IV
un grande successo di pubblico. L’obiettivo è stato quindi di presentare il nuovo modello di 
business introdotto dalle compagnie a basso costo e di individuare i fattori chiave che hanno 
consentito a tali vettori di conquistare rapidamente delle elevate quote di mercato ed elevati livelli 
di profittabilità. Il confronto del sistema di prodotto offerto dai vettori no-frills con quello, in 
particolare, dei vettori full service, ma anche dei vettori charter e regional, ha permesso di 
evidenziare le diverse strutture di costo sostenute e le possibili aeree di confronto fra i diversi 
modelli di business. Inoltre, attraverso l’analisi delle forze competitive, presenti nel settore aereo, si 
è dimostrata l’abilità strategica dei vettori low-cost nel superare le elevate barriere all’entrata 
presenti nel settore, la capacità ancora di incrementare il potere contrattuale nei confronti dei 
fornitori e soprattutto la prontezza nell’offrire un servizio di trasporto aereo semplice ma a 
bassissime tariffe, in grado di soddisfare le mutate esigenze della domanda. Per spiegare più 
approfonditamente, il successo di tale modello si è ritenuto necessaria l’analisi di un caso concreto 
che fosse rappresentativo della rapida espansione e dei risultati competitivi conseguiti dal settore 
delle compagnie aeree low-cost. Lo studio del caso Ryanair ha consentito di analizzare i fattori 
determinanti della leadership di costo di tale compagnia nel settore aereo no-frills, rilevando gli 
elementi su cui si fonda la sostenibilità del vantaggio competitivo conquistato. Inoltre, la 
presentazione e valutazione dei risultati, competitivi ed economico-finanziari di Ryanair, ha 
permesso di dimostrare la validità del modello di business low-cost e le elevate potenzialità per una 
costante crescita del vettore all’interno del settore aereo europeo. Un ulteriore obiettivo è stato di 
approfondire come l’entrata e la crescita sorprendente dei vettori low-cost abbia influito sulle scelte 
strategiche delle euro-majors europee. Il caso della compagnia Go è stato, infatti, un’importante 
fonte di analisi e di riflessione sui risultati ottenuti da una delle azioni difensive adottate dalle full 
service carrier, ovvero la creazione di un’affiliata low-cost. Il lancio della compagnia a basso costo, 
Go, da parte della British Airways, è stato infatti dettato dalla necessità del vettore full-service di 
difendere le proprie quote di mercato da una concorrenza nuova, a cui il vettore tradizionale non era 
in grado di rispondere con il proprio sistema di prodotto. Tramite la Swot Analysis si è, 
successivamente, cercato di capire quale siano stati i fattori, endogeni o esogeni al vettore, che 
hanno, maggiormente, determinato l’incompatibilità dei due modelli di business all’interno di una 
stessa struttura aziendale e che hanno portato, di conseguenza, alla vendita della compagnia Go. In 
sostanza, sono stati considerati due casi aziendali molto diversi tra loro ma che, allo stesso tempo, 
dimostrano quanto il successo delle compagnie low-cost dipenda da una piena e totale aderenza al 
modello di business originato dalla Southwest Airlines. Inoltre, forme ibride del modello no-frills, o 
Vcomunque sottoposte ad un controllo da parte dei vettori tradizionali, difficilmente riescono a 
sopravvivere poiché economicamente non sostenibili, soprattutto all’interno di un settore, quello 
aereo, caratterizzato da una concorrenza sempre più focalizzata alla riduzione della struttura 
tariffaria e che, in particolare, oggi conta in Europa, in seguito anche all’allargamento dell’Unione 
Europea, una cinquantina di vettori low-cost.      
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
 
 
1  
CAPITOLO 1 
 
1.1 Analisi dell’evoluzione storica del settore del trasporto aereo prima dell’ingresso delle 
compagnie low-cost 
Il settore aereo oggi è considerato come un vero unico network globale in grado di collegare 
persone, nazioni e culture, con un ruolo vitale nel processo di incremento dell'integrazione e dello 
sviluppo economico in Europa. Il trasporto aereo è diventato un mezzo accessibile a un numero 
sempre maggiore di persone che possono, oggi, permettersi di viaggiare in aereo per motivi di 
business e turistici. Conta oltre 1.6 miliardi di passeggeri in tutto il mondo con previsioni di crescita 
per il 2010 che si aggirano intorno ai 2.3 miliardi. Nella ripartizione del mercato nelle varie parti del 
mondo la quota più elevata si registra negli Stati Uniti che assorbono circa il 40% del traffico 
mondiale, seguito dall’Europea (26%) e dall’Asia (20%). Il trasporto aereo è diventato essenziale 
per il commercio mondiale, rendendo possibili e accessibili nuove opportunità di mercato per 
concludere affari sia nel mondo industrializzato che nei paesi in via di sviluppo. L’occupazione 
diretta, indiretta o indotta creata negli aeroporti europei è di 4000 posti di lavoro per un milione di 
passeggeri serviti. In Europa l'aviazione è direttamente collegata con l'industria del turismo, 
generando introiti per 700 milioni di euro al giorno permettendo la creazione di un'occupazione 
considerevole nel settore della produzione di motori, aerei e nelle attività correlate.
1 
Questa serie di 
dati costituisce il risultato di un graduale ma proficuo processo evolutivo avvenutosi nel settore 
aereo europeo a partire dagli anni '70. Molteplici e importanti sono stati i cambiamenti che hanno 
portato da una situazione di stallo e di rigida regolamentazione del settore verso una maggiore 
apertura dello stesso all'interno dei confini intra-comunitari. Fin dalle origini, periodo 
immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, il trasporto aereo è stato impostato sui 
principi di rigido protezionismo e, in particolare, su quello della sovranità dello Stato sugli spazi 
aerei
2
 principio che fu riconosciuto già all’epoca della convenzione di Parigi del 1919.
3
 
