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Oceano rosso e oceano blu. Un'analisi

Nell’ultimo ventennio, i mercati di tutto il mondo hanno visto comparire i vistosi effetti della globalizzazione, capace da un lato di aumentare le opportunità delle imprese affermate, ma dall’altro di minacciare fortemente la sopravvivenza di quelle più piccole. La tecnologia, sviluppatasi in tempi impensabili, ha dato manforte a questa separazione bipolare, sostenendo l’innovazione e la crescita e permettendo di riscrivere le regole del gioco in molti settori.
Nelle imprese si è compreso che tante più opportunità venivano loro date, tanto maggiori erano i rischi che però dovevano assumersi per poter sopravvivere. Il rischio naturalmente si permea dell’incertezza, dell’instabilità dei mercati e della paura, quella di fallire nel proprio intento, e quindi di essere cancellati dal mercato. Ogni impresa è stata caricata di una responsabilità nuova, non più solo in capo agli amministratori e i gestori, ma su ogni persona che vi lavora dentro; una responsabilità che per certi aspetti è più bella, perché vera, ma certamente più difficile da conoscere e accettare.
Con il tempo si è capito che non si può negare il sentimento di timore e paura, ma piuttosto si deve imparare a conviverci e a giocarlo a proprio favore. I più illuminati amministratori hanno capito che non dovevano più lottare per sopravvivere ma, piuttosto, creando valore ricercare un modo diverso di vivere. Non ci si doveva quindi focalizzare esclusivamente su un discorso da circoscrivere al breve termine, come molti auspicavano e come le logiche manageriali di retribuzione degli obiettivi inducono a fare, bensì bisogna scommettere nel lungo periodo, e per farlo sempre più importanti diventano le attività di pianificazione e programmazione .
Alla luce di questo scenario economico, nonché delle esigenze sempre più strutturate dei mercati più evoluti, assume un ruolo chiave il concetto di valore e la sua produzione nel contesto dell’economia mondiale. Le imprese hanno sempre maggiori necessità di liquidità per affrontare i loro fabbisogni e i forti investimenti, soprattutto in innovazione, mentre il mercato non permette loro di ottenere risultati sostanzialmente migliori dei rivali. In questa logica, basata sul bisogno di garantire la sopravvivenza dell’impresa, si perdono di vista tutte le questioni relative all’orientamento futuro dell’offerta, allo sviluppo di nuovi settori e alle modalità di affermazione dell’organizzazione nel lungo periodo. Si perde, così, il concetto di creazione di valore.
Da questa esigenza, nel 2005, C. Kim & Mauborgne pubblicano quello che diventerà presto un best seller, Blue Ocean Strategy, un testo che ha il grande merito, a prescindere dalla critica al contenuto, di stimolare una discussione aperta su una moltitudine di questioni che sembrano rappresentare una sostanziale sedimentazione di concetti nella cultura aziendalista. Il loro approccio è quello ricostruttivista, ovvero sottolineano la necessità di ricostruire i confini del mercato con logiche differenti, peraltro unico metodo per creare valore e permettere alle imprese di massimizzare i loro profitti in un mercato sostanzialmente senza competizione.
Seppur sulla carta si presenti in modo estremamente semplice e a tratti spontaneo, nel decennio trascorso si è molto riflettuto sulla effettiva capacità di trasferire quanto sulla carta detto alla pratica manageriale. La riflessione di Blue Ocean Strategy (BOS), se da un lato rappresenta una critica osservazione di quelli che vengono considerati i dogmi della tradizione di management, nondimeno l’affermazione sostitutiva di nuovi principi elaborati in sede prettamente teorica e il loro carattere dirompente, non ha aiutato a semplificare la gestione delle attività strategiche e operative dell’impresa.
Le motivazioni possono essere le più disparate, da quelle culturali-organizzative fino a quelle prettamente economiche, e spesso legate, secondo gli autori, all’incapacità di comprendere la portata delle riflessioni nonché i loro nodi essenziali. Sicché, in una successiva riedizione, viene pubblicata un’estensione dedicata a quelle che vengono considerate le dieci principali trappole mentali che limitano l’implementazione di una strategia BOS.
Partendo da questi spunti, verrà posta una riflessione su quelle che sono le caratteristiche che differenziano l’approccio BOS da quello tradizionale, per meglio comprenderne la reale portata di questa alternativa teoria manageriale. L’analisi si strutturerà attorno alle tre tematiche principali che vengono lette sotto differenti punti di vista, seguendo una logica di carattere deduttivo, dal mercato all’innovazione passando per le strategie di lungo periodo.

