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Il Macbeth di Orson Welles

Welles e Shakespeare: la costante è il potere

Quella per le tragedie di Shakespeare è stata più di una semplice passione, o di un interesse artistico, le opere di Shakespeare sono state per Welles viaggio nel profondo dell'animo, riscoperta di un istinto primordiale, feroce dipinto di un mondo oscuro e fiammeggiante allo stesso tempo.

Uomini capaci di sfidare le proprie paure per raggiungere la grandezza, abbagliati dal successo ma destinati a brancolare nella terra del tragico e dell'oscurità.
Quelli di Shakespeare sono personaggi enormi e dotati di mille sfaccettature, mille sguardi diversi. Personaggi spesso avvolti dalla nebbia e circondati dalle tenebre.

Orson Welles è stato un appassionato amante della letteratura, sopratutto per il lato oscuro dei versi e delle creazioni di Shakespeare, di cui ha scritto saggi, interpretato e diretto tantissime opere. Un lato oscuro da cui sicuramente era attratto e che l'ha portato a dirigere e recitare ruoli che col passare del tempo si sono dimostrati evoluzioni e sfumature di uno pensiero comune, trasportato e adattato ai vari contesti cinematografici.

Qui la natura Wellesiana si fonde con la sua ispirazione e si amalgama con i personaggi interpretati, fino a rendere simili in alcuni tratti i suoi personaggi. Conseguenza di una naturale attrazione per il frutto più desiderato dall'essere umano e argomento frequente nella filmografia del regista americano: il potere.

In Macbeth, Welles si nutre di questo richiamo e traccia un percorso in cui il potere è tematica centrale, origine e fallimento insieme della storia dell'uomo: è grazie al potere che si aprono gli occhi e si nutre il coraggio e l'ambizione, così come è dovuto ad esso l'inasprimento e l'inquinamento di ogni pensiero di pace. Il potere incarna la vita e la morte ed è tematica fondamentale nella opera analizzata in questa tesi.

Prigioniero di questo desiderio è appunto Macbeth, forte nell'ambizione ma perso nello sconfinato territorio del rimorso, che diventa nel film di Welles landa desolata in cui non si vede mai il sole. Le poche tracce lasciate dalla natura sono gli alberi rinsecchiti che spuntano nelle inquadrature come fossero spiriti premonitori, o testimoni dell'ennesimo tentativo di innalzarsi rispetto alla propria natura con mezzi che gridano vendetta.

Welles trasporta Macbeth nel cuore della tenebra, dove l'aridità regna sovrana e dove il buio cala sulla Scozia, vendicandosi di chi ha avuto l'ambizione di sfidare l'ordine naturale.
Il guerriero viene tolto dall'originale contesto cortigiano e viene confinato in un'epoca indefinita a metà tra mondo primitivo, medioevo e corte, in cui si veste con dubbie pellicce e dimora in una fortezza scavata nella roccia, le cui stanze sono più simili a delle caverne che alla residenza di un re. In contrasto con un mondo apparentemente primitivo c'è però una società civilizzata, in cui i titolati si parlano con estremo rispetto ed il re può (almeno teoricamente) sostare da un proprio fido per la notte, essendo il benvenuto.

Welles usa il Vodoo Macbeth come un punto di partenza: se nella rappresentazione teatrale del 1936 gli attori di colore si muovevano in un contesto selvaggio, ancestrale ed arcaico, sottolineando la spiritualità della tragedia, qui il lavoro non è poi così differente dal punto di vista socio-contestuale: nel film questo contrasto tra barbaro e socialmente ingentilito genera una tragedia ancor più intensamente drammatica, in cui le trovate registiche (come i percussionisti durante l'esecuzione, chiaro prestito dai tamburi vodoo del Vodoo Macbeth) diventano ulteriore sottolineatura di un Macbeth fuori dagli schemi, figlio di più culture e pensieri, necessariamente circondato da rabbiosi fulmini e misterioso silenzio.

Lady Macbeth è cieca e sanguinaria leva per le azioni di un Macbeth confuso ma ambizioso. Con il suo monologo iniziale la vediamo rinunciare a tutti i suoi doni umani e femminili pur di raggiungere la corona. Con il passare della tragedia però la sete di sangue ormai irrefrenabile di Macbeth lo trasforma in una bestia spaventosa anche per la sua stessa ispiratrice, che nulla può fare se non vedere tornare impetuoso il rimorso, che chiude il cerchio della sua presenza nel film così come era iniziato: con un monologo.

Il Macbeth di Welles si rivela stilizzato nella trama e negli elementi e intensifica l'atmosfera cupa del Macbeth Shakespeariano spingendolo fino al limite, esasperando il concetto di guerriero mai sorridente, mai sereno, mai al sicuro.

Questa tesi si concentra sopratutto su quelle che sono le scene più importanti ed interessanti, dal punto di vista cinematografico, del film di Welles, tenendo conto del suo stile e delle sue tecniche registiche più famose.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il Macbeth di Orson Welles

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Informazioni tesi

  Autore: Mattia Musio
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Storia del cinema
  Relatore: Simonetta Salvestroni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 32

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