L’orientamento prevalente prima della liberalizzazione è consistito nell’affidamento dell’esclusiva, 
quasi totale, dei voli interni e del traffico internazionale ad un unico vettore: la compagnia di 
                                                 
1
 Fast Facts, febbraio 2003. 
2
 Sovereignity of airspace. 
3
 L’art. 1 della Convenzione di Parigi sancisce in modo univoco la completa sovranità degli Stati sullo spazio aereo 
sovrastante il proprio territorio. 
  
 
 
2
bandiera. Le motivazioni che spingevano i Governi ad un controllo così stringente del settore erano 
molteplici. Da una parte la volontà di non cedere sovranità e il controllo su un settore divenuto 
altamente strategico, con influssi diretti sia sul benessere e lo sviluppo economico del Paese sia 
collegato ad interessi di difesa nazionale. Questa considerazione in molti casi era da sola in grado di 
motivare la decisione di non permettere la nascita di una competizione “distruttiva” in un comparto 
che, secondo l’opinione di molti, avrebbe avuto bisogno di condizioni ambientali quanto mai stabili 
e protette, al fine di poter crescere in modo ordinato. L’elevato grado di regolamentazione era 
frequentemente giustificato, dai differenti governi, dalla necessità di servire l’interesse pubblico 
nell’assicurare la stabilità del mercato, il mantenimento di standards di sicurezza, la protezione del 
pubblico da politiche monopolistiche e la fornitura di un ampia rete di servizi. Tale indirizzo 
ideologico non era certamente di nuova formazione: si era, infatti, già costituito nei primi anni ’30 
come dimostra la testimonianza del parlamentare Randolph di fronte al congresso statunitense
 
secondo il quale  
“Una concorrenza libera e senza briglie è, senza dubbio alcuno, una grave minaccia. Il 
trasporto aereo rischia d’essere sottoposto a pratiche economiche, quali guerre dei 
prezzi, e devastanti tattiche predatorie, a tutto danno di quella che risulta essere la 
nozione di pubblico interesse”. 
 Dall'altra attraverso la limitazione della competizione nel settore, gli Stati giungevano 
sostanzialmente ad agire in modo da preservare e difendere i loro interessi economici. Un’altra 
motivazione, ancora, alla base dell’ingresso degli Stati nel settore del trasporto aereo è proprio la 
volontà di controllo del potere politico di un campo che consta, in ogni paese, in forma diretta o 
indiretta, decine di migliaia di dipendenti. Si era in sostanza ipotizzato che il traffico aereo fosse un 
bene pubblico sottoposto al controllo dello stato e che i conseguenti benefici dovessero essere a 
disposizione di operatori nazionali. Il secondo dopoguerra aveva infatti visto la nascita e la 
successiva proliferazione delle cosiddette "aerolinee di bandiera" tra cui vi era una moderata 
concorrenza e pochissime fusioni. Ogni compagnia di bandiera, caratterizzata dall’influenza 
dominante dello Stato di appartenenza in quanto azionista unico o di riferimento, aveva quasi il 
monopolio dei suoi traffici nazionali e poteva contare su pochi concorrenti sul fronte dei traffici 
internazionali. Il ruolo della compagnia di bandiera tendeva a discostarsi da quello proprio 
dell’impresa dedita al perseguimento ed al conseguimento del profitto quale unica fonte di 
sopravvivenza e di prosperità nel lungo termine, in quanto venivano assegnati alle stesse anche 
  
 
 
 
 
