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La follia di Amleto tra psicoanalisi e cinema

Ofelia: il lutto del fallo

Ofelia è introdotta da Shakespeare non più come esca destinata a strappare il segreto di Amleto, come nella leggenda di Belleforest, ma per interrogare il segreto del desiderio, da qui la sua funzione di fallo.
Lacan ordina le apparizioni di Ofelia nel dramma in tre tempi fondamentali.
Il primo tempo è definito ʽestrangementʼ, alienazione, e riguarda il primo incontro di Ofelia con Amleto, reduce dalla visione dello spettro, incontro nel quale emerge la distanza che il principe assume nei confronti dell’oggetto col quale gli è ormai difficile identificarsi; da qui il suo vacillamento in presenza di ciò che fino a quel momento era stato l’oggetto conscio del suo desiderio.

"Questo atteggiamento sicuramente patologico testimonia di un grande disordine nel suo stato simile a quello del periodo di irruzione di una qualche disorganizzazione soggettiva. Qualcosa vacilla nel fantasma sino a farne apparire i suoi componenti che si manifestano, nei sintomi, come un’esperienza di ʽspersonalizzazioneʼ, ʽUnheimlicheʼ, nel quale i limiti immaginari tra il soggetto e l’oggetto si scambiano nell’ordine del fantastico" (ROSALBA GALVAGNO, (a cura di), Introduzione a Jacques Lacan, Lettura dell’Amleto).

ʽUnheimlicheʼ non è legato ad una sorta di irruzione dell’inconscio, ma ad una sorta di squilibrio che si produce nel fantasma allorquando esso si decompone, facendo apparire al posto dell’immagine dell’altro, la propria immagine, il proprio io.
Più avanti Ofelia apparirà completamente dissolta come oggetto del desiderio: «I did love you once» («Ti ho amata un tempo», Atto III.1, v.114).
Amleto si rivolge a lei con aggressione, è violentemente rifiutata in quanto incarnazione di tutti io peccati delle donne, essa, infatti, viene considerata una procreatrice di peccatori, essa non è nient’altro che il supporto di una vita condannata da Amleto nella sua essenza: «Get thee to a nunnery. Why wouldst thou be a breeder of sinners?» («Vattene in convento. Perché vorresti essere una procreatrice di peccatori?», Atto III.1, v. 121).
È questo il secondo tempo, in cui si produce una distruzione o perdita dell’oggetto, per il soggetto, l’oggetto viene rigettato con tutto il suo essere e lo ritroverà solo nel momento in cui lui stesso si sacrificherà.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La follia di Amleto tra psicoanalisi e cinema

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Informazioni tesi

  Autore: Veronica Vinci
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filologia moderna
  Relatore: Rosalba Galvagno
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 243

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