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La terza nazione del mondo. Un viaggio antropologico tra significazioni, istituzionalizzazioni e negoziazioni della difformità

Novellistica e fiabistica della ''difformità''

Come ebbe a sottolineare lo stesso Lachal, le narrazioni di una disabilità soggettivata secondo il vissuto dei personaggi, sono sorprendenti poiché scarse di argomenti centrati sulla sofferenza fisica. Prevale invece, secondo tonalità e intensità che sono molto variabili, una sofferenza morale in relazione alla vita materiale ed al contesto familiare dei personaggi. Il mendicante cieco presente in uno dei racconti di Giuseppe Taverna, rappresenta uno dei modelli principali, l'idealtipo del povero "difforme": «La limosina non si conviene che a'vecchi, a'ciechi, agli storpi, a tutti quelli in somma che non han modo di poter sussistere altrimenti.».

La sofferenza morale, spesso manifestata con le lacrime, costituisce uno dei tratti principali di questi personaggi che hanno certamente connotati tristi e depressi. A fianco di queste figure afflitte e dimesse, è possibile rintracciare anche il personaggio del "difforme" felice e sereno. Stando al corpus analizzato da Lachal, l'immagine triste e quella felice della difformità sono, numericamente, pressoché simili.

Apparentemente dicotomiche, in realtà tali figure appartengono ad una medesima immagine in cui gli opposti si congiungono. Molti personaggi cercano infatti, di compensare avidamente le proprie frustrazioni e tristezze: da qui la loro grande capacità di cogliere tutte quelle piccole gioie che la vita quotidiana può portare anche ad un "difforme", e dunque goderne.

Sempre secondo Lachal, i meccanismi psicologici messi sulla pagina scritta da Alberto Coppo e relative al cieco Renzo ne Il triangolo giallo hanno qualche analogia con la madeleine di Proust. È necessario comunque evidenziare come si tratti di gioie fugaci, rubate ad una vita di sofferenze e privazioni. Inoltre tali gioie si collocano sempre in situazioni e piccoli eventi che, per un attimo, sembrano sospendere la difformità, puntando in qualche modo alla sua astrazione. E dunque, la felicità può materializzarsi solo laddove la condizione di persona difforme è per qualche momento dimenticata, ma sottolineandone contestualmente la natura oppressiva che esprime tale stato.

Talvolta emerge come alcuni personaggi riescano a rintracciare, in questi brevi momenti di gioia, la dimensione per cui la loro condizione non è solo una sfortuna irreversibile, ma anche la possibilità di vivere in una serenità ritrovata grazie ad una nuova gioia. Per questi personaggi la felicità rappresenta l'esito di una lunga battaglia contro le avversità, la difformità perde la dimensione frustrante legandosi ad altri valori quali la Patria o Dio, i quali la consegnano ad un nuovo ethos, alla quale essi assegnano un nuovo valore. E dunque l'esistenza si colora così di senso compiuto e addirittura di nobiltà, come emerge nella figura di Pasqualino della scrittrice Teresah, oppure nella novella Un secreto prezioso presente nei racconti scritti da Giulio Tarra, direttore dell'Istituto dei sordomuti di Milano.

Ma lo stesso Tarra, restituisce nei suoi racconti anche personaggi che lottano contro la loro difficile situazione, superando le dure conseguenze psicologiche e sociali del loro status di infermi sensoriali, i quali nonostante tutto riescono ad aprire una breccia nel buio e nel silenzio che li circonda. Senza dimenticare il personaggio di Nelli presente nel libro Cuore, un «povero gobbino» quanto ostinato, poiché non intende ottenere esoneri per l'ora di ginnastica, e ciò con l'intento di potersi confrontare coi suoi pari. Alcuni personaggi sono poi votati ad una vittoria ancora più grande poichè recuperano, in modo parziale o totale, la normalità inficiata dalla difformità.

Questo canone ha evidentemente radici ben più antiche, pensiamo alle già accennate taumaturgiche guarigioni neotestamentarie, ma è possibile rintracciarlo anche nel ricchissimo corpus di fiabe della tradizione regionale italiana, costituito da duecento fiabe raccolte da Italo Calvino, molte delle quali rappresentano in qualche forma la disabilità o i topic ad essa correlati. In ultimo vengono rappresentati anche individui difformi come esseri superiori, ovvero personaggi che episodicamente o durevolmente stanno ben al di sopra del livello medio dell'umanità, se è vero che l'altruismo, il sacrificio della propria vita per gli altri è spesso in grado di produrre ammirazione. Infatti quando l'autore del gesto è una persona difforme, si raggiunge l'apice del valore morale e narrativo, un exemplum sotto questo punto di vista è costituito dal romanzo di Pasqualino, ispirato direttamente alla figura di Enrico Toti, e di cui abbiamo già ampiamente trattato.

Tutto ciò non deve stupire, poiché la difformità ha operato nel corso della storia, all'interno delle narrazioni, come una delle forme di diversità più utilizzate in quanto motore dell'azione stessa. Una dinamica per la quale, in larga parte della tradizione fiabistica popolare di tutto il mondo, si transita nel corso della narrazione da una situazione di disequilibrio iniziale ad una di equilibrio. Tale dinamica è stata puntualmente sintetizzata attraverso la locuzione «narrative prosthesis», condizione evidenziata anche dall'antropologo russo Vladimir Propp nella sua nota monografia sulla morfologia della fiaba. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La terza nazione del mondo. Un viaggio antropologico tra significazioni, istituzionalizzazioni e negoziazioni della difformità

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Pannunzi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Antropologia culturale ed etnologia
  Relatore: Laura Faranda
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 180

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Parole chiave

disabilità
inclusione
esclusione
stigma
riabilitazione motoria
liminalità
protesizzazione
difformità
transumanesimo

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