3  
alcuni compiti istituzionali.
4
 Tra questi: il servizio di un elevato numero di collegamenti nazionali o 
verso le colonie, per nulla redditizi e dunque fonti di gravi perdite per l’aerolinea; la forzata 
acquisizione ed integrazione in flotta di aeromobili di fabbricazione nazionale che comportava 
elevati costi (soprattutto di manutenzione e relativi alle licenze dei piloti) e nessun utilità, o 
l’inserimento di personale nei propri organici in periodi di crisi economica. Alcune tratte venivano, 
infatti, mantenute solo per motivi di funzione pubblica e culturale, di conseguenza le politiche di 
marketing e di customization erano spesso marginali all’interno delle strategie aziendali. Altre volte 
i cambiamenti dell'assetto manageriale erano diretta conseguenza dei cambiamenti politici, con tutte 
le conseguenze sulla stabilità e continuità direzionale delle imprese e di perdita di motivazione che 
una situazione di tale tipo produceva nel management delle imprese. Quest’ultimo infatti era spesso 
spinto a ricercare non le migliori idee per il successo della propria azienda nel mercato, ma il 
maggior consenso politico possibile e di conseguenza la maggiore cascata di denaro pubblico da 
questo direttamente derivante.
5
 Queste pratiche, che i Flag Carrier dovevano quasi 
obbligatoriamente sopportare, mostravano eloquentemente l’interferenza esercitata dal potere 
politico nel trasporto aereo. Questa era perciò origine di situazioni di particolare gravità, poiché 
portava ad effetti nocivi sui bilanci delle singole aerolinee, compromettendo la salute economica 
delle stesse e del paese di cui erano le rappresentanti. Ecco perché, si rendeva necessario un intenso 
flusso di denaro, in termini di sussidio o di finanziamento a fondo perduto, da parte di ogni Stato-
proprietario verso le aerolinee, per evitare di mettere in pericolo la sopravvivenza stessa delle 
compagnie.
6
 Le politiche di carattere pubblico-assistenzialistico, che le compagnie aeree andavano 
assolvendo, presentavano quindi un conto estremamente salato per le collettività nazionali. Questi 
vincoli, come ogni armatura o sovrastruttura, furono facilmente sopportati e anzi graditi nella fase 
iniziale di sviluppo del trasporto aereo, ma divennero soffocanti quanto più crebbe il volume del 
traffico stesso. L’unica realtà che si differenziava da tutto ciò era quella statunitense che, pur 
essendo regolamentata, non presentava l’operatività diretta dei pubblici poteri nel mercato. La sola 
forma di interferenza dello Stato nel settore consisteva nei sussidi che le autorità statunitensi 
concedevano alle aerolinee nazionali per assicurare collegamenti poco redditizi e la concessione 
esclusiva delle rotte. Fino alla stipulazione dell’Atto Unico Europeo nel 1986 a Parigi, l’Europa era 
                                                 
4
 Coda V. 1988. 
5
 Le deformazioni di tale condotta, tipicamente la lottizzazione delle imprese pubbliche da parte dei partiti politici, sono 
solo la conseguenza nefasta dell’interventismo statale e non un fattore di negligenza nell’operato del management. 
6
 Caso emblematico di tale situazione instabile e drammatica, presente ancora oggi, è dato dall’Alitalia, compagnia di 
bandiera italiana. 
  
 
 
4
quindi stata caratterizzata da un mercato aereo intra-comunitario disciplinato da una fittissima rete 
di accordi bilaterali
7
, stipulati tra i singoli governi e rinnovati periodicamente. Su tale argomento è 
importante attuare un breve approfondimento in quanto le attività di viaggio possono essere 
disciplinate secondo tre differenti principi, ciascuno dei quali si basa su una diversa interpretazione 
del rapporto esistente tra spazio aereo e territorio nazionale. In particolare il traffico aereo 
internazionale può essere regolato da accordi multilaterali, bilaterali nazionali e bilaterali di tipo 
regionale. La disciplina multilaterale del trasporto aereo trova fondamento nel principio Open Skies 
secondo il quale lo stato giuridico dei cieli è assimilabile a quello dei mari internazionali
8
 per i quali 
la navigazione è libera. Al contrario, la sovranità dello Stato sullo spazio aereo sovrastante il 
proprio territorio, che è stata la “madre di tutti i nazionalismi”, costituisce il principio su cui si basa 
il bilateralismo “nazionale”, vale a dire la prassi la quale prevede che gli accordi nel settore del 
trasporto aereo siano negoziati tra coppie di Stati. In tempi relativamente recenti, con la nascita di 
aree economiche e politiche “allargate” si è andata sempre più concretizzando la possibilità che gli 
accordi siano definiti non più tra singole nazioni ma a livello più ampio, regionale, nel tentativo di 
sfruttare il maggior potere che nelle contrattazioni possono esercitare le organizzazioni 
sovranazionali. Tuttavia, gli accordi regionali limitano le iniziative dei singoli Stati in quanto, 
generalmente, solo alle autorità centrali spetta il diritto di negoziare i rapporti aeronautici con il 
resto del mondo. Tale stato di fatto può costituire un elemento negativo per i vettori nazionali più 
deboli in quanto, nella contrattazione a livello centrale, vi è la possibilità che le esigenze delle 
singole compagnie, certamente salvaguardate dagli accordi bilaterali “puri”, possano essere 
sottovalutate in quanto secondarie rispetto agli obiettivi comuni prefissati.
9
 Furono quindi gli 
accordi bilaterali, in vigore tra ogni coppia di stati membri, quelli che dominarono l’Europa, che nel 
complesso risultavano essere più di 200. Intese che contemplavano una forma estremamente rigida 
di controllo sull'entrata e sulla capacità di offerta, ed altri accordi bilaterali che giungevano persino 
a stabilire che le aviolinee operanti avrebbero dovuto dividere equamente costi e ricavi sulle tratte 
servite tra i due Paesi (cost and revenue pooling).
10 
In particolare negli anni quaranta l’Europa 
aveva scelto la politica di difendere i mercati nazionali attraverso un sistema di negoziazioni 
bilaterali che dovevano rispondere a quattro regole molto rigide miranti a favorire le compagnie di 
bandiera: 1) Su ciascuna rotta era ammessa una sola compagnia aerea per ciascun Stato, in genere la 
                                                 
7
 Detti ASA, Air Service Agreements. 
8
 Bulgherini T. 1984. 
9
 Carlucci F. 2003. 
10
 Valdani E. Jarach D. 1997. 
  
 
 
