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Altiero Spinelli e il comunismo

Spinelli commissario europeo (1970-1976)

Spinelli decise di operare all'interno di una istituzione della Comunità, nonostante che avesse espresso in più occasioni le sue critiche a come erano configurate le istituzioni comunitarie e alla burocrazia europea, perchè era convinto che le Comunità europee avessero reali possibilità di sviluppo, la Commissione fosse divenuta l'interlocutore europeo dei governi e ad essa avesse sempre più fatto riferimento l'opinione pubblica.
A chi quindi, se non agli organi comunitari o, meglio, ai membri di tali organi, sarebbe spettato il compito di far progredire il processo di integrazione europea?
I Commissari dovevano essere i ''capi dell'amministrazione" e nello stesso tempo i "leaders di una forza politica europea", che orientasse il consenso popolare e l'europeismo dei cittadini, diffuso ma passivo, entrando in un rapporto organico con le organizzazioni europeisti che e le forze politiche democratiche.
"I passi in avanti nel campo europeo sono ancora riservati a pochi gruppi di detentori di qualche pezzo di potere europeo, cioè ad alcuni ministri, alcuni funzionari, la Commissione. Finché noi non sapremo fare un passo avanti i partiti resteranno passivi."
L'obiettivo strategico era sempre ottenere l'elezione diretta del Parlamento europeo, con la contestuale attribuzione ad esso di un mandato costituente.
Il momento era poi particolarmente favorevole, per la crisi economica che stava attraversando la Comunità a partire dagli anni '70.
In questi anni i dibattiti delle forze di sinistra sul tema europeo furono numerosi.

Soprattutto il PCI affrontò la problematica europea in modo ampio e nuovo rispetto al "decennio del rifiuto", in modo paragonabile, sia pure con evidenti differenze di quadro storico e ideologico, a quello che impegnò i socialisti italiani durante la ratifica dei Trattati di Roma e nel primo anno di funzionamento delle due Istituzioni.
L'intervento militare sovietico in Cecoslovacchia (agosto '68) mostrava chiaramente l'impossibilita di ''vie nazionali al socialismo" da attuarsi isolatamente all'interno dei blocchi.
Ne conseguiva la necessita di cercare alleanze politiche e sociali più vaste, di lavorare per la costruzione di una "sinistra europea", e di operare per un processo di autonomizzazione dell'Europa dagli Stati Uniti.
Inoltre nel gennaio del 1969 una piccola delegazione di deputati comunisti italiani fu ammessa al Parlamento europeo, ponendo fine alla ventennale discriminazione.
La conoscenza diretta delle istituzioni europee, il clima di distensione che si stava affermando nel mondo con i primi risultati dell'''Ostpolitik'' di Willy Brandt contribuirono ad aprire nel PCI la strada della conversione europeistica, che culminò nel Convegno su "I comunisti italiani e l'Europa", promosso dal Cespe e dai Gruppi parlamentari comunisti.
Attraverso Giorgio Amendola, il leader comunista più impegnato sulle questioni europeistiche, il PCI sosteneva una profonda revisione dei trattati, per realizzare una politica di reale cooperazione economica, nel rispetto delle autonomie di ciascun paese.
Occorreva impegnarsi a favore dell'unità delle sinistre, che consentisse di organizzare una vasta mobilitazione delle energie popolari e, soprattutto, della classe operaia; e del superamento dei blocchi attraverso il raggiungimento dell'autonomia dell'Europa, che lasciasse però posto ad una ricchissima dialettica regionale.
In questo Amendola differiva da Spinelli e dalla linea federalista. Infatti secondo lui la creazione di uno stato sovrannazionale dell'Europa occidentale avrebbe stimolato per reazione la creazione di un analogo stato dell'Europa orientale, e questo avrebbe rafforzato la logica del bipolarismo.
La linea europeistica del PCI, definita dal Convegno del Cespe, consisteva nel riconoscimento che la CEE poteva diventare un centro di cooperazione tra le realtà compresenti in Europa (CEE, COMECON, neutrali, non allineati, ecc.), nella prospettiva del graduale raggiungimento dell'unita continentale, nella quale avrebbe trovato posto un Occidente con maggiore socialismo e un Oriente pio democratizzato.
Negli anni successivi l'impegno europeistico del PCI, e del nuovo segretario generale Enrico Berlinguer, divenne sempre pio profondo.

