La pubblica amministrazione, in quanto acquirente di una vasta gamma di beni,
servizi e opere in quantitativi rilevanti, è in grado di condizionare il mercato, così
come una buona gestione delle procedure di gara per la scelta del contraente privato,
il monitoraggio della fase esecutiva dei contratti, le capacità di programmazione,
tecnica e giuridica costituiscono efficaci indici della qualità delle amministrazioni.
La regolazione del settore evoca svariate questioni, tra le quali quelle relative al piano
della competenza legislativa, per l’intreccio della normativa comunitaria e di quelle
nazionali che caratterizza la disciplina. La condizione essenziale, che si pone a monte
del processo virtuoso perseguito nella dinamica delle relazioni tra l’amministrazione e
il mercato, è la creazione di una legislazione in grado di fornire regole certe, chiare ed
adeguate ai cambiamenti dei mercati.
In Italia, fino agli anni più recenti, i tentativi di riforma del diritto amministrativo
sono sempre naufragati, alimentando il dibattito scientifico senza tuttavia produrre
effetti pratici. I progetti di riforma che interessano l’amministrazione tendono ad
essere annunciate con grande enfasi, ma difficilmente vengono inseriti nell’agenda
politica, portando a risultati concreti. Le riforme amministrative alimentano un circolo
vizioso, perché sono indispensabili ma godono di scarsa visibilità. A ciò va aggiunta
la circostanza che i tempi di attuazione delle riforme sono piuttosto lunghi, di regola
più lunghi di quelli del mandato politico di chi le propone, che non può quindi trarre
vantaggio dall’eventuale riuscita della riforma stessa.
L’inversione di tendenza, che ha permesso di giungere al quadro giuridico oggi in
vigore (quindi al Codice dei contratti pubblici) si registra a partire dagli anni Novanta,
quando viene avviato un processo di modernizzazione di ampio respiro che investe
tutti gli elementi di base della pubblica amministrazione: funzioni, personale,
controlli, finanza, beni procedimenti e giustizia. Il progetto s’ispira al movimento
5
culturale del new public management, affermatosi in ambito anglosassone per rendere
più efficienti le amministrazioni pubbliche applicando metodologie gestionali e
organizzative proprie del settore privato. In Italia vengono introdotte nuove forme
nell’agire quotidiano dell’amministrazione, facendo sempre più frequentemente
ricorso a strumenti propri del settore privato, soprattutto nella gestione dei servizi,
affermando il fenomeno delle esternalizzazioni.
Anche in Francia, durante gli anni Novanta, si comincia a percepire la necessità di
modernizzare la disciplina di settore. Le pubbliche amministrazioni locali desiderano
superare la rigidità della struttura normativa, incentrata sull’alternanza di appalti e
concessioni. Gli enti locali aspirano alla stipula di contratti che abbiano l’oggetto
proprio della concessione e il pagamento-incentivo tipico dell’appalto, cioè stipulare
in modo tale da favorire aspetti come la qualità del servizio reso o la puntualità
dell’erogazione. Il superamento della rigidità si è avuto nel 2004, con l’elaborazione
del contrat de partenariat, corrispondente francese dell’inglese private financing e
applicabile a tutti i settori dell’amministrazione. Lo spartito della riforma è stato
scritto con l’aiuto del settore privato, e ciò costituisce una novità di rilievo per il
diritto amministrativo francese, che solitamente è il frutto di scelte unilaterali.
L’attribuzione al privato di funzioni pubbliche non costituisce una novità, ma
l’approccio e l’obiettivo che caratterizzano le esternalizzazioni oggi sono in parte
diversi da quelli del passato. L’esternalizzazione si afferma dapprincipio come
politica di risanamento delle finanze, in grado di consentire ai Paesi membri
dell’Unione europea il rispetto dei vincoli del Trattato di Maastricht, riducendo i costi
dell’organizzazione amministrativa.
Nell’ottica dell’analisi economica del diritto, esternalizzare significa contrattualizzare.
Tale politica si affida quindi ad uno strumento di efficienza nella riforma
6
dell’amministrazione, soprattutto quando sono in gioco attività strumentali e
materiali.