 
 
5  
compagnia di bandiera. 2) Erano ammesse soltanto le rotte specificate dall’accordo. 3) La capacità 
operativa sulle rotte internazionali era divisa a metà: 50% alla compagnia aerea di una nazione, 50% 
all’altra compagnia aerea. 4) Le tariffe dovevano essere negoziate tra i due Governi con 
mediazione, se necessario, dell’IATA
11
, ed entravano in vigore soltanto se approvate da entrambi i 
governi. Accordi di fatto che hanno conseguentemente garantito, per il mercato del trasporto aereo 
europeo, un elevato grado di stabilità che si è protratto fino agli inizi degli anni ‘90. Tale situazione 
portò, però, alla creazione di ricchi duopoli, che risultarono a tutto vantaggio delle compagnie e a 
tutto danno dei passeggeri. L’assenza di minacce all’orizzonte portava, infatti, i vettori nazionali 
alla scelta di strutture tariffarie estremamente elevate, a cui i cittadini, quando possibile, 
rispondevano optando per altri mezzi di trasporto, auto o treno, che risultavano più economici 
rispetto all’aereo.
12
 Gli Stati europei però già nei primi anni ‘80 furono costretti a rivedere tale 
politica anti-concorrenziale, di quasi-monopolio nel settore aereo
13
, per un duplice ordine di motivi: 
innanzitutto perché gli Stati Uniti avevano dato avvio ad una nuova politica industriale (la 
deregulation) con il fine principale di incrementare la concorrenza all’interno del settore del 
trasporto aereo, in secondo luogo perché l'opinione pubblica e i movimenti a tutela dei consumatori 
premevano affinché si operasse una revisione degli accordi bilaterali, in quanto ritenevano che 
avessero portato ad un esagerato aumento delle tariffe. Queste, dovevano essere in grado di 
finanziare gli ingenti costi operativi che la realtà europea prevedeva riconducibili, in buona parte, 
agli oneri per la gestione del personale ed alle alte spese necessarie per servire le tratte interne. Si 
riteneva inoltre che i severi controlli di accesso al mercato, di frequenza, di prezzo e di capacità, 
costituivano un notevole svantaggio soprattutto per il pubblico dei viaggiatori, in quanto limitavano 
il ventaglio di scelta concernente le caratteristiche del servizio e della compagnia, proteggendo così 
gli elevati costi di compagnie inefficienti, conseguendo come risultato finale delle tariffe esuberanti. 
Inoltre, escludevano l’accesso al mercato di nuovi concorrenti con basse tariffe, fortemente 
innovativi, ed infine permettevano a poche città l’apertura delle proprie piste aeree ai voli 
internazionali.
14
 Il più grande e significativo passo verso la liberalizzazione del settore aereo 
europeo, prima ancora però dell'intervento degli organi comunitari, può essere ricondotto alla scelta 
                                                 
11
 International Air Transport Association (IATA) è l’associazione di categoria che riunisce tutte le principali aerolinee 
mondiali. 
12
 É da notare che gli enti per la gestione del trasporto ferroviario, in Europa quasi tutti sotto controllo pubblico, 
ricevono ingenti sussidi dagli Stati di appartenenza. Ciò permette di offrire sul mercato tariffe estremamente contenute. 
13
 La Conferenza dell’Aviazione Civile Europea (1981) dimostrò la natura restrittiva della competizione all’interno 
dell’aviazione europea. Indicò inoltre che solo sul 2% delle rotte city -to-city vi operava più di una compagnia per stato 
e che per il 93% delle rotte vi erano evidenti limitazioni sul numero di voli che le compagnie potevano offrire. 
14
 Doganis R. 1994. 
  
 
 
6
di alcuni governi di stipulare tra loro accordi più liberali, come nel caso del Regno Unito con 
Olanda, Belgio ed Irlanda. La tradizione dei rapporti bilaterali infatti venne rotta, nel 1984, da un 
accordo stretto tra la Gran Bretagna e i Paesi Bassi con cui si liberalizzarono i servizi aerei tra i due 
stati. Libertà d’ingresso per i nuovi vettori, accesso a qualsiasi scalo in entrambi i Paesi, nessun 
controllo sulla capacità e tariffe sottoposte alla regola della doppia disapprovazione
15
 furono le 
innovazioni rispetto agli accordi siglati dagli altri paesi europei fino a quel momento, e che avevano 
sempre limitato la competizione tra vettori. In breve tempo, molti altri governi stipularono intese 
simili; ricordiamo quelli del Regno Unito conclusi con la Germania (1984), il Lussemburgo (1985), 
il Belgio (1985) ed in fine l’Irlanda (1988), tutti rappresentanti un diverso grado di liberalizzazione. 
Anche se non mancarono atteggiamenti diametralmente opposti, infatti, se da una parte paesi come 
Belgio o Irlanda, soffocati da spazi aerei domestici particolarmente ristretti, si dimostrarono 
favorevoli ad una rapida apertura dei cieli europei, i paesi mediterranei, come Francia Spagna e 
Italia, conservavano un atteggiamento protezionistico nei confronti dei propri vettori nazionali ed 
erano meno inclini verso una liberalizzazione nazionale unilaterale, preferendo così operare in 
assenza di concorrenza e rifiutando qualsiasi proposta di liberalizzazione.
16
 Fu questo, ad esempio il 
caso della Francia che, ancora nel 1990, consentiva alla sola Air France (compagnia di bandiera) di 
operare il collegamento tra Londra e Parigi, contro i sei vettori britannici che operavano la rotta in 
senso inverso. Si dovette attendere circa un decennio dall’importante ADA
17
 del 1978 del 
Congresso statunitense con cui si aprirono le porte alla liberalizzazione del mercato statunitense 
tramite l’abolizione del Civil Aeronautic Board (CAB)
18
, affinché anche nell’Unione Europea 
fossero adottati i primi provvedimenti orientati ad una maggiore apertura alla concorrenza nel 
settore aereo. Uno dei fondamenti primi dell’ADA promuoveva, infatti, l’assoluta libertà di fissare, 
da parte di ogni vettore aereo, della struttura tariffaria più consona alle proprie esigenze. 
L’esperienza degli Stati Uniti nel processo di liberalizzazione del settore dell’aviazione, dimostrò 
che il precedente periodo caratterizzato da un forte mercato regolamentato, soffocò lo sviluppo 
naturale del settore, portò a tariffe eccessive, prolungò l’inefficienza e limitò la scelta del 
consumatore finale del servizio. Intorno alla metà degli anni ‘70, fu quindi chiaro che tale rigido 
regime non stava massimizzando l’efficienza economica. In particolare impediva la naturale 
                                                 