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OCEANO ROSSO E OCEANO BLU. UN’ANALISI 4 INTRODUZIONE Nell’ultimo ventennio, i mercati di tutto il mondo hanno visto comparire i vistosi effetti della globalizzazione, capace da un lato di aumentare le opportunità delle imprese affermate, ma dall’altro di minacciare fortemente la sopravvivenza di quelle più piccole. La tecnologia, sviluppatasi in tempi impensabili, ha dato manforte a questa separazione bipolare, sostenendo l’innovazione e la crescita e permettendo di riscrivere le regole del gioco in molti settori. Nelle imprese si è compreso che tante più opportunità venivano loro date, tanto maggiori erano i rischi che però dovevano assumersi per poter sopravvivere. Il rischio naturalmente si permea dell’incertezza, dell’instabilità dei mercati e della paura, quella di fallire nel proprio intento, e quindi di essere cancellati dal mercato. Ogni impresa è stata caricata di una responsabilità nuova, non più solo in capo agli amministratori e i gestori, ma su ogni persona che vi lavora dentro; una responsabilità che per certi aspetti è più bella, perché vera, ma certamente più difficile da conoscere e accettare. Con il tempo si è capito che non si può negare il sentimento di timore e paura, ma piuttosto si deve imparare a conviverci e a giocarlo a proprio favore. I più illuminati amministratori hanno capito che non dovevano più lottare per sopravvivere ma, piuttosto, creando valore ricercare un modo diverso di vivere. Non ci si doveva quindi focalizzare esclusivamente su un discorso da circoscrivere al breve termine, come molti auspicavano e come le logiche manageriali di retribuzione degli obiettivi inducono a fare, bensì bisogna scommettere nel lungo periodo, e per farlo sempre più importanti diventano le attività di pianificazione e programmazione 1 . Alla luce di questo scenario economico, nonché delle esigenze sempre più strutturate dei mercati più evoluti, assume un ruolo chiave il concetto di valore e la sua produzione nel contesto dell’economia mondiale. Le imprese hanno sempre maggiori necessità di liquidità per affrontare i loro fabbisogni e i forti investimenti, soprattutto in innovazione, mentre il mercato non permette loro di ottenere risultati sostanzialmente migliori dei rivali. In questa logica, basata sul bisogno di garantire la sopravvivenza dell’impresa, si perdono di vista tutte le questioni relative all’orientamento futuro dell’offerta, allo sviluppo di nuovi settori e alle modalità di affermazione dell’organizzazione nel lungo periodo. Si perde, così, il concetto di creazione di valore. Da questa esigenza, nel 2005, C. Kim & Mauborgne pubblicano quello che diventerà presto un best seller, Blue Ocean Strategy, un testo che ha il grande merito, a prescindere dalla critica al contenuto, di stimolare una discussione aperta su una moltitudine di questioni che sembrano rappresentare una sostanziale sedimentazione di concetti nella cultura aziendalista. Il loro approccio è quello 1 Gli spunti citati nelle righe precedenti sono tratti dal discorso di Andrea Guerra (CEO Eataly) presso TheFutureMakers di The Boston Consulting Group (Maggio 2016, Milano)

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Informazioni tesi

  Autore: Mattia Zago
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Clara De Braud
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 40

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