Le linee d'azione consistevano nel democratizzare la CEE, per costruire un'Europa indipendente "né antisovietica né antiamericana", nel delineare le forme dell'eurocomunismo e del pancomunismo.
Quella eurocomunista era imperniata sull'elaborazione tra i partiti comunisti occidentali del nesso democraziasocialismo verso la trasformazione dell'Europa capitalistica; quella pancomunista era volta alla ricerca del superamento del vecchio internazionalismo, che era consistito di fatto nella dipendenza dal partito guida russo, verso l'unita nella diversità.
Questo processo di maturazione conduceva il partito comunista ad aderire sempre pio all'opzione sovrannazionale - Berlinguer avrebbe parlato nel 1978 di ''unita politica
dell'Europa occidentale" -, considerando la deficienza e l'incapacità degli stati nazionali nel risolvere problemi divenuti europei e mondiali, quali quelli della moneta, del controllo dei capitali, dell'energia, dell'inquinamento, del controllo delle società multinazionali.
Alla progressiva maturazione del partito comunista corrispondeva il suo avvicinamento alle posizioni di Spinelli.
Egli si era dimostrato fortemente critico nei confronti dei vari dibattiti socialisti e comunisti dei primi anni '70, perché giudicava quelle idee europeistiche ancora troppo conservatrici e approssimative, e prive di concretezza ed impegno.

Tuttavia, a partire dal 1973, Spinelli riscontrava un notevole impegno da parte dei comunisti nell'avvicinarsi alla prospettiva federalista.
In occasione del Convegno dell'Istituto Affari Internazionali su ''Una politica per l'Europa'' tenuto nel novembre 1973, Spinelli cosi scriveva nel suo Diario:
''Nel convegno ciò che mi ha più sorpreso é la forza dell'impegno non solo europeista, ma federalista dei comunisti. Amendola ha detto che loro accettano anche la difesa comune. In sostanza oggi i più decisi europeisti in Italia sono gli industriali, i sindacati, i comunisti. I democristiani stanno in mezzo. I socialisti e i repubblicani sono i più distratti e spesso diffidenti."
I comunisti italiani passavano secondo Spinelli dall'accettazione della teoria della Comunità come un dato di fatto all'idea dell'Europa come una battaglia da fare.
Nel 1976 infatti i comunisti, e fra di loro in modo particolare Giorgio Amendola, gli offrirono la candidatura nelle liste del partito comunista italiano alle elezioni politiche italiane.
"Di fatto, da quando mi sono levato e ho cominciato a predicare la federazione europea, trentacinque anni fa (estate 1941 - Manifesto di Ventotene), son venuti da me gli azionisti e mi hanno offerto la codirezione del partito, ma il partito é scoppiato. Poi i democristiani, che hanno appreso, e sono giunti per iniziativa di De Gasperi a fare le mie proposte per l'Assemblea ad hoc. Ma non hanno mai riconosciuto quel che mi dovevano. Poi i socialisti, e Nenni ha chiesto e avuto la mia collaborazione ed abbiamo simpatizzato. Ma il partito é stato indifferente verso di me. Infine i comunisti. Ed essi solo hanno riconosciuto che mi dovevano qualcosa e mi hanno fatto questa offerta. E non é un caso che me l'abbiamo fatta. In un certo senso hanno riconosciuto nel lonely wolf uno dei loro. Io non rientrerò mai nel PC, perché ormai non posso essere che del mio personale partito. Ma pur vengo dal PC ed un po' di piacere mi fa che essi infine mi abbiamo riconosciuto."
Al di là della soddisfazione intellettuale e politica per l'evoluzione del PCI sulle tesi federaliste e per la candidatura offertagli, che traspare dalle pagine del Diario di Spinelli, é comunque da sottolineare l'indipendenza di Spinelli da qualsiasi partito, di destra o di sinistra.
La divisione reale e profonda della politica europea rimaneva sempre quella fra la corrente del progresso federale e la corrente della conservazione nazionale.
Nell'interno di ciascuna di queste due correnti vi sarebbero poi comunque state tendenze di sinistra e di destra, poiché nel campo della conservazione nazionale vi sarebbe stato chi avrebbe difeso privilegi acquisiti di classi ricche e chi di classi povere, ed in quello del progresso sociale chi avrebbe aspirato a migliorare le condizioni delle classi ricche e chi quelle delle classi povere.
Accanto all'appello ai ceti più diseredati, ci sarebbero state alleanze anche con i gruppi capitalistici fortemente interessati alla distruzione delle "feudalità economiche", nella logica della politica di unificazione e di costruzione della società europea.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Altiero Spinelli e il comunismo

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Informazioni tesi

  Autore: Debora Magri
  Tipo: Laurea vecchio ordinamento (pre riforma del 1999)
  Anno: 1993-94
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Sergio Pistone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 205

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altiero spinelli
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