15
 In regime di Double Disapproval una tariffa é autorizzata solo e soltanto se i governi di entrambi i paesi di partenza e 
di arrivo la autorizzano. 
16
 Belotti J. 1993. 
17
 Airline Deregulation Act. 
18
 Il CAB, al fine di assicurare un rendimento medio (yield) costante agli operatori del settore, aveva sempre rifiutato   
l’approvazione di tariffe troppo contenute, dato il loro potenziale effetto “destabilizzante” sul mercato. 
  
 
 
 
 
7  
crescita delle operazioni Hub & Spokes
19
 ostacolando il pieno sfruttamento delle economie di scala 
e di scopo.
20
 Quindi sull’impeto della deregolamentazione del mercato domestico americano, 
avviata nel 1978, e delle successive liberalizzazioni dei cieli di Gran Bretagna (1980) Australia 
(1987) Canada (1988) e Nuova Zelanda (1988), anche l’Europa trovò finalmente il consenso 
necessario per liberalizzare i propri servizi aerei. La logica che accompagnò la scelta del vecchio 
continente fu però diversa. Per i paesi sopra citati, la deregulation rispose all’esigenza di modificare 
in profondità la struttura del settore ed i comportamenti delle imprese ivi operanti. In Europa, al 
contrario, la deregulation, pur essendo senza dubbio rivolta al conseguimento di obiettivi 
economici, quali la creazione di un mercato comunitario, è stata in primo luogo dettata da 
un’importante valenza politica. Come già accaduto in altri ambiti della comunità europea, quali ad 
esempio l’unione monetaria e l’istituzione della banca centrale (BCE), è stato affidato ad un settore 
unificato del trasporto aereo l’obiettivo di condurre l’Europa verso un’unione non solo economica, 
ma anche politica e sociale.
21
 Successivamente, infatti, anche le istituzioni dell’Unione Europea, per 
prima la Commissione, in associazione con i gruppi rappresentativi degli interessi delle compagnie 
aeree, quali l’International Air Transport Association (IATA), l’Association of European Airlines 
(AEA) e l’European Regions Airline Association (ERAA), iniziarono a sviluppare una politica di 
aviazione europea multilaterale. Con l'approvazione dell’Atto Unico Europeo, nel febbraio 1986, in 
cui un emendamento al trattato di Roma (firmato nel 1957) considerava esplicitamente il trasporto 
aereo come parte integrante del mercato interno europeo, nel dicembre 1987 il Consiglio dei 
ministri adottava una serie di misure denominate “Primo Pacchetto sulla riforma del trasporto 
aereo”. Proprio in quell’anno, infatti, viene stabilito che possono essere applicati gli art. 85-90 del 
Trattato di Roma anche al trasporto aereo e marittimo, dove vengono dichiarati incompatibili con il 
mercato comune, vietati e legalmente nulli tutti quei trattati che di fatto minano la concorrenza e 
tendono all’abuso di posizioni dominanti sul mercato.
22
 Ai sensi dell’ art.84 del Trattato di Roma, 
infatti, il trasporto aereo non compariva tra le materie di competenza comunitaria, derogabili solo se  
                                                 
19
 Sistema di organizzazione del network, basato su uno o più hub su cui convogliano i differenti voli e da cui dipartono 
i collegamenti verso altre destinazioni non collegate direttamente. 
20
 Button Haynes Stough 1998. 
21
 Tuttavia tale approccio economico/politico/sociale sembra aver trascurato la presenza di grosse eterogeneità tra i 
singoli mercati nazionali, in termini di normative fiscali, della concorrenza, delle relazioni industriali e della 
regolamentazione del lavoro. Di questi aspetti la Commissione Europea sembra non aver pienamente tenuto conto, 
sottovalutando molte problematiche. 
22
Trattato di Roma istitutivo della CEE Parte III-Politiche della comunità, Titolo V Norme comuni sulla concorrenza, 
sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni artt. 85-90. 
  
