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La Yakuza nel Cinema Giapponese - Scenari di violenza tra vendetta e riscatto

Il termine yakuza eiga indica il ciclo di film giapponesi aventi come tematica principale le yakuza e che, diffusosi a partire dagli anni Sessanta, ha attraversato momenti di popolarità, ma anche di declino. Negli ultimi anni il genere è stato riportato alla luce dal contributo artistico di Miike Takashi e Kitano Takeshi; meritevoli di aver ripresentato al pubblico l'immagine eroica del gangster che entra in collisione con la realtà urbana attuale.
La presente tesi si focalizzerà sulle origini degli yazuka eiga, analizzando quelle opere che hanno destato interesse e ammirazione anche nell’emisfero occidentale: registi dal calibro di Sidney Pollack, Ridley Scott e Quentin Tarantino hanno dedicato al genere un tributo personale nel corso delle rispettive carriere, contribuendo ad accrescerne la fama oltre i confini d’origine. L'elaborato, diviso in tre capitoli, ripercorre la storia e l'evoluzione sia della yakuza che del genere yakuza eiga, per poi proporsi nelle vesti di indagine sociale del complesso bagaglio di valori e tradizioni interne all'organizzazione, prendendo in analisi opere cinematografiche che ne proiettano un’immagine fedele e/o satirica.

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4 INTRODUZIONE In un Giappone caduto in rovina, in seguito alla seconda guerra mondiale, il mercato nero gestito dalle yakuza 1 ( ヤクザ) sembrava essere l’unica alternativa per permettere alla popolazione di non vivere di stenti. Ed è proprio durante gli anni Cinquanta che le organizzazioni yakuza si trasformano in mafie, etichettate dai media internazionali come la “mafia giapponese”, riscontrando una politica pragmatica da parte delle forze dell’ordine che preferiscono limitarsi a un approccio di controllo e limitazione di suddette associazioni criminali. Le bōryokudan 2 ( 暴 力 団), termine usato costantemente dai giapponesi per rivolgersi al “crimine organizzato”, rispondono a una crescente domanda di servizi all’interno di un mercato illegale, generato dall’incapacità dello stato giapponese di fornire un’adeguata protezione nelle aree di propria giurisdizione; gestendo imprese regolarmente registrate e, quindi, legali dal punto di vista amministrativo e penale. Inoltre, i loro interessi coinvolgono il mercato immobiliare, il gioco d’azzardo, l’usura, i narcotici e la prostituzione. Sia importanti personalità politiche che poliziotti si sono ritrovati a collaborare con le yakuza operando attraverso un sentimento non conflittuale, usufruendo dei servizi di stampo mafioso quali la divulgazione di notizie diffamatorie nei confronti di certe personalità rivali o scomode. Quella fra Stato e yakuza risulta essere una collaborazione che in Giappone è stata molto attiva fino al 1991, anno dell’introduzione della legge Botaihō 3 . Le yakuza vantano discendenze da leggendari paladini del popolo e non perdono occasione per sfoggiare atteggiamenti fanaticamente nazionalisti; pronte a stringere alleanze con formazioni di estrema destra in funzione anti sindacale allo scopo di difendere il mercato dalle associazioni di ispirazione comunista. La vita di uno yakuza, inoltre, è scandita da un rigido e complesso codice etico che si avvale di valori 1 È stato adottato il sistema Hepburn per la trascrizione dei termini dal giapponese. 2 Correttamente traducibile come “banda di teppisti”, ma con il significato letterale di “banda violenta”, è la definizione ufficiale burocratica adoperata dalle autorità per riferirsi alle bande yakuza, e che quest’ultimi ritengono offensiva nei loro confronti. 3 Nota come la “legge antimafia”, ne fu commissionata la stesura dalla NPA (National Police Agency) con il dichiarato obiettivo di preparare una legge allo scopo di limitare la libertà d’azione delle bande criminali. Le identità dei 15 membri designati alla stesura delle prime bozze della legge furono tenute segrete. Cfr. M. Aceti, Yakuza – Il Giappone criminale, Ilmiolibro self publishing, 2014, pp. 142-143.

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Indovino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Mediazione Linguistica e Culturale
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Paolo La Marca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 45

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