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La Repubblica di Weimar: oltre la visione convenzionale. Studi storiografici e le principali questioni controverse.

La prospettiva dominante nello studio dei quattordici anni di vita della Repubblica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sino all'inizio degli anni Ottanta del secolo scorso fu quella del suo fallimento. Questo approccio alla storia della Germania di Weimar nasceva dall'urgente desiderio di comprendere come fosse stata possibile la presa di potere di Hitler e se essa si fosse potuta evitare.

Questa idea di un Repubblica destinata al fallimento e tutta la narrativa negativa che l'ha accompagnata ha permeato per decenni il dibattito storiografico gettando un'ombra lunga sino ai giorni nostri. A fare da contraltare a questa dominante storiografia negativa della situazione politico-istuzionale e economica degli anni di Weimar è stato il racconto, oltre modo positivo, dei suoi risultati in campo socio-culturale. Il mito dei "Goldene Zwanziger" nasce negli anni immediatamente successivi alla fine della Repubblica, quando la comunità di intellettuali ed artisti in esilio gioca un ruolo centrale nle definire l'immagine della cultura di Weimar.

Questa idea di semplicistico contrasto tra una vita culturale splendente e una sistama politico-istituzionale fallimentare è stata oggetto, a partire da circa la metà degli anni Ottanta del Novecento, di una crescente critica da parte di una nuova generazione di storici.

Il presente elaborato si propone lo scopo di ripercorrere le principali questioni affrontate dal dibattito storiografico nei decenni che ci separano dalla chiusura dell'esperienza di Weimar, indicandone i punti di sintesi prevalenti. Il desidero è quello di superare quella durevole visione convenzionale ed alcuni stereotipi, tutt'ora diffusi al di fuori del mondo accademico, che portano a fare dell'esperienza di Weimar un esempio negativo "paradigmatico", invece che un rilevante caso di creazione di un "sistema" con il quale tentare di gestire le nuove sfide poste dalla modernità con la nascita della società di massa emersa dalla fine della Prima Guerra mondiale.

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3 Introduzione Angelo Bolaffi ci ha recentemente ricordato che “La Repubblica di Weimar è come un bell’oggetto di design: non passa mai di moda.” 1 . Non passa mai di moda perché l’esperienza di Weimar può essere interpretata in modo diverso a seconda della prospettiva dalla quale viene giudicata, trovando sempre e comunque uno spazio nel dibattito storiografico. La prospettiva dominante nello studio dei quattrodici anni di vita della Repubblica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sino all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso fu quella del suo fallimento: la “lezione di Weimar” veniva rievocata con allarme tutte le volte nelle quali emergevano segni di una “sindrome da stanchezza democratica” 2 a fronte di crisi acute 3 del sistema parlamentare e/o economico. Questo approccio alla storia della Germania di Weimar – diretto ad individuarne le debolezze strutturali, istituzionali, economiche e politiche – nasceva dall’urgente desiderio di comprendere come fosse stata possibile la presa di potere di Hitler e se essa si fosse potuta evitare. Seppur giustificato dallo shock della “catastrofe tedesca” 4 , va sottolineato come questo approccio era problematico perché distorceva la visione storica ponendosi nella prospettiva di chi “guarda all’indietro” collocando necessariamente l’esperienza repubblicana quale anticamera del Terzo Reich, mentre è oggi convinzione prevalente che nel 1918 il futuro della Repubblica fosse aperto e non già determinato. 1 Angelo Bolaffi, prefazione a “Weimar, cent’anni dopo. La storia e l’eredità: bilancio di un’esperienza controversa” di Andreas Wirsching, Donzelli Editore, 2019. 2 Angelo Bollaffi, op. cit. 3 Va ricordato che un ampio dibattito si è sviluppato attorno al concetto di “crisi” riferito alla Repubblica di Weimar. Alcuni autori hanno sottolineato il suo carattere di “costrutto ideologico” ovvero di esito non relativo a reali difficoltà politico-economiche, ma “(…) quanto piuttosto come il risultato di un vasto e complesso discorso sulla crisi sviluppatosi quasi autonomamente.” (Andreas Wirsching, op.cit. pp. 108, 109). Fondamentale per un approfondimento sulla “narrativa” della “crisi” di Weimar nella storiografia è poi un saggio di Rüdiger Graft nel quale, tra le altre cose, l’autore condanna l’uso del concetto “crisi” quale “catch-all concept” ovvero facile via d’uscita ogni qual volta non vi sia la possibilità o la volontà di un’analisi più approfondita. (Rüdiger Graft, “Either-Or: The Narrative of “Crisis” in Weimar Germany and in Historiography”, Central European History 43 (2010), pp. 592-615). 4 Friedrich Meinecke, “Die deutsche Katastrophe: Betrachtungen und Erinnerungen“, 1946

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Informazioni tesi

  Autore: Luca Menin
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze storiche
  Relatore: Alfredo Viggiano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 77

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