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Scritto e parlato per una nuova riabilitazione del dialetto salentino

Neodialettalità

Nell’Italia meridionale la preponderanza dell’italiano a discapito del dialetto è un fenomeno meno accentuato rispetto alle altre aree (come abbiamo già visto con i risultati della ricerca ISTAT del 2017) e si è trattato di un processo che si è sviluppato in maniera più rapida rispetto alla media nazionale: probabilmente questa è la conseguenza di un atteggiamento antidialettale ancora diffuso che ha relegato l’utilizzo del dialetto a contesti d’uso limitati come le mura domestiche o situazioni molto informali.
Determinante a questo proposito è stata indubbiamente la questione meridionale poiché i giudizi ad essa legati hanno portato i parlanti del sud Italia a considerare il loro dialetto un marchio di povertà, di inferiorità, qualcosa da debellare e sostituire con la lingua vera da ostentare invece come prova di un nuovo status sociale. [M. Grimaldi, Il dialetto rinasce in chat, Quaderni del dipartimento di linguistica – Università di Firenze, Unipress, 2004.]
Questo atteggiamento di natura extra-linguistica che associa il dialetto ad un’immagine negativa si incrocia oggi con quello grazie al quale si fa strada una nuova dialettizzazione, un nuovo utilizzo consapevole dello stesso: nonostante la sempre maggiore espansione dell’italiano implichi inevitabilmente un minore utilizzo dei dialetti, il loro destino pare non essere inesorabilmente segnato di coloro i quali non li adoperano in maniera conflittuale con l’italiano. [C. Marcato, Dialetto, dialetti e italiano, Bologna, il Mulino, 2002.]

Ci si potrebbe istintivamente aspettare che ad utilizzare volontariamente il dialetto siano più che altro le vecchie generazioni, quelle che ne hanno una padronanza più completa, che probabilmente vi sono affettivamente più legate e che lo percepiscono come una caratteristica identitaria imprescindibile: inaspettatamente, invece, sempre più giovani parlano il dialetto, scelgono di non abbandonarlo o persino di recuperarlo.

Termini o locuzioni tradizionali, una volta divenuti rari o del tutto sostituiti da termini e voci italianeggianti, riemergono affermandosi nell’uso come regionalismi o localismi, i quali vengono impiegati in contesti di italiano colloquiale anche da parlanti con una scarsa e lacunosa competenza passiva del dialetto e, in particolare, sono recuperati nel linguaggio giovanile studentesco, di generazioni - dunque - che dovrebbero essere distanti dal dialetto ed invece attingono con grande frequenza proprio alla matrice dialettale per creazioni lessicali e semantismi metaforici. [B. Badini, Il confine dialetto-italiano e italiano standard-italiano regionale: a proposito di uso scritto e parlato dei ‘regionalismi’ emiliani e romagnoli, in I confini del dialetto, a cura di G. Marcato, atti del convegno, Belluno, 5-9 luglio 2000. Padova, Unipress, 2001.]

È lecito interrogarsi sulle motivazioni che spingono le nuove generazioni ad attingere ad un codice linguistico che talvolta non padroneggiano completamente e che non è, ormai, quello preponderante nelle loro comunicazioni, sulle modalità che utilizzano per inserirlo nel loro linguaggio ed i domini in cui questo avviene.
Parlare di rivalutazione nostalgica della realtà dialettale del passato non è del tutto corretto giacché si tratta più che altro di una ripresa funzionale: sebbene da un lato ci siano, infatti, alcuni sintomi che rappresentano un «recupero o sta comunque scomparendo […], quindi la certificazione dell’obsolescenza del dialetto» [G. Berruto, A mo’ di introduzione, in Lingua e dialetto nell’Italia del Duemila, a cura di A. A. Sobrero, A. Miglietta, Galatina, Congedo Editore, 2006.], dall’altro si presenta una situazione tale da far parlare di una «ripresa funzionale e di uso, sia pure parziale, di qualche cosa che c’è ancora ed è ancora ben vivo […]: quindi la prova della persistenza della sua forza» [G. Berruto, A mo’ di introduzione, in Lingua e dialetto nell’Italia del Duemila, a cura di A. A. Sobrero, A. Miglietta, Galatina, Congedo Editore, 2006.].
Non assistiamo dunque al ripristino delle varietà dialettali di cinquant’anni fa ma ad una conversione d’uso di queste lingue e ad usi nuovi ad esse legati. [M. Grimaldi, Il dialetto rinasce in chat, Quaderni del dipartimento di linguistica – Università di Firenze, Unipress, 2004.]
Le parole dialettali vengono utilizzate in quanto veicoli di maggiore carica emotiva e spesso più adatte a rendere espressività e vivacità di un discorso, entrano a far parte del linguaggio giovanile non con una funzione prettamente denotativa, non sopperiscono quindi alla necessità di riferirsi a qualcosa di preciso, ma vengono utilizzate con funzione ludico-espressiva quando, ad esempio, vogliono designare caratteristiche personali che il gruppo considera negative, o con funzione emotiva, scherzosa, o in forme esclamative o allocutive. [C. Marcato, Dialetto, dialetti e italiano, Bologna, il Mulino, 2002]
Il dialetto, insomma, si è scrollato di dosso la marca di povertà sociolinguistica per diventare una ricchezza sociolinguistica [M. Grimaldi, Il dialetto rinasce in chat, cit.], inizia a godere «di una rivitalizzazione - relativamente recente - che lo vede espandersi ed estendersi - esclusivo all'italofonia.» [A. A. Sobrero, Lecce: italiano e dialetto degli adulti, fra lavoro e media, in Lingua e dialetto nell’Italia del Duemila a cura di A. A. Sobrero, A. Miglietta, Galatina, Congedo Editore, 2006]

Rilevante per questo scopo è stata anche la tendenza negli ultimi decenni da parte di Regioni, Stato e Unione Europea ad adottare delle misure volte alla tutela e la valorizzazione delle lingue locali, ad esempio attraverso progetti di sensibilizzazione dei parlanti, di raccolta e sistematizzazione di materiali scritti editi e inediti di autori locali, di creazione di basi di dati di parlato per la conservazione della storia e delle peculiarità delle varie comunità linguistiche, ecc.: anche quest’intervento istituzionale ha fatto sì che il dialetto fosse liberato dalla stereotipizzazione negativa che lo colpiva da tempo. [A. A. Sobrero, Lecce: italiano e dialetto degli adulti, fra lavoro e media, in Lingua e dialetto nell’Italia del Duemila a cura di A. A. Sobrero, A. Miglietta, Galatina, Congedo Editore, 2006]
Questa rivitalizzazione del dialetto passa sia attraverso le comunicazioni orali che in quelle scritte, passando per domini inaspettati come romanzi, racconti, musica, social networks, insegne di locali, cinema, video su Youtube, ecc.
Anche per il dialetto salentino, come gli altri dialetti soprattutto meridionali, si sta assistendo ad un nuovo slancio, un rinvigorimento in questi domini: nei prossimi paragrafi ne vedremo alcuni esempi ma, prima, analizzeremo i risultati di una mia indagine sull’argomento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Scritto e parlato per una nuova riabilitazione del dialetto salentino

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Informazioni tesi

  Autore: Mariangela Gallo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università Telematica "E-Campus"
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Marco Giola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

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