Le disposizioni legislative e gli interventi delle istituzioni mirano dunque a garantire
il rispetto delle esigenze di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione,
evitando il perseguimento di attività elusive e il prodursi di sprechi di denaro
pubblico. La relativa scelta presenta difficoltà legate alla redazione di un contratto
completo, globale e a valle della gestione dei rapporti giuridici che con il contratto si
instaurano.
Le difficoltà inerenti alle esigenze della nuova disciplina si riflettono inevitabilmente
nel monitoraggio svolto dall’amministrazione sull’attività esternalizzata e vanno
tenute presenti al momento di esternalizzare. E’ rilevante il rischio di comportamenti
opportunistici da parte della controparte contrattuale, ossia del soggetto al quale si
esternalizza. Il settore pubblico deve quindi poter usufruire di mezzi utili sia ad
indicare, ex ante, nei contratti, gli indici dei risultati da raggiungere, sia di procedere
ex post alla verifica del rispetto di tali indici, ovvero del conseguimento dei risultati
previsti. Per queste evidenti difficoltà, il legislatore è chiamato a predisporre
strumenti idonei, inseriti in un quadro chiaro, che non favorisca situazioni di
incertezza ma attribuisca poteri di controllo della legalità e del rispetto dei principi
fondamentali.
La prima risposta all’esigenza di una legislazione forte ed adeguata giunge dalla
normativa comunitaria, ed in particolare dalla direttiva 2004/18/CE, che impone i
principi di mercati fondamentali per il raggiungimento di un elevato standard di
qualità ed efficienza. Il rapporto tra appalti e concorrenza si manifesta in tutto il testo
della direttiva, a cominciare dall’insieme delle argomentazioni svolte dalla
Commissione nei “Considerando” che, secondo l’usuale tecnica di redazione dei testi
7
comunitari, precede l’articolato normativo, proseguendo con la previsione di molti
istituti volti a concretizzare gli obiettivi concorrenziali in materia.
I legislatori nazionali hanno quindi mirato alla realizzazione di un quadro normativo
degli appalti pubblici caratterizzato dal maggior rigore nei criteri di valutazione delle
offerte, da un più articolato contraddittorio nella verifica delle offerte,
dall’affermazione del principio di equivalenza nelle specifiche tecniche, in modo da
permettere l’introduzione di strumenti utili e flessibili, quali le tecniche del dialogo
competitivo e dell’accordo-quadro.
Lo scopo di questo lavoro è un’analisi della sistematica normativa italiana e francese
a fronte degli indirizzi comunitari. L’evoluzione dei quadri normativi interni svela
pregi e difetti dei diversi approcci legislativi, e può essere utile per indicare la strada
da perseguire nell’ambito della semplificazione amministrativa, che non significa e
non deve significare assenza di controllo.
Dopo aver esaminato il PPP come nuova politica di sviluppo del settore pubblico e
del mercato concorrenziale (capitolo 1), facendo riferimento tra l’altro anche alla
prassi internazionale, e dunque alla situazione vigente nelle economie dei paesi
anglosassoni (in particolare nel Regno Unito), appare necessario analizzare la
specifica normativa europea del settore degli appalti (capitolo 2), soffermandosi sul
Libro Verde e le direttive del 2004.
Di seguito sarà opportuno confrontare le trasposizioni della disciplina europea negli
ordinamenti nazionali oggetto di questo studio, Francia e Italia (capitolo 3), per
studiare le modalità di attuazione degli obblighi comunitari. Una volta verificati i
sistemi giuridici di recepimento, sarà più semplice comprendere le modalità di
realizzazione dei partenariati pubblico-privati di tipo contrattuale (capitolo 4).
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Da tale studio, emergeranno elementi di diversità di notevole interesse, che
permetteranno di comprendere le difficoltà inerenti l'opera di armonizzazione europea
e il livello di influenza delle disposizioni nazionali sugli altri ordinamenti. Si desidera
quindi effettuare una critica costruttiva dell'opera dei legislatori nazionali, volta a
sostenere la realizzazione di una legislazione in materia di appalti chiara e ceta, che
riduca il ruolo economico dello Stato, ma ne rafforzi la dimensione etica e di controllo
(Conclusioni).