 
 
8
“l’applicazione (del Trattato stesso) potrebbe gravemente pregiudicare il tenore di vita 
e l’occupazione di talune regioni, come pure l’uso delle attrezzature relative ai 
trasporti”
23
. 
In quanto all’epoca venne ritenuto più importante applicare gli artt. 85-90 a quei settori dove era 
molto più marcata la tendenza monopolistica rispetto al settore aereo. Inizia quindi una riforma 
graduale del settore in tre diversi momenti attraverso la revisione di accordi bilaterali (tra coppie di 
nazioni) e l’emanazione di nuove norme multilaterali tramite le decisioni della Commissione 
Europea e della Corte Europea di Giustizia. A partire dal 1 gennaio 1988, venivano gettate le prime 
e sottili basi per la costruzione del nuovo ambito competitivo europeo, mirante anche a modificare e 
uniformare progressivamente la struttura del mercato del trasporto aereo in tutti i territori 
comunitari
24
. Il Primo Pacchetto, noto anche come Fase 1, ammorbidiva solo alcune delle normative 
vigenti non risolveva infatti, annullando definitivamente, il regime bilaterale allora regolante i diritti 
del trasporto aereo. Venivano comunque in gran parte abolite le restrizioni che avevano fino a quel 
momento impedito più di un vettore nazionale di operare la stessa rotta. Ciò rendeva possibile per 
tutte le aerolinee comunitarie, anche per quelle non di bandiera, i non flag carriers
25
, di inserire nel 
proprio network alcune rotte internazionali. Inoltre, scomparivano molte restrizioni vigenti per ciò 
che concerneva la capacità e quindi la possibilità di variare il numero di frequenze inserite in una 
data rotta. Ogni vettore fu dunque posto nella condizione di poter scegliere e, soprattutto, variare la 
propria offerta di servizio senza più una previa approvazione del Governo. Infine, venivano rese 
operative nuove e più veloci procedure per l’approvazione delle tariffe. Come risultato del Primo 
Pacchetto, un numero significativo di piccole aerolinee venne autorizzato a servire alcune delle rotte 
intra-comunitarie più redditizie, ottenendo una certa libertà per la scelta della propria offerta di 
prodotto e delle proprie tariffe. La prima fase rappresentò un modesto passo avanti rispetto ad un 
regime fortemente regolato e molto lontano dalla libera concorrenza. In una prospettiva di lungo 
termine i commentatori lo considerano però un evento importante, in quanto segnò l’interruzione di 
un silenzio durato decenni e fu il primo passo per una politica comunitaria del trasporto aereo. In 
                                                 
23
 Trattato di Roma istitutivo della CEE Parte III-Politiche della Comunità,Titolo IV I trasporti. 
24
 Le norme comunitarie sul trasporto aereo si sono estese e vengono oggi applicate al totale di 25 paesi aderenti 
l’Unione Europea, i 10 nuovi paesi hanno, infatti, aderito all’Unione a partire dal 2 maggio 2004. Anche la Norvegia e 
l’Islanda sebbene non facciano parte della Comunità Europea, hanno siglato l’accordo relativo alla creazione dell’Area 
Economica Europea (vedi decisione della Commissione e del Consiglio n° 94/1 su G.U.C.E. L200 del 3 gennaio 1994) 
che prevede l’estensione delle regole della Comunità a molti settori di attività , tra cui quello del trasporto aereo. 
25
 Fino a quel momento le aerolinee non di bandiera erano state costrette ad operare solo all’interno dei confini 
nazionali. 
  
 
 
 
 
9  
vista della scadenza delle misure previste nella Fase 1, nel giugno del 1990 veniva varato il 
Secondo Pacchetto CEE, che avrebbe deregolamentato la disciplina per gli anni 1991 e 1992. La 
Fase 2 comunque non avrebbe presentato aspetti di sostanziale novità rispetto alla precedente, 
elevando parzialmente la libertà concessa in campo tariffario e per ciò che riguardava la capacità 
offerta. Il nuovo pacchetto riguardava anche la “Fifth freedom”
 26
, il cabotaggio
27
, un codice di 
condotta per la gestione dei CRS
28
 negli Stati Membri e disciplinava il codesharing.
29
. È solo infatti 
con il Terzo Pacchetto CEE che si passa ad una reale, drastica e completa deregolamentazione del 
settore del trasporto aereo comunitario, che diventa operativo dal 1 gennaio 1993. Con la FASE 3 si 
assiste all'effettiva scomparsa del regime bilaterale ed all’affermazione di un vero sistema 
multilaterale. Tale pacchetto rimosse tutte le restrizioni in materia tariffaria. Le misure previste dal 
terzo Pacchetto dovevano efficacemente garantire un accesso aperto e senza restrizioni del mercato 
a qualsiasi rotta per le compagnie appartenenti ad uno qualsiasi degli stati membri dell’Unione 
Europea e allo stesso tempo rimuovere tutti i controlli in termini di capacità e di offerta. Il Third 
                                                 
