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Il pellegrinaggio, un fenomeno di successo in una società liquida

Pellegrinaggio o turismo religioso?

Ha ancora senso parlare di pellegrinaggio dopo quest’opera di ibridazione e metamorfosi? Enzo Nocifora inizialmente ne dubita, prendendo atto delle motivazioni plurime di chi visita un tradizionale luogo sacro (Nocifora 2010, 182-184). Il pellegrinaggio ha senso in una società integralista, senza soluzione di continuità tra istituzioni civili e religiose. Nelle società secolarizzate, invece, esiste solo il turismo.

Nelle società secolarizzate non vi può essere pellegrinaggio in senso proprio, ma soltanto una pratica turistica che somiglia al pellegrinaggio, che ne assume le forme esteriori, perdendo completamente il contenuto più caratteristico che è determinato dall’esperienza mistica di contatto con la divinità, con l’idea del sacro. [Enzo Nocifora (2010, 184)]

Effettivamente, come si è visto nel capitolo 1 (par. 3.3), certe forme di turismo prevedono un distacco netto dalla routine e dalla vita sociale e, in qualche modo, assolvono a un bisogno a cui in passato rispondeva il pellegrinaggio. Nelle società laiche, pertanto, ove si è perso il valore prescrittivo e vincolante della religione, è forse più corretto parlare di turismo religioso.
Il turismo religioso è diretto verso luoghi con una forte connotazione di sacralità, che però vengono avvicinati dal turista con motivazioni culturali, etniche, eventualmente anche spirituali, ma non più integralmente religiose. Anche la Ross (2011, xlv) osserva che a fare la differenza non è più il luogo, quanto l’individualità del turista-pellegrino, che vive la sua esperienza di viaggio in base alle sue radici culturali, ai suoi valori di fede e alle motivazioni contingenti che lo hanno portato a scegliere quella specifica meta turistica. In uno stesso luogo sacro si trovano a coesistere visitatori con motivazioni e sensibilità estremamente eterogenee, e questo può portare a incomprensioni e tensioni.
Questo tentativo di etichettare coloro che visitano un luogo santo, discriminando tra comportamenti e motivazioni, sembra impossibile anche a Jackie Feldman, il quale ricorda che «il pellegrino è una figura estremamente mobile […] difficile da condensare in una rappresentazione univoca» (Feldman 2017, 79).
Ma Feldman aggiunge subito che questo processo di ibridazione, che apparentemente sta snaturando l’esperienza, porta il pellegrinaggio a essere un ponte verso un nuovo modo di relazionarsi con la natura e con la spiritualità, un nuovo modo per immaginarsi il futuro e un rapporto di comunità (Feldman 2017, 79). I Turner avevano già mostrato che in realtà i pellegrinaggi sono sempre stati «magneti culturali, che attraggono simboli di varia natura» (Turner e Turner 1978, 27). Le rotte di pellegrinaggio nel passato hanno veicolato conoscenze, arti, cultura e innovazioni più di ogni altra forma di comunicazione. Questo meccanismo di trasporto, elaborazione e ibridazione di significati culturali si è sempre valso moltissimo di queste vie.
Nocifora, come dicevamo, inizialmente dubita che sia possibile un’autentica esperienza di pellegrinaggio nella società moderna. Ma alla fine del suo ragionamento ammette che il processo che stiamo osservando potrebbe portare a una nuova e interessante fase. Le masse di visitatori organizzati e motorizzati che affollano i luoghi santi sono inconciliabili con un pellegrinaggio; in questo caso, siamo tutti d’accordo, si può parlare solo di turismo religioso. Ma le nuove forme di turismo che si stanno diffondendo sono basate su un paradigma completamente diverso: si aspira a un viaggio lento, compiuto a piedi, il cui fine è la ricerca di autenticità, l’incontro con popolazioni e tradizioni dei luoghi attraversati, il contatto con la natura. Tutti questi elementi sono molto vicini all’essenza del pellegrinaggio tradizionale e possono concorrere a ritrovare lo spirito del pellegrino autentico. La motivazione religiosa, fino a poco tempo fa sacrificata dal turismo di massa, «non è affatto in conflitto con la motivazione del turista della lentezza» (Nocifora 2010, 192).
Come Margry (2008), anche Nocifora arriva infine alla conclusione che queste motivazioni eterogenee, tipiche del turista-pellegrino postmoderno, non diminuiscano il valore del pellegrinaggio. Al contrario, il turismo lento permette di recuperare una tradizione fatta di incontri, di esperienze, di sensazioni che erano tipiche del pellegrinaggio classico. Non è un caso che Santiago de Compostela sia forse l’unico, tra gli storici luoghi di pellegrinaggio, nel quale un “autentico” spirito del pellegrinaggio ha resistito agli assalti di plotoni di turisti religiosi meccanizzati e ben organizzati. Sul Cammino di Santiago, infatti (primo caso in Europa, ma sempre più imitato), si è valorizzato ed esaltato il pellegrinaggio a piedi, con obblighi, regole precise e distanze minime da compiere per poter essere ufficialmente dichiarati pellegrini all’arrivo, con la consegna dell’attestato (la compostela) (Nocifora 2010, 186).
In conclusione, per rispondere alla domanda con la quale abbiamo aperto, ha assolutamente ancora senso continuare a parlare di pellegrinaggio. Questo fenomeno di ibridazione e metamorfosi, con un turismo della lentezza che sfuma nel pellegrinaggio, non significa la fine di un’esperienza autentica, tutt’altro. Molto del senso del pellegrinaggio si era perso a causa della modernità che, con i suoi mezzi di trasporto e la sua capacità organizzativa, lo aveva progressivamente trasformato in turismo religioso. Ma oggi i valori del turismo lento permettono di recuperare l’antico spirito del pellegrinaggio.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il pellegrinaggio, un fenomeno di successo in una società liquida

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Mannarino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università Telematica Internazionale Uninettuno
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Massimo Squillacciotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 108

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