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1.Il Partenariato pubblico-privato
Negli ultimi anni il settore pubblico di molti Paesi sviluppati ed anche in via di
sviluppo ha introdotto forme di collaborazione con il settore privato per la costruzione
e/o la gestione di opere di interesse pubblico. Diverse forme di Public-Private
Partnership (PPP) ed in particolare di Project Financing delle opere pubbliche stanno
sostituendo il tradizionale approccio dell’intervento pubblico, soprattutto in quei
settori capaci di produrre una remunerazione diretta per l’investimento privato, come i
settori energetico, dei trasporti e delle telecomunicazioni, della sanità,
dell’innovazione, dell’edilizia e di molte infrastrutture locali.
L’attualità e il forte interesse, che l’utilizzo di questo approccio finanziario per la
realizzazione di opere pubbliche ha suscitato nella Comunità europea, sono
riconducibili:
- alla crisi della finanza pubblica, che ha investito quasi tutti gli Stati europei, con la
conseguente progressiva diminuzione di risorse destinate al finanziamento di opere di
pubblica utilità;
- alla crescente domanda d'infrastrutture, che caratterizza le economie moderne.
In particolare, alla luce del fondamentale ruolo svolto dalle infrastrutture per lo
sviluppo economico, appare particolarmente grave il problema del non adeguato
livello di dotazione infrastrutturale. In questa situazione, in cui la domanda
infrastrutturale è in forte crescita, lo Stato non è più in grado di accollarsi interamente
gli oneri connessi ai necessari investimenti infrastrutturali. Bisogna, dunque, cercare
nuovi meccanismi di partecipazione pubblico – privata, che prevedano il
coinvolgimento anche di risorse private.
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Il Partenariato Pubblico-Privato può essere definito, come una relazione incentrata
sull’allocazione ottimale del rischio, per giungere alla realizzazione di determinate
politiche pubbliche, quali ad esempio, il rafforzamento infrastrutturale, generalmente
inteso, o con riferimento alla riqualificazione territoriale di determinate aree urbane.
Caratteristiche peculiari del PPP possono essere riscontrate nella longevità delle
operazioni, nella predisposizione di piani finanziari ad hoc per ogni progetto, nella
ripartizione dei costi, nonché nella lunga contrattazione necessaria per raggiungere un
accordo tra le parti, proprio per allocare in maniera ottimale i rischi dell’operazione
alla parte che sa meglio gestirli (rischi di tipo legislativo, politico, economico,
finanziario). Inoltre, la remunerazione per il soggetto privato spesso può consistere
solamente nel diritto a gestire l’opera ottenuta, ed eventualmente da contributi da
parte della controparte.
Sebbene tali forme siano più sviluppate nei Paesi anglosassoni, dove tradizionalmente
è meno rilevante il peso dell’intervento pubblico e più pragmatico il sistema giuridico,
anche altri Paesi occidentali stanno espandendo queste forme di collaborazione e
persino molti Paesi in via di sviluppo
1
le trovano utili al fine di risolvere il gap
infrastrutturale in modo più veloce ed efficiente di quanto potrebbe fare il settore
pubblico da solo.
Il project financing è nato negli anni ’30 per il settore petrolifero ed energetico
americano, quando imprese con limitate risorse finanziarie costruivano pozzi in Texas
e Oklahoma o impianti per la produzione di energia elettrica. Queste operazioni
avvenivano in un ambito strettamente privatistico: privata era la società che realizzava
1
Ad esempio, il progetto Enron per la produzione di energia nello stato indiano del
Maharashtra, le strade a pedaggio in Messico e il nuovo aeroporto di Manila.
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l'impianto, privata era la società che acquistava l'energia prodotta attraverso contratti
di fornitura a lungo termine. Più recente è invece l’impiego per la costruzione di
grandi opere pubbliche, di cui l’Eurotunnel sotto la manica rappresenta l’esempio più
eclatante.
