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Caratterizzazione funzionale di alcune mutazioni in MeCP2 associate a una lieve forma di sindrome di Rett

La sindrome di Rett è una severa forma di disordine dello sviluppo neurologico che si manifesta prevalentemente nelle bambine con un’incidenza di 1:10000 nate vive. Nella maggior parte dei casi i pazienti Rett possiedono mutazioni del gene MECP2 che codifica per una proteina in grado di legare il DNA metilato e reprimere la trascrizione reclutando i complessi responsabili del rimodellamento della cromatina. Mutazioni in MECP2 sono state riscontrate nel 70-90% dei pazienti affetti dalla forma classica della sindrome di Rett. Analizzando le forme di sindrome di Rett causate da mutazioni in MeCP2, il quadro sintomatologico può essere molto diverso. Molti studi di correlazione tra genotipo e fenotipo sono stati eseguiti per cercare di determinare se vi fossero sintomi specifici associati a ciascuna mutazione. Benché i risultati ottenuti non permettano di associare un sicuro decorso della malattia alle diverse mutazioni, si è osservato che, generalmente, mutazioni missenso che colpiscono il MBD danno un fenotipo più severo rispetto a mutazioni missenso localizzate in altri domini della proteina; inoltre, mutazioni nonsenso tardive danno un fenotipo più lieve rispetto a mutazioni nonsenso precoci, che causano, invece, la perdita di domini della proteina.
Recentemente è stata trovata una paziente affetta da una forma anomala di sindrome di Rett, in cui lo screening genetico ha mostrato la presenza di due mutazioni missenso nella proteina MeCP2. L’attività di stage si è inserita in questo contesto cercando di identificare quali fossero i meccanismi molecolari che potessero portare a questo fenotipo alterato. A tale scopo sono stati prodotti i diversi costrutti che rappresentassero i mutanti di interesse della proteina MeCP2 e si sono eseguiti studi funzionali volti a caratterizzare le mutazioni. I saggi di Western Blot hanno permesso di evidenziare che la proteina contenente le due mutazioni è presente in quantità maggiore rispetto alla proteina Wt, suggerendo quindi un ruolo di queste due mutazioni nell’aumentare la stabilità della proteina. Negli studi sulla localizzazione cellulare si è visto che la capacità dei mutanti di riconoscere e legare il DNA metilato non è alterata in vivo. I dati rilevati sulla dinamica dell’interazione tra MeCP2 e cromatina hanno permesso di osservare che la mutazione S134C sembra essere coinvolta nel conferire alla proteina una maggior forza di legame al DNA metilato e suggeriscono che questo prolungato stazionamento sul DNA causi un maggior livello di repressione genica; in base a questi dati si può ipotizzare che questo meccanismo possa essere considerato come nuova causa molecolare della sindrome di Rett.

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3 INTRODUZIONE 1.1 La sindrome di Rett La sindrome di Rett è un progressivo disordine dello sviluppo neurologico che colpisce prevalentemente le bambine nella loro prima infanzia. Gli specifici e caratteristici sintomi della patologia non si manifestano tutti con l’esordio della malattia, ma appaiono in distinte fasi dello sviluppo seguendo un determinato quadro clinico. I pazienti con tale sindrome presentano uno sviluppo apparentemente normale per i primi 6-18 mesi durante i quali acquisiscono la maggior parte delle abilità caratteristiche dell’età. Trascorsa questa fase i pazienti continuano a crescere fisicamente in modo normale, mentre manifestano un arresto dello sviluppo neurologico. Accompagnato da questo, vi è una decelerazione della crescita della testa, che porta a microcefalia già durante il secondo anno di vita e una lieve ipotonia muscolare [1]. Con l’avanzare della sindrome i pazienti vanno incontro a una rapida regressione perdendo le abilità precedentemente acquisite. In particolar modo è evidente la perdita dell’uso delle mani, le quali mostrano movimenti stereotipici tipici della sindrome di Rett. Il ritardo mentale è anche accompagnato da una progressiva perdita della coordinazione motoria [1][2]. Insieme a questi sintomi iniziano a comparire tratti comuni anche all’autismo come la tendenza ad isolarsi e, talvolta, un comportamento autolesionistico [1]. La fase di regressione dura in genere dal secondo al quinto anno di vita, dopodiché i pazienti entrano in una fase stazionaria caratterizzata dalla mancata continuazione del processo involutivo e dalla possibile comparsa di fenomeni epilettici. Durante questo periodo si possono osservare dei miglioramenti nelle interazioni sociali, anche se occorrono dai 5 ai 10 anni prima che questo accada [1]; inoltre, si possono presentare problemi di scogliosi e di rigidità muscolare che indicano la presenza di una progressiva deteriorazione a livello muscolare [3]. L’ultima fase della sindrome compare tra i 10 ed i 20 anni di vita ed è caratterizzata da un progressivo incremento delle disfunzionalità motorie. Alcune pazienti anziane presentano, inoltre, sintomi comuni al morbo di Parkinson [1]. Per comprendere quale potesse essere la causa molecolare della sindrome di Rett furono eseguiti studi di linkage su rari casi familiari e si identificò nella regione Xq28 la possibile candidata per la trasmissione della patologia. Tra i geni candidati della regione vi era il gene MECP2, noto da tempo, responsabile della produzione di una

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Panella
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi dell'Insubria
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Scienze biologiche
  Relatore: Nicoletta Landsberger
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 35

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Parole chiave

biologia
cellulare
clonaggio
cromatina
elettroforesi
fluorescenza
gel
mecp2
missenso
molecolare
mutanti
mutazioni
nucleo
rett
sindrome
trascrizione
western

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