“Un poeta pittor di grottesche”. Il ‘paragone’ fra arti e letteratura negli scritti di Anton Francesco Doni
Estratto della Tesi di Azzurra Frattegiani

9 dal presupposto varchiano dell’identità dei fini, “non doverebbe ogni pittore far manco di scultura che di pittura, e ‘l simile lo scultore di pittura che di scultura” 8 . Doni, quindi, con il Disegno si schierò a fianco dei fiorentini, sebbene nel 1549 si fosse già spostato a Venezia, dove la pubblicazione del Dialogo di pittura di Paolo Pino nel 1548 e del trattatello Della nobilissima pittura di Michelangelo Biondo, quest’ultimo in risposta al Disegno, nel 1549 attestano la diffusione di un gusto opposto a quello toscano. Il Doni stesso si cimentò nell’arte del disegno; lo provano specialmente tre suoi manoscritti illustrati 9 ; si è ipotizzato che avesse anche tentato di intraprendere la carriera artistica, ma con scarsi esiti 10 . Nonostante le abortite pretese, non abbandonò tuttavia la sensibilità per l’immagine, che traspare dalla cura profusa nelle edizioni delle sue opere, specie in quelle pubblicate per i tipi di Francesco Marcolini, dove è stato riconosciuto un meditato rapporto di corrispondenza, derivazione e adattamento fra testo e immagine 11 . Nel torno d’anni in cui elaborò il proprio pensiero in merito al paragone delle arti, alcuni fatti editoriali ed epistolari manifestano un coevo interesse per la 8 Cfr. Trattati d’arte del Cinquecento fra manierismo e controriforma, a c. di P. Barocchi, 3 voll., Bari 1960-62, I, 1960, p. 82. 9 I manoscritti sono: Padova, Biblioteca Universitaria, ms. 4: La Guerra di Cipro; Venezia, Biblioteca del Museo Correr, ms. VI n. 711: Nova opinione del Doni sopra le imprese amorose et militari; Venezia, Biblioteca del Museo Correr, ms. VI n. 815: Attavanta. Villa del Doni. Il Bongi ricorda che Doni «scriveva [libri] accuratamente con bel carattere e talvolta con figure toccate a penna, ché in questo valeva assai, per essere offerti a questo o quel signore, al solito fine di ottenerne regali» (cfr. A.F. Doni, I Marmi, a c. di E. Chiorboli, 2 voll., Bari 1928, I, 1928, pp. LX – LXI. In una lettera Doni sostiene inoltre di avere “un capo traboccante di disegnare colla penna” (cfr. A.F. Doni, Lettere, Venezia 1545, Libro I, n. XXXIII). 10 Si tratta di un’ipotesi avanzata da Mario Pepe nell’Introduzione a A.F. Doni, Disegno, op. cit., p. XIII. Pepe lega proprio al mancato avvio della carriera artistica il silenzio del Doni sui suoi anni giovanili. 11 Si vedano a questo proposito soprattutto Gli Inferni in A.F. Doni, I mondi, Venezia 1552-53. L’edizione a cui faccio riferimento è I mondi e gli inferni, a c. di Patrizia Pellizzari, Torino 1994 e il relativo studio di Giorgio Masi «Quelle discordanze sì perfette»: A. F. Doni 1551 – 1553, in “Atti e memorie dell’ Accademia toscana di scienze e lettere ‘La Colombaria’ ”, n.s., XXXIX 1988, vol. LIII, pp. 9-112.
Estratto dalla tesi:
“Un poeta pittor di grottesche”. Il ‘paragone’ fra arti e letteratura negli scritti di Anton Francesco Doni
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Informazioni tesi
Autore: | Azzurra Frattegiani |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Giancarlo Gentilini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 76 |
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