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Evasione fiscale: economia sommersa e paradisi fiscali

Rappresentazione analitica del sommerso nazionale

A seguito dell’esposizione delle principali caratteristiche di quella che le statistiche ufficiali chiamano “economia non osservata”, i dati raccolti dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) accorrono in aiuto per stimare i contorni qualitativi e quantitativi dell’economia italiana che sfugge alle rilevazioni ufficiali. Il report più recente predisposto dall’Istat in relazione all’economia non osservata attiene al 2019, anno precedente alla diffusione della pandemia di Covid-19 che gravi danni ha cagionato ai sistemi economici di ogni Paese. La Tabella 1.3 illustra l’evoluzione del valore assoluto e dell’incidenza in termini percentuali delle principali componenti dell’economia non osservata sul volume del Pil nel quadriennio 2016-2019, evidenziando una riduzione del valore totale pari a circa 4 miliardi e 611 milioni di euro, accompagnata a una riduzione dell’incidenza complessiva pari a 0,9 punti percentuali. Questo dato incoraggiante è frutto della progressiva riduzione del valore assoluto e dell’incidenza in termini percentuali sul Pil delle principali componenti dell’economia sommersa, ossìa di quanto sfugge alla contabilità nazionale in termini di sotto-dichiarazione del reddito e di impiego di lavoro irregolare, voci diminuite rispettivamente di circa 5 miliardi di euro la prima e di più di 1 miliardo e mezzo di euro la seconda.

La Tabella 1.3 testimonia un percorso virtuoso in termini di contenimento dell’economia sommersa che sembra certificare l’efficacia di quelle politiche volte a ridurre il costo del lavoro e il beneficio netto risultante dall’operare nel sommerso, pur tenendo conto che essa abbia ancora dimensioni spaventosamente elevate, specie se paragonata alle proporzioni del fenomeno nelle economie di Paesi geograficamente e politicamente contigui. Si noti come il costante aumento del valore dell’economia illegale, variato positivamente di quasi 1 miliardo e mezzo di euro nell’arco del quadriennio, non sia riuscito a impedire la tendenza alla riduzione del valore e dell’incidenza dell’economia non osservata. Considerando il valore aggiunto, dato dalla differenza tra il valore dei beni e servizi prodotti e il valore dei beni e servizi utilizzati durante il processo produttivo, creato dalle diverse tipologie di attività economica, risulta interessante osservare in quali proporzioni esso derivi da attività economiche sommerse per ognuno dei principali settori produttivi. La Figura 1.1 è illuminante in questo senso, restituisce infatti l’incidenza della sotto-dichiarazione, del lavoro irregolare e delle altre forme di sommerso sul valore aggiunto prodotto dai diversi settori produttivi, lasciando intendere come essa vari in funzione delle peculiarità produttive delle singole attività economiche.

Nel 2019, in Italia, a detta delle stime, il settore maggiormente contaminato dall’economia sommersa risultava essere quello degli “Altri servizi alle persone”, in cui essa pesava per il 35% del valore aggiunto totale; ciò non deve stupire dal momento che i servizi di assistenza domiciliare, come l’assistenza agli anziani, si collocano proverbialmente tra i servizi erogati in buona parte in maniera irregolare, ossìa in mancato ossequio alla normativa fiscale. Più precisamente, a pesare maggiormente tra le varie forme possibili di sommerso sul valore aggiunto generato da questa tipologia di servizi, era la componente di valore aggiunto creata a partire dall’impiego di lavoro irregolare, che incideva per il 23,2% del totale. Estremamente indicativo è il dato che mostra come il settore primario, per la porzione di valore aggiunto creata attraverso attività sommerse, fosse interamente basato sull’impiego di forza lavoro irregolare, che incideva per un valore pari al 17,3% del valore aggiunto prodotto dalle attività di agricoltura, silvicoltura e pesca, senza alcun riferimento al sommerso da sotto-dichiarazione. Seppur in maniera differente, anche il macrosettore del “Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione” è interessato dalla presenza non trascurabile del sommerso, che, nel 2019, incideva sulla creazione di valore aggiunto perlopiù nella forma della sotto-dichiarazione dei redditi, precisamente per una quota pari all’11,9% del totale, dato che trova riscontro nella cattiva consuetudine di non emettere fattura, invalsa tra non pochi esercenti. Facevano da contraltare attività economiche come la “Produzione di beni intermedi, energia e rifiuti” e la “Produzione di beni d’investimento”, in cui la percentuale di valore aggiunto conseguente all’impiego delle principali componenti del sommerso risultava esigua, rispettivamente pari all’1,6% e al 3,4% del valore aggiunto totale prodotto.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Evasione fiscale: economia sommersa e paradisi fiscali

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Informazioni tesi

  Autore: Valerio Gianotti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Economiche e Aziendali
  Corso: Economia e Management
  Relatore: Tommaso Frattini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 84

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