Le prime applicazioni in Europa si ritrovano quindi nel Regno Unito,
2
dove ormai
viene utilizzata con frequenza da anni, e ciò è testimoniato da un mercato giunto
ormai alla fase matura. Dall’esperienza inglese sono emersi gli obiettivi che una PA
persegue, utilizzando un simile strumento, tra i quali spicca in prima battuta,
l’ottimizzazione della struttura amministrativa, in modo da renderla economicamente
più efficace ed efficiente; in secondo luogo il miglioramento del rapporto costi-
benefici riguardante l’erogazione di un servizio per un periodo medio compreso tra i
venti ed i trent’anni, cercando i massimizzare il cd. “value for money”, incrementando
il livello di innovazione. Non è da dimenticare che, in un’epoca contrassegnata da
vincoli alle politiche di bilancio, derivanti in primo luogo dalla legislazione
comunitaria, le PA possono trovare, tramite il ricorso alla cooperazione con il settore
privato, fonti alternative di finanziamento per la realizzazione di infrastrutture ed
opere pubbliche.
Il PPP, comunque, non garantisce di per sé il raggiungimento di risultati positivi, anzi
la fase iniziale, che consta degli studi di fattibilità si occupa proprio di trovare
riscontri sull’idoneità di questo strumento a garantire esiti ottimali per l’operazione in
questione, ed assicurarsi che non esistano metodologie più efficienti; ciò in quanto,
porre in essere relazioni di partenariato, caratterizzate da un forte impegno
2
“Partnership Pubblico Privato: La professionalità britannica al servizio dei mercati
internazionali” International Financial Services London in “I Quaderni
dell’innovazione – L’outsourcing nella Pubblica amministrazione: il caso inglese” a
cura di LacavaC., MEF.
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finanziario, da una durata più che decennale, e da una negoziazione tra le parti molto
complessa, quando si hanno a disposizione soluzioni più semplici, non è certo
economicamente efficiente. Per lo stesso motivo viene spesso utilizzato il criterio del
“Public Sector Comparator”, che consiste nel valutare il progetto giunto da un
promotore privato, e confrontarlo con l’alternativa più efficiente possibile, ottenibile
in ambito pubblico.
3
Per quanto riguarda la scelta del socio privato, è prescritto che avvenga secondo
modalità che rispettino il principio di pari opportunità e concorrenzialità, quindi
mediante l’espletamento di una gara ad evidenza pubblica. La Commissione Europea
4
nel “Libro verde” ripresenta il principio in base al quale, anche in assenza di una
specifica normativa di diritto comunitario derivato (regolamenti e/o direttive
comunitarie) nell’assegnare la gestione di un servizio ad un terzo, l’autorità pubblica
deve sempre e comunque rispettare le norme del Trattato CE ( libera prestazione dei
servizi, diritto di stabilimento, ecc) ed i principi fondamentali da questo derivanti (non
discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità, trasparenza, concorrenza).
Tra le questioni più rilevanti affrontate nel libro verde c’è quella concernente la
trasparenza delle procedure di selezione del partner privato (ed il problema della
libertà, per le autorità pubbliche, di cambiare le regole di affidamento, nel corso della
durata del contratto, con il partner privato, nel caso di sopraggiunti motivi di interesse
pubblico) e ciò a maggior ragione, se si considera la ragione che spinge le
3
Department of Treasury and Finance, State of Victoria “Partnership Victoria –
Public Sector Comparator Technical Note”, 2001, pg. 1
Industry Canada, “The Public Sector Comparator – A Canadian best practices guide”,
Maggio 2003.
4
Commissione delle Comunità Europee “Libro Verde relativo ai Partenariati
Pubblico-Privati e al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”,
Bruxelles, 3 Aprile 2004.
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amministrazioni ad effettuare le gare. Infatti, l’uso delle stesse, è riconducibile
all’esigenza di introdurre un certo livello di concorrenza, laddove questo non può
accadere, in altre parole in ambiti in cui, di per sé si assiste alla presenza dei cd.
fallimenti di mercato, dove ad esempio, il livello di competizione tra più operatori non
è possibile, o lo è solamente agli agenti riconducibili ad entità (societarie)
particolarmente integrate.
