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Quando il lavoro diventa una dipendenza. Interventi preventivi e terapeutici nella ''work addiction''.

Sviluppo della dipendenza da lavoro

Anche la dipendenza da lavoro, come tutte le altre forme di dipendenza, si sviluppa in modo progressivo, Fassel (1990; Guerreschi, 2005) individua tre fasi:
- Fase Iniziale: uso – piacere – abuso;
- Fase Critica: abuso – comportamento evasivo – assuefazione;
- Fase Cronica: assuefazione – dipendenza (Guerreschi, 2009).

Nella fase iniziale l’individuo pensa incessantemente al lavoro ed evita di distogliere l’attenzione dalla propria attività professionale, spesso anche lavorando di nascosto. Ciò lo porta a trascurare tutto ciò che non è collegato al proprio lavoro (famiglia ed altri interessi). Nascono pertanto i sensi di colpa, che vengono vissuti ma negati, non ammessi. In questa fase, i soggetti a rischio disprezzano coloro che si permettono di godere di attività non-lavorative, definendo ciò come un “togliere tempo al lavoro” e quindi perdere tempo in attività futili e non produttive. Non è raro, in questo stadio, manifestare disturbi psichici e fisici. I primi possono essere depressioni leggere, disturbi dell’attenzione o stati di esaurimento. I secondi possono essere mal di testa, mal di stomaco e disturbi circolatori. La persona avverte un malessere generale che però crede momentaneo e circoscritto al periodo di stress che sta vivendo. Le persone ignorano però questi problemi dedicandosi sempre maggiormente al lavoro (Guerreschi, 2009).

Nella fase critica si può individuare se si tratta di vera e propria dipendenza in quanto se la dipendenza da lavoro si espande, viene a svilupparsi un «fenomeno simile a quello dell’alcolista, quando non riesce più a trattenersi dopo aver bevuto un bicchiere» (Guerreschi, 2009, 82). L’individuo, spronato dalla famiglia e dagli amici, cerca di regolare la sua dipendenza fissando degli orari di lavoro, ma questi tentativi falliscono miseramente evidenziando le sue debolezze. «Le nuove proposte di lavoro sono l’unico modo per uscire dall’autocommiserazione» (Guerreschi, 2009, 82). In questa fase si manifesta sempre di più un comportamento aggressivo e impaziente verso i colleghi e i sintomi a livello fisico (ipertensione, ulcera e depressioni) sono così gravi da richiedere necessariamente un intervento medico. Le vere cause però non vengono, per la maggior parte dei casi, riconosciute né trattate (Guerreschi, 2009).

Nella terza ed ultima fase, la fase cronica, l’individuo patologico resta in vita solo grazie al suo lavoro e quindi gestisce la propria attività professionale in modo tale da non dover smettere mai di lavorare. Il rendimento in questa fase diminuisce a dismisura. Aumenta l’uso di stimolanti e calmanti, di alcol e nicotina, «ciò fa riflettere sul fatto che anche dietro all’alcolismo o alla dipendenza da farmaci si può nascondere una dipendenza da lavoro cronica» (Guerreschi, 2009, 83). In questo stadio sono presenti malattie organiche e disturbi psichici gravi come la depressione, l’ulcera, apoplessie cerebrali e infarti. Si è notato che chi arriva a questa fase di estrema gravità è impossibilitato dallo staccarsi dal lavoro (nemmeno su un letto di ospedale) e la dipendenza è talmente grave che potrebbe portare come conseguenza estrema la morte (Guerreschi, 2009). «Nella maggior parte dei casi è a questo livello che si prende coscienza della malattia e si trova la forza di chiedere aiuto» (Guerreschi, 2009, 86).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Quando il lavoro diventa una dipendenza. Interventi preventivi e terapeutici nella ''work addiction''.

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Informazioni tesi

  Autore: Roberta D'Ascenzo
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2019-20
  Università: Pontificia Università Salesiana
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Psicologia
  Relatore: Mario Becciu
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 91

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Parole chiave

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