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 La Fifth freedom fa parte delle otto libertà dell’aria che regolano il trasporto aereo tra stati confinanti e definiscono 
una serie di regole per le compagnie per operare in altri mercati. Le “otto libertà dell’aria” si sono costituite in fasi 
diverse, le prime cinque libertà furono approvate nella Conferenza di Chicago del 1944, mentre solo a distanza di 
parecchi anni vennero prese in considerazione anche la sesta, settima e ottava libertà, di natura più liberale e pro-
competitiva. 
Le libertà sono le seguenti: 
 
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 Il cabotaggio costituisce l’ultima e ottava libertà dell’aria e prevede il diritto di trasportare passeggeri, posta e/o merci 
tra due aeroporti situati all’interno di uno stesso paese. Il diritto di cabotaggio, sia sulle rotte nazionali sia su quelle 
internazionali, entra in vigore il 1° aprile 1997. 
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 Computerized Reservation System. Database computerizzato che consente prenotazioni ed emissioni di biglietti aerei. 
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 Il Code Sharing è un accordo tra due vettori che decidono di condividere su uno o più voli intra-comunitari il 
rispettivo codice di identificazione IATA. 
  
 
 
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Package ha rappresentato un nuovo passo avanti verso il laissez faire nel trasporto aereo. In breve, i 
risultati ottenuti sono i seguenti: 1) le compagnie aeree sono in linea di principio libere di fissare le 
tariffe del trasporto aereo; 2) il diritto di cabotaggio, sia sulle rotte nazionali sia su quelle 
internazionali, entra in vigore nel 1997; 3) cade la distinzione tra voli programmati e voli charter; 4) 
l’autorizzazione ad entrare nel mercato concessa da uno Stato membro vale per l’intera Comunità. 
Ciò significa che per operare all’interno dell’Unione Europea è sufficiente l’autorizzazione di un 
solo Stato membro. Queste tre fasi di deregolamentazione, costituenti il lungo processo di 
liberalizzazione, rientrano nel quadro della realizzazione del mercato unico dei trasporti aerei 
entrato in vigore il 1 luglio 1997. Le aerolinee avrebbero potuto posizionarsi ora, sul mercato, con 
la struttura tariffaria più consona al loro regime di operazioni. Inoltre, le istituzioni comunitarie e 
non gli Stati come in precedenza, sarebbero potute intervenire solo in caso di prezzi 
ingiustificatamente elevati o, al contrario, eccessivamente bassi, ricadendo quest'ultima situazione 
nella disciplina del dumping comunitario, sottolineando il graduale spostamento del potere, nel 
settore dell’aviazione europea, da i singoli stati verso le organizzazioni sovra nazionali europee, 
riducendo quindi la politica di interventismo statale. Il fatto che l'Europa sia arrivata in ritardo alla 
liberalizzazione del settore aereo può essere motivato da altri due fattori. In primis, i principi del 
Trattato di Roma sulla libera concorrenza, sulla libera circolazione dei beni e delle persone e sulle 
politiche commerciali, dovevano applicarsi, innanzitutto, in quei settori dell'economia caratterizzati 
da una tendenza monopolistica maggiore rispetto all'industria del trasporto aereo. In secondo luogo, 
l'articolazione della struttura amministrativa, giuridica ed operativa dell'aviazione civile 
commerciale era stata studiata dagli organi comunitari ma non sempre con la collaborazione dei 
vettori aerei interessati. In effetti, sin dall’istituzione della Comunità Europea da più parti sono state 
esercitate pressioni a favore del recupero dell’economia di mercato anche nel campo dei trasporti. 
La concretizzazione della politica comune in questo settore trae origine dal superamento delle 
diversità tra le correnti di pensiero maggiormente liberali, privilegiate da paesi quali Belgio, 
Danimarca, Gran Bretagna, Lussemburgo e Olanda e gli orientamenti restrittivi, sostenuti dalla 
Germania, dalla Francia, e dall’Italia. Il dibattito tra fautori e oppositori della liberalizzazione del 
mercato dei trasporti è stato profondamente influenzato dal movimento riformista che ha condotto 
agli inizi degli anni ‘80, alla deregulation del trasporto aereo statunitense. Tuttavia, confrontando, 
da un punto di vista procedurale, la liberalizzazione europea con l’esperienza degli Stati Uniti 
emerge che la differenza tra le due riforme consiste fondamentalmente nella gradualità del 
meccanismo di abolizione del regime vincolistico. Per l’Unione Europea, infatti, tale processo è 
  
 
 
 
 