Allo scopo di risolvere, o per lo meno di studiare possibili contromisure, è stato
introdotto da Demsetz nella letteratura specialistica, la cd. competizione per il
mercato, ovvero, in situazioni nelle quali non è possibile, o non è conveniente avere
un’effettiva concorrenza nel mercato, ma sussistano determinate condizioni
5
affinché
venga posta in essere una gara vera e propria, per assegnare il diritto ad operare nel
mercato in questione, spostando quindi a monte il processo concorrenziale, senza
porre in essere peculiari sistemi di regolamentazione. È ovvio che, affinché la
cosiddetta Demsetz competition produca gli effetti sperati, vi sia la necessità della
presenza di un’amministrazione in grado di mostrare precisamente ed efficacemente
le proprie necessità, e gli eventuali vincoli procedurali cui è sottoposta, e le
caratteristiche dell’opera da realizzare o del servizio da porre in essere, e che per
converso, il partner idoneo (appaltatore o concessionario) deve rispettare.
Diverse forme di PPP sono diffuse oggi a livello internazionale ed il loro utilizzo
dipende dal settore di impiego, dalle componenti di rischio dell’attività, dagli obiettivi
dell’ente pubblico e dal contesto legislativo e industriale in cui si applicano. Lo studio
5
La Demsetz competition trova spazio nel momento in cui sono verificate due
condizioni: i fattori di produzione sono disponibili a tutti i concorrenti a determinati
prezzi di mercato, e il costo dell’eventuale collusione tra i partecipanti alla gara è
particolarmente elevato, si veda tra l’altro Baccolini et al., “Le relazioni difficoltose:
progetti pubblici e risorse private”, Bologna, Il Mulino, 1998, pag. 27, nota 18.
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dell’esperienza inglese (1.1) può chiarire le ragione che hanno reso il fenomeno dei
partenariati attraente agli occhi del legislatore comunitario, spingendo la
Commissione europea ad un’apertura verso tale politica economica (2.2).
1.1 L’esperienza britannica, fonte d’ispirazione per l’Europa
Per il governo britannico, la struttura convenzionale denominata private public
partnership rimanda a qualsiasi modalità di partecipazione del settore privato in
un’attività amministrativa. Il concetto stesso di partenariato presuppone un rapporto
egalitario delle parti al contratto, ispirato alla disciplina anglosassone del value for
money
6
, in cui viene perseguita una “win-win situation”
7
.
La concezione inglese del termine è fondamentale per comprendere l’introduzione
dell’istituto nel quadro giuridico comunitario, poiché la Comunità europea ha deciso
di aprire la disciplina degli affidamenti a tali forme collaborative proprio avuto
riguardo alle esperienze del Regno Unito.
6
La definizione di value for money nel documento divulgativo sulla finanza di
progetto UTFP, 100 Domande e Risposte in www.utfp.it, 2008, p. 52: “Con il termine
Value for Money (VfM) si intende la combinazione ottimale dei costi complessivi del
progetto e della qualità dei servizi erogati, in coerenza con le necessità degli
utilizzatori, ovvero l’ottenimento degli obiettivi perseguiti mediante un ottimale
sfruttamento delle risorse disponibili. Il VfM dei PPP rappresenta il beneficio in
termini finanziari derivante per l’amministrazione dal ricorso a tale tipo di
operazione. L’accertamento del VfM da parte della Pubblica Amministrazione
dovrebbe quindi rappresentare il presupposto per l’avvio di operazioni di PPP.
L’Amministrazione dovrebbe verificare: 1) se il ricorso a forme di PPP è più
conveniente rispetto alla procedura di appalto tradizionale; 2) se l’eventuale proposta
di PPP è effettivamente quella che ottimizza i costi per il settore pubblico e, nel caso
di più proposte, scegliere quella più vantaggiosa.”.
7
Il Prof. Laurent Richer ricorda la doppia etimologia del termine “partenariato”, che
proviene dal termine inglese partner, implicante un'associazione, e dal latino paritito,
termine che rimanda ad uno spartimento. L. Richier, “La transcription des exigences
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