggiori informazioni
Ingiustamente snobbata durante le ricerche bibliografiche, una tesi di laurea si rivela decisamente utile:
  • perché affronta un singolo argomento in modo sintetico e specifico come altri testi non fanno;
  • perché è un lavoro originale che si basa su una ricerca bibliografica accurata;
  • perché, a differenza di altri materiali che puoi reperire online, una tesi di laurea è stata verificata da un docente universitario e dalla commissione in sede d'esame. La nostra redazione inoltre controlla prima della pubblicazione la completezza dei materiali e, dal 2009, anche l'originalità della tesi attraverso il software antiplagio Compilatio.net.
  • L'utilizzo della consultazione integrale della tesi da parte dell'Utente che ne acquista il diritto è da considerarsi esclusivamente privato.
  • Nel caso in cui l’utente che consulta la tesi volesse citarne alcune parti, dovrà inserire correttamente la fonte, come si cita un qualsiasi altro testo di riferimento bibliografico.
  • L'Utente è l'unico ed esclusivo responsabile del materiale di cui acquista il diritto alla consultazione. Si impegna a non divulgare a mezzo stampa, editoria in genere, televisione, radio, Internet e/o qualsiasi altro mezzo divulgativo esistente o che venisse inventato, il contenuto della tesi che consulta o stralci della medesima. Verrà perseguito legalmente nel caso di riproduzione totale e/o parziale su qualsiasi mezzo e/o su qualsiasi supporto, nel caso di divulgazione nonché nel caso di ricavo economico derivante dallo sfruttamento del diritto acquisito.
L'obiettivo di Tesionline è quello di rendere accessibile a una platea il più possibile vasta il patrimonio di cultura e conoscenza contenuto nelle tesi.
Per raggiungerlo, è fondamentale superare la barriera rappresentata dalla lingua. Ecco perché cerchiamo persone disponibili ad effettuare la traduzione delle tesi pubblicate nel nostro sito.
Per tradurre questa tesi clicca qui »
Scopri come funziona »

DUBBI? Contattaci

Contatta la redazione a
[email protected]

Ci trovi su Skype (redazione_tesi)
dalle 9:00 alle 13:00

Oppure vieni a trovarci su

Parole chiave

elusione fiscale
ide
imprese multinazionali
flat tax
global minimum tax
golden power
corporate tax rate
outsourcing e off-shoring
catene globali di valore
complessità fiscale

Tesi correlate


Non hai trovato quello che cercavi?


Abbiamo più di 45.000 Tesi di Laurea: cerca nel nostro database

Oppure consulta la sezione dedicata ad appunti universitari selezionati e pubblicati dalla nostra redazione

Ottimizza la tua ricerca:

  • individua con precisione le parole chiave specifiche della tua ricerca
  • elimina i termini non significativi (aggettivi, articoli, avverbi...)
  • se non hai risultati amplia la ricerca con termini via via più generici (ad esempio da "anziano oncologico" a "paziente oncologico")
  • utilizza la ricerca avanzata
  • utilizza gli operatori booleani (and, or, "")

Idee per la tesi?

Scopri le migliori tesi scelte da noi sugli argomenti recenti


Come si scrive una tesi di laurea?


A quale cattedra chiedere la tesi? Quale sarà il docente più disponibile? Quale l'argomento più interessante per me? ...e quale quello più interessante per il mondo del lavoro?

Scarica gratuitamente la nostra guida "Come si scrive una tesi di laurea" e iscriviti alla newsletter per ricevere consigli e materiale utile.


La tesi l'ho già scritta,
ora cosa ne faccio?


La tua tesi ti ha aiutato ad ottenere quel sudato titolo di studio, ma può darti molto di più: ti differenzia dai tuoi colleghi universitari, mostra i tuoi interessi ed è un lavoro di ricerca unico, che può essere utile anche ad altri.

Il nostro consiglio è di non sprecare tutto questo lavoro:

È ora di pubblicare la tesi