11  
stato diluito in un arco temporale più lungo, allo scopo di evitare impatti traumatici sull’assetto 
dell’industria. È importante sottolineare che tali misure si sono realizzate sulla base di una filosofia 
orientata a un processo di deregolamentazione per fasi, avente come parola d’ordine l’evoluzione 
piuttosto che la rivoluzione e come obiettivo la realizzazione di un mercato competitivo. 
Essenzialmente, l’approccio d’urto adottato dagli Stati Uniti comporta elevati costi iniziali di 
ristrutturazione per il settore aereo ed eventualmente per i consumatori ma anche una rapida crescita 
del livello delle condizioni economiche del settore stesso, mentre un approccio incrementale 
adottato dall’Europa comporta inizialmente, minori implicazioni sfavorevoli, ma allo stesso tempo i 
benefici derivabili dal cambiamento si materializzano in tempi più lunghi.
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 Per ciò é possibile 
riconoscere che la procedura con la quale è stata portata a termine le deregulation del trasporto 
aereo statunitense può essere definita di tipo Big Bang per l’immediatezza con la quale la riforma è 
stata introdotta. In Europa, invece, si è preferito adottare una riforma articolata in fasi non 
predeterminate, in ragione della possibilità di sfruttare i vantaggi che, in termini d’efficienza 
allocativa, potevano provenire da una trasformazione dell’assetto istituzionale non prevedibile nel 
suo percorso evolutivo. Ciò vuol dire, in altri termini, che la sequenza non predeterminata dei 
“Pacchetti aviazione” ha determinato l’impossibilità per gli operatori di definire strategie con le 
quali salvaguardare le posizioni acquisite nell’ambito dell’assetto istituzionale preesistente. Con tale 
procedura, quindi, nessuna posizione di privilegio può essere conservata. Inoltre, le diverse fasi 
della riforma europea sono state progettate secondo un approccio del tipo learning-by-doing allo 
scopo di adattare ogni “pacchetto” alle modificazioni del mercato introdotte dalle misure adottate in 
precedenza. Sin dal 1984 gli organi comunitari stabilirono che le linee strategiche del processo di 
liberalizzazione del trasporto aereo dovessero differire da quelle adottate negli Stati Uniti; ciò in 
ragione delle profonde differenze esistenti tra i due mercati in relazione alle caratteristiche, storiche 
e politiche. Un’analisi di tali differenze e quindi un confronto tra il sistema di trasporto aereo 
europeo con quello statunitense assume perciò una grande valenza, in quanto permette di 
comprendere meglio le caratteristiche peculiari del settore aereo presenti in Europa nel periodo da 
metà degli anni ottanta a metà degli anni novanta e le principali ragioni di differenziazione nella 
configurazione del settore delle compagnie aeree nei due continenti. É importante però non 
tralasciare il fatto che l’esperienza americana fu fonte di analisi e risorsa di apprendimento per 
l’Europa. Fu proprio il sorprendente risultato della deregulation americana in termini di tariffe il 
principale fattore di attrazione e di spinta verso il cambiamento in quanto sottolineò la forte 
                                                 
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 Button Haynes Stough  1998. 
  
 
 
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differenza nelle ridotte tariffe dei voli programmati statunitensi rispetto ai valori molto più elevati 
delle stesse in Europa. La deregulation statunitense permise, anche all’Europa, di adottare un 
sistema di liberalizzazione del settore aereo modificato rispetto a quello americano, disegnato in 
parte con il fine di contenere i grossi problemi che si vennero a creare nel contesto aereo 
statunitense, quali la tendenza delle compagnie a processi di fusione o acquisizione con conseguente 
riduzione della competizione sul mercato, manipolazione dei sistemi CRS in favore delle 
compagnie più grandi e utilizzo dei FFP
31 
come mossa offensiva per sottrarre passeggeri da 
compagnie non offerenti tale servizio accessorio. Gli organi comunitari, valutando quindi 
congiuntamente i risultati della deregulation statunitense e le peculiarità del sistema europeo, hanno 
provveduto ad elaborare un percorso di deregolamentazione calibrato sulla base delle esigenze del 
contesto ambientale in cui era destinato ad operare. Rispetto a quello europeo, il mercato americano 
è relativamente semplice, omogeneo: nel determinare ciò gioca molto lo scarso individualismo 
storico dei singoli stati, legato ad una storia fondamentalmente comune ed alla conseguente 
presenza di una forte immagine comunitaria. Il mercato europeo risulta invece fortemente 
frammentato, dettagliato: gli stati europei provengono da esperienze storiche che certamente hanno 
interagito fortemente, ma che hanno ciascuna un proprio individualismo ben marcato. Se quindi è in 
un certo senso “naturale” la presenza di un common consent americano, a complicare la situazione 
europea interviene un fattore scomponibile in due aspetti. In primo luogo tra i paesi dell’Europa vi è 
un rapporto di contrattazione, che deve assolvere al difficile compito di conciliare quanto più 
possibile l’interesse alla protezione del settore dei trasporti aerei nazionale con la necessità di aprirsi 
al mercato comune. In secondo luogo, il mercato di consumo europeo si presenta molto più 
variegato rispetto a quello americano: determinati connotati del servizio richiesto possono variare 
significativamente da paese a paese. La differente vocazione dei due sistemi, internazionale del 
trasporto aereo europeo e nazionale dell’offerta statunitense è confermata dal confronto tra i dati di 
traffico passeggeri delle principali compagnie aeree del mondo. A livello internazionale quattro 
delle prime cinque compagnie in termini di passeggeri trasportati sono europee (British Airways, 
Lufthansa, Air France, e KLM), mentre i primi cinque vettori al mondo nella classifica relativa al 
traffico interno appartengono agli Stati Uniti.
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 In Europa, infatti, l’attività di trasporto aereo 
internazionale prevale notevolmente su quella interna, al contrario l’unità politica e le vaste 
dimensioni del territorio statunitense fanno sì che i collegamenti domestici assumano un’importanza 
                                                 
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 Frequent Flyer Programs. Programmi promozionali rivolti a premiare i viaggiatori più fedeli. 
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 IATA WATS ( World Air Transport Statistics) 2000.