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Il capitale di vigilanza degli intermediari bancari italiani ed europei: analisi e regolamentazione

Una definizione di patrimonio a livello internazionale: l’accordo sul capitale del Comitato di Basilea

Nel 1974 a seguito di gravi crisi che coinvolsero alcune banche che operavano a livello internazionale si creò a Basilea, presso la Banca dei Regolamenti Internazionali, il Comitato di Basilea composto dai rappresentanti delle banche centrali e delle autorità di vigilanza dei principali paesi industrializzati (Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, e dal 2001 si aggiunse anche la Spagna). Il Comitato ebbe da subito la funzione di centro per la discussione e cooperazione riguardo la vigilanza sull'attività bancaria. Nei primi tempi si occupò della ripartizione del potere di vigilanza tra paese ospitante e paese d'origine per quanto riguarda le filiali di banche estere. Dalla seconda metà degli anni Ottanta il Comitato di Basilea ampliò i suoi poteri su tutti gli strumenti utili per rendere più efficace la vigilanza bancaria attraverso tre modi:

• Grazie allo scambio di informazioni sulle politiche di vigilanza dei diversi paesi;

• Migliorando le tecniche di vigilanza sull'attività bancaria;

• Fissando standard di vigilanza minimi.

Anche se il Comitato non dispone di alcun potere legislativo le sue proposte sono molto sentite a livello internazionale.
Il patrimonio inteso quale obiettivo intermedio per il controllo della stabilità dei sistemi creditizi e per la tutela dei depositanti, è da tempo oggetto di interesse anche a livello comunitario, tanto che già nella prima direttiva di coordinamento (77/780/CEE) esso viene qualificato come requisito imprescindibile ai fine della costituzione di un ente creditizio. A quella data, essendo solo all'inizio di un lungo e laborioso processo di armonizzazione, il Parlamento Europeo si limitò ad accogliere le normative vigenti nei diversi stati membri in tema di definizione dei fondi propri e demandò agli stessi il compito di inserire coefficienti a titolo di osservazione allo scopo di seguire la solvibilità e la liquidità degli enti creditizi e le altre condizioni utili per la protezione del risparmio.
Il primo passo per una definizione univoca e condivisa di patrimonio risale al Luglio del 1988 con la predisposizione da parte del Comitato di Basilea di un Accordo sulla misurazione di capitale e sugli standard minimali ad essi riferiti. Tale accordo è stato sostanzialmente recepito dalle autorità nazionale di oltre 100 Paesi, inclusa L'unione Europea. In origine, l'applicazione dell'accordo era previsto per le banche che operano a livello internazionale, ma molti Paesi hanno deciso di renderlo obbligatorio per tutte le istituzioni creditizie incluse quelle attive solo sul mercato domestico.
La necessità dell'accordo era sentita dalla generalizzata diminuzione del grado di patrimonializzazione dei principali sistemi bancari, infatti il rapporto tra capitale e totale attivo si era progressivamente ridotto, toccando un punto minimo negli anni Settanta del secolo scorso. Le principali caratteristiche, esaminate nel primo capitolo, dell'Accordo sul capitale denominato Basilea 1, ci deve far riflettere sull'innovazione portata nel mondo degli intermediari finanziari, e di come vi fosse la necessità che ogni singolo paese recepisse e interpretasse nello stesso modo il trattato in questione.
La Comunità Europea, riconosciuta la necessità di giungere ad un avvicinamento delle norme vigenti nei principali paesi in materia di allineamento dei fondi propri, adotta una direttiva (89/229/CEE) espressamente dedicata alla definizione delle risorse patrimoniali degli enti creditizi da un punto di vista qualitativo e quantitativo. La direttiva 89/299/CEE riprende quanto già stabilito l'anno precedente dal Comitato di Basilea Il legislatore comunitario giunge a distinguere il patrimonio il patrimonio di base e patrimonio supplementare, identificandone in maniera precisa le componenti. La normativa comunitaria dovrebbe essere più stringente di quella internazionale, ma per far raggiungere all'intero sistema creditizio comunitario il livello minimo stabilito per le risorse patrimoniali (8%, come previsto dalla direttiva 89/647/CEE) si concedeva una disposizione, anche se di natura transitoria, attraverso la quale si consente agli Stati membri di includere tutti gli elementi previsti nei singoli Stati. Il problema della direttiva rimaneva l'ampia discrezionalità concessa alle singole autorità nazionali, anche se il legislatore comunitario sembrava esser convinto che è in realtà interesse degli stati tendere verso una reale armonizzazione. Ma il vero elemento di novità, soprattutto per il nostro Paese, è quello che concede che i fondi propri siano costituiti da elementi di diversa categoria e diverso spessore. Si tratta sicuramente di una ripetizione di quanti già stabilito dal Comitato di Basilea l'anno precedente ma di maggior impatto: la normativa comunitaria infatti prevede un obbligo di recepimento all'interno dei singoli Stati membri e si rivolge a tutti gli enti creditizi, mentre le disposizioni del Comitato fino ad allora erano di carattere volontario. È vero che anche le nostre autorità di controllo hanno sempre ammesso al computo del patrimonio di vigilanza elementi con debole natura patrimoniale, ma sempre riconducibili alla categorie delle riserve, così è la prima volta che viene ufficialmente sancita la possibilità che le banche utilizzino particolari forme di debito per incrementare il loro grado di patrimonializzazione.
Successivamente, con un emendamento apportato del 1996 all'Accordo, è stata estesa alle banche l'applicazione dei requisiti di patrimonializzazione ai rischi di mercato (oltre a quelli dovuti per i rischi di credito), ha dato origine ad un terzo blocco patrimoniale chiamato tier 3 capital, il quale è utile solo ai fini della parziale copertura dei rischi di mercato.

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Il capitale di vigilanza degli intermediari bancari italiani ed europei: analisi e regolamentazione

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Informazioni tesi

  Autore: Benedetto La Torre
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Economia
  Corso: Finanza
  Relatore: Enzo Scannella
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 175

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