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Donne che uccidono

Perché si uccidono i figli

Le motivazioni che spingono una donna ad uccidere il proprio figlio sono molteplici. Talvolta la nascita di un bambino non dona alla madre quella felicità che secondo il nostro immaginario sociale dovrebbe sperimentare, può invece sentirsi triste, rabbiosa, inadatta al ruolo di madre.

A. Bramante(2004) ha tracciato un profilo della madre figlicida in Italia e ha potuto constatare che in media le donne hanno delle caratteristiche molto simili, esse sono giovani donne di età compresa tra i 18 e i 32 anni, sposate e di nazionalità italiana. Possiedono un livello di scolarità medio e hanno un rapporto problematico e/o conflittuale con il partner. Esse compiono l’omicidio solitamente sui bambini di età inferiore ai 7 anni.

Un’interessante classificazione è stata proposta da Resnick (1969) e impostata in base alle motivazioni e alle cause a monte dell’impulso di uccidere. La ricerca fu strutturata dal 1951 al 1967, evidenziando cinque categorie e sottolineando che il periodo più a rischio è quello fino a sei mesi di vita. Le categorie individuate sono:

- Figlicidio ad elevata componente psicotica: depressione post-partum, che affligge una donna su 1000 ed emerge nelle quattro settimane successive al parto. Tra i sintomi si manifesta la paranoia, alterazione dell’umore, allucinazioni e deliri. Talvolta i deliri possono riguardare la convinzione di una possessione demoniaca del bambino o convinzioni circa la sua morte;

- Figlicidio accidentale: spesso sono madri irresponsabili, impulsive, maltrattanti, con problemi di dipendenza o semplicemente giovani, stanchi o inesperti. La morte può subentrare anche a seguito di maltrattamento senza però che sia presente l’intento omicidiario.

- Figlicidio di donne affette da disturbi di personalità. Non di rado hanno subito violenza da piccole, spesso il marito è disinteressato ai problemi della moglie;

- Figlicidio altruistico: ci sono situazioni in cui l’amore di un genitore va oltre la vita, casi in cui la sofferenza per un figlio non potrà mai camminare, avere una famiglia, degli amici può spingere a scelte estreme e dolorose e casi in cui l’accudimento costante diventa una tortura lenta e inesorabile, e dare la morte diventa l’unica soluzione, casi in cui spesso la madre si suicida dopo aver ucciso il figlio;

- Figlicidio per vendetta del coniuge: generalmente viene colpito il figlio per vendicarsi del padre, in psichiatria viene definito “Sindrome di Medea”. L’uccisione dei figli allo scopo di colpire il marito ha molte valenze. Questo atto comporta infatti oltre alla privazione della discendenza, la negazione della nostra sopravvivenza nel tempo, attraverso i figli;

- Figlicidio di bambino indesiderato: frequentemente in questa categoria consideriamo i casi di neonaticidio o negazione della gravidanza, in cui lo shock di avere un bambino è tale da spingere inconsciamente la donna a negare la gravidanza e a cancellarne le conseguenze; perché frutto di una relazione extraconiugale o perché trattasi di una madre in piena fase adolescenziale.

La letteratura sulle tipologie di madri omicide è veramente molto ampia; si è sempre cercato di categorizzare le tipologie di cause che portano alla morte del figlio, cercando di raggiungere al completamento del quadro sulle causalità che portano all’omicidio di una figlio. Infatti sono numerosi gli studi che cercano di analizzare e capire le cause che portano all’omicidio.

Tra questi studi appare fondamentale, in questa sede, riferire del contributo di G.C. Nivoli(2002), che presenta categorie fino ad ora non sufficientemente esaminate, cercando di dare una spiegazione al fenomeno in questione:

- Il figlicidio causato da un agire omissivo di madri passive e negligenti: si verifica quando la madre, non provvede in modo adeguato alle necessità del figlio, soprattutto in tenera età. Il suo comportamento negligente ed omissivo può derivare da un’incapacità di affrontare adeguatamente la funzione materna, a causa di ignoranza, incapacità personale, insicurezza, ma anche da una scelta deliberata. Esse vedono il proprio figlio come una minaccia o una rovina per la proprio vita, oppure lo vivono come qualcosa d’invadente, essendo in preda a scompensi psicotici che producono paure di fusione. La morte del bambino non è causata da gesti concreti, ma da comportamenti passivi ed omissivi;
- Madri che uccidono i figli trasformati in capi espiatori di tutte le loro frustrazioni: sono madri che ritengono, talora in modo delirante, che il loro bambino sia la causa di una rovinosa esistenza. Esse manifestano la percezione che il loro bambino abbia “sformato”, attraverso la gravidanza, il loro corpo. In questi casi, è abbastanza comune la presenza di malattie mentali con elementi persecutori, deliranti e paranoidei;

- Madri che negano la gravidanza e fecalizzano il neonato: sono madri che negano, in modo isterico, la loro gravidanza: vestendosi in modo da dissimulare agli occhi di tutti di essere incinte, non richiedono cure mediche né durante la gestazione, né in prossimità del parto, che viene quindi eseguito in solitudine. Si tratta generalmente di donne sole, che nell’immediatezza del parto uccidono o abbandonano il figlio, considerato un prodotto fecale, cioè un oggetto privo di umanità;

- Madri che spostano sul figlio il desiderio di uccidere la propria madre: l’omicidio in questo caso è legato ad un grave conflitto con la propria “madre cattiva”, verso la quale sono in realtà indirizzati i sentimenti di odio e rabbia, e i desideri di annientamento. Vi è il desiderio di uccidere la madre cattiva, aggressività che viene diretta nei confronti del figlio, che non è vissuto per come è in realtà, ma alla luce del proprio passato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Donne che uccidono

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Informazioni tesi

  Autore: Annarita Serra
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Scienze Sociali
  Corso: Scienze del servizio sociale
  Relatore: Cristina Cabras
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 35

FAQ

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Parole chiave

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